Il Corriere della Sera titola in prima pagina: “Scuola: la protesta dei presidi”. Cosa chiedono? In una lettera aperta inviata al ministro vorrebbero procrastinare il ritorno a scuola dalle vacanze natalizie, perché, a causa del contagio, molte scuole potrebbero risultare ingestibili, nei prossimi giorni. Il ministro Bianchi risponde: “Nessun rinvio, lezioni in presenza e sicurezza”.
Da che parte stare? Da quella dei presidi lamentosi e petulanti o da quella del ministro accigliato e inflessibile? In questi termini, se si tratta di scegliere tra il Milan o l’Inter, non saprei cosa dire. Però ricordo una massima, che, nel mondo della scuola, dovrebbe albergare naturalmente: “Conoscere per deliberare”.
Aldilà dell’aspetto caricaturale, cosa sappiamo della querelle che oppone i presidi al ministro? Che dati abbiamo a disposizione? Quante sono le classi in quarantena? Quanti i docenti assenti?
Neanche in sede regionale circolano dati. La mia scuola, l’Itis “Galilei”, si trova in Toscana, ad Arezzo, ma neppure l’Ufficio scolastico regionale pubblica dati. Eppure qualche “monitoraggio” anche loro lo fanno. Vien da pensare che lo facciano più per sapere come le scuole si comportano, che per elaborare i dati e offrire indicazioni alle scuole. Eppure i monitoraggi dovrebbero servire a “monitorare”, cioè a osservare, più che controllare.
In sostanza, mi chiedo come sia possibile per l’opinione pubblica comprendere la questione o addirittura schierarsi, tout court, a favore o contro la “chiusura in Dad” della scuola.
Io sono un dirigente scolastico, ma, anche se faccio parte del mondo della scuola, non posso non registrare la mancanza di dati. Eppure il ministero, in passato, ne aveva fatti di monitoraggi… Nella mia scuola non soffro di una particolare situazione di disagio e i contagi non sono numerosi, anche perché gli alunni, nella fascia di età delle scuole superiori, sono in gran parte vaccinati. Ma non è così nel ciclo primario, dove molti dirigenti lamentano gravi difficoltà organizzative, per mancanza di maestre e per l’impossibilità di trovare supplenti. Come stanno le cose in altre regioni?
I miei colleghi raccontano che, anche nelle altre regioni, i contagi fioccano ed è naturale preoccuparsi, anzi doveroso, perché i bambini, quelli che ancora sono a scuola, non possono restare senza la vigilanza delle maestre. Poi, alla televisione, si sente dire che il picco dei contagi sarà raggiunto entro qualche settimana. Cosa succederà?
Nel frattempo dal ministero giungono ai presidi circolari e note con citazioni letterarie e inviti ad essere coraggiosi.
Personalmente non ho firmato la lettera aperta al ministro a favore di una dilatazione dei tempi di rientro, anche perché l’associazione di cui faccio parte, l’Anp, aveva rivolto al ministro Bianchi richieste precise: facciamo uno screening di massa tra gli alunni e poi implementiamo una strategia a favore delle vaccinazioni. Nel frattempo, acquistiamo e distribuiamo le mascherine Ffp2. Forse, in questi termini, poteva avere senso procrastinare il ritorno in presenza.
È bene, tuttavia, riprendere il tema della Dad e chiarire alcuni aspetti. I presidi sono per la didattica in presenza, perché essa è sicuramente più efficace. Poi, due anni di Dad, oltre agli apprendimenti, hanno danneggiato i processi di socializzazione, che nell’adolescenza sono fondamentali. I ragazzi non stanno bene e i presidi sono a conoscenza che il loro malessere può avere aspetti inquietanti. Parlando con gli psicologi e gli psichiatri, si percepisce un certo allarme, anche perché aumentano i ricoveri ospedalieri. Talvolta (ma sempre più spesso) si parla di comportamenti autolesionistici e di fantasie suicidali. Anche su questo tema, il ministero forse potrebbe raccogliere e pubblicare dati che offrirebbero un’immagine più profonda e veritiera della situazione, in modo tale da orientare le scelte delle scuole.
La Dad, tuttavia, che pur è servita a mantenere la relazione educativa con gli alunni durante il lockdown, è assoggettata a un processo di damnatio memoriae, per cui non se ne parla, se non per dire tutto il male possibile. È accettabile questa posizione?
Forse, in Italia, la questione del procrastinare o meno il rientro dalle vacanze ha una natura diversificata: in alcune scuole e in alcune regioni può essere la scelta giusta, in altre no. In tal caso, sarebbe bene che fossero i presidi con i loro staff a scegliere, avvalendosi dell’autonomia scolastica. Ma c’è qualcuno, al ministero, che ha intenzione di rilanciare l’autonomia all’interno di un disegno complessivo di riforma?
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