La flessibilità didattico-organizzativa rappresenta la chiave, ben nota a quanti operano nella scuola, per affrontare la prospettiva del rientro a partire da settembre 2020 anche nella modalità della presenza fisica, ossia della didattica in presenza, come da prassi maggiormente consolidata.
Dico “anche” in riferimento a quanto indicato in linea generale ma assertiva nel documento del Comitato tecnico scientifico (Cts), che ha dato la propria consulenza al ministero dell’Istruzione in questi tempi più caldi, concentrati sì sulla gestione dell’ormai imminente esame di Stato per la secondaria di secondo grado, ma anche sulle future possibilità organizzative, approdando a due concetti fondamentali: il distanziamento fisico interpersonale (l’ormai famoso metro di distanza) e le misure di igiene e prevenzione.
Da un punto di vista effettivamente più tecnico, anche se letto come diretta conseguenza del distanziamento stesso da adottare, il documento focalizza l’attenzione sulla riorganizzazione degli spazi (implicitamente anche del fattore tempo), andando comunque a chiamare in causa quello che è il paradigma base della flessibilità didattico-organizzativa, cioè la riorganizzazione spazio/tempo scientificamente promossa da Indire (Istituto nazionale documentazione innovazione ricerca educativa) e in particolare con il progetto Avanguardie educative.
I fiumi di parole fatti scorrere fin da subito, e giustamente, per la condizione straordinaria e urgente che ha avvolto le nostre vite da ogni punto di vista, probabilmente non hanno, spesso o abbastanza, evidenziato che le possibili modalità risolutive dovessero semplicemente passare attraverso tutte le opportunità date alle scuole proprio dalla flessibilità didattico-organizzativa quale strumento operativo peculiare dell’autonomia delle istituzioni scolastiche come sancito fin dagli articoli 4, 5, 6 del Dpr 275/99 e dalla legge 107/2015.
Dopo che tutte le componenti di ogni singola scuola, dagli studenti e dalle loro famiglie ai docenti, dal personale Ata ai dirigenti scolastici, si sono attivate con tempestività, modalità di approccio chiave che ha consentito di affrontare ipso facto l’emergenza della tutela di un diritto, quello all’istruzione costituzionalmente garantito, bisogna ora continuare ad affrontare la quotidianità in divenire continuo, ma anche la prospettiva su medio termine che consenta di pianificare altre risoluzioni.
Penso che la modalità messa in atto in piena emergenza, la ormai nota Dad, Didattica a distanza, figlia in verità del Pnsd, ossia di quel Piano nazionale scuola digitale varato dalla legge 107/2015, possa e debba restare una modalità da strutturare sempre più affiancando quella in presenza e consentendo di sostenere i possibili moduli organizzativi per la presenza contingentata degli allievi nelle sedi scolastiche. E indubbiamente i processi di digitalizzazione della didattica, che dal Pnsd dovrebbero ancora discendere, come pure quelli gestionali, dovrebbero trovare, a partire da questa emergenza straordinaria, più diffusi ambiti di applicazione.
Nei fatti, ciascuna scuola può scegliere di conservare il patrimonio di digitalizzazione maturato in virtù di questa esperienza quale opportunità di potenziamento curricolare e quale opportunità per investire in maniera sostanziale lo stesso organico di potenziamento (docenti “in più”) che le scuole ricevono come dotazione organica per l’autonomia.
Così pure tenere un ciclo di lezioni a distanza può essere una strategia funzionale, per esempio, a sviluppare un dato percorso tematico o, ancora, tenere un collegio dei docenti a distanza può cominciare a divenire un modus operandi non più legato alle circostanze, ma deliberatamente scelto.
Per non parlare, poi, degli stessi percorsi per l’educazione civica, obbligatori dal prossimo anno scolastico, e dei Pcto (Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento) da promuovere ad esempio attraverso modalità innovative.
Per quanto riguarda la didattica in presenza, ogni giorno potrebbero essere fisicamente in sede non tutte le classi, ma un certo numero, assegnando gli spazi più ampi ai gruppi di studenti più numerosi o magari privilegiando soprattutto alcune, come le prime di ogni percorso, che hanno particolare necessità di un periodo di accoglienza, mantenendo due binari paralleli, da un lato la Dad, dall’altro la didattica in presenza, con una strutturazione ad hoc dell’orario didattico.
Anche dal punto di vista della razionalizzazione degli spazi, il documento del Cts, valorizzando gli spazi esterni alle scuole in quanto valide opportunità di cui poter fruire, può far pensare al ripensamento degli spazi promossi attraverso la flessibilità didattico-organizzativa.
In pratica le circostanze di crisi, basti pensare all’etimologia dal verbo greco del termine stesso, possono divenire fucina di innovazione come il succedersi dei tempi a partire dalle civiltà classiche ci ha sempre insegnato.
Ripensare spazi e tempi in chiave flessibile richiede una pianificazione dell’assetto organizzativo dell’offerta formativa ancora più oculato. Dalla necessità, per emergenza epidemiologica o per scelta in virtù dell’autonomia, alla virtù organizzativa che faccia venir fuori quella rigorosa creatività scientifica che supporta da sempre le comunità educanti nei momenti di esigenza forte: questa la strada maestra da seguire per individuare e sperimentare le soluzioni che potrebbero ispirarsi alle modalità innovative proposte nel corso del tempo dalle Avanguardie educative dell’Indire e che vede la costituzione di una rete di scuole in ciò coinvolte ormai più che considerevole.
Così come in questo frangente ha trovato espressione la resilienza delle scuole di tutta Italia, altrettanto sarà necessario per il futuro sforzarsi di pensare a modalità risolutive che consentano attraverso la presenza fisica, sia pur non quotidiana, di recuperare la relazione educativa interpersonale. Gli strumenti digitali hanno consentito ad oggi di restare uniti nonostante la distanza fisica, la presenza fisica alternata nelle sedi scolastiche consentirà di umanizzare sempre più quelle connessioni digitali che hanno provato ad arginare il distanziamento sociale.
E in fondo, le scuole già attive da un punto di vista digitale e dell’innovazione correlata a questa dimensione, hanno risposto prontamente all’esigenza improvvisa. Penso, sulla base di un’inclinazione sempre ottimista e costruttivista, che da settembre 2020 le buone prassi delle scuole italiane contribuiranno a implementare ulteriormente le esperienze cui tutti potranno attingere.
Intanto, che i percorsi indicati dal Pnsd vengano implementati in maniera sostanziale ed esperiti per divenire competenza digitale effettiva ed efficace per docenti e discenti.