Il mondo della scuola si è ormai assuefatto ad una nuova procedura ministeriale per attivare interventi normativi o progettuali: l’annuncio via social. Il ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara pare essersi convinto che per modificare il sistema scolastico non serve produrre l’ennesima riforma o tentare spericolate e complesse vie normative riformatrici.
Infatti, l’enorme numero di modifiche e variazioni al sistema scolastico di questi ultimi due anni sono state introdotte attraverso comunicati giornalistici o comunicazioni unilaterali via social che hanno creato qualche giorno di discussione poi travolta da altre urgenze. In modo che, quando poi il provvedimento è arrivato a regime, non era più di attualità, le polemiche erano già state archiviate e quasi nessuno ha contestato il provvedimento che, molto spesso, è risultato radicalmente diverso da quello che era stato annunciato.
Tre esempi su tutti: la valutazione nelle scuole primarie, l’avvio di istituti tecnici e professionali di 4 anni, il voto in comportamento. Vediamo come è andata.
Alcuni politici di maggioranza hanno cominciato a polemizzare, appena insediato il Governo Meloni, contro la modifica della valutazione nella scuola primaria attuata nel 2020, che aveva portato all’eliminazione dei voti numerici con l’introduzione degli obiettivi definiti dalle scuole e declinati attraverso livelli.
Dopo la polemica, che ha raccolto molti consensi da parte di quei genitori che non sono interessati a capire l’andamento scolastico reale del figlio, ma vogliono avere dei voti da sbandierare, e dopo aver subito il fuoco di fila di pedagogisti, insegnanti, esperti è stata poi emanata con la legge 150/2024 una soluzione pasticciata che introduce i giudizi sintetici sulle materie, ma solo a fine anno.
Ne è venuta fuori una norma veramente incredibile, in cui la valutazione in itinere e di medio periodo viene fatta in un modo, quella di fine anno in un altro, con la possibilità per le scuole di argomentare il giudizio, ma anche con la possibilità per le famiglie di fermarsi alla lettura del giudizio sintetico senza andare oltre e attuare il semplice transfer da sufficiente a 6, da buono a 7, e via di seguito.
Sulla possibile diminuzione degli anni da 5 a 4 negli istituti tecnici e professionali si sono fatti vari annunci, poi si sono forzati i tempi durante le vacanze di Natale, spostando la data di apertura delle iscrizioni di 15 giorni, collegando il tutto agli endorsement del ministro Valditara e del direttore generale Carmela Palumbo a favore della scelta dei quattro anni, senza un progetto di curricolo e di accompagnamento orientativo su come una simile opzione a 14 anni possa condizionare pesantemente molti percorsi scolastici.
Il voto in comportamento, con la possibilità di bocciare con il 5 a fine anno, è anch’essa un’operazione di comunicazione. Il motivo è semplice: questa possibilità c’era già prima, in quanto alle scuole superiori con una valutazione insufficiente in comportamento si era bocciati. L’enfasi comunicativa ha portato ad estendere alla scuola secondaria di primo grado questo provvedimento, che penso non riuscirà a passare lo scoglio di nessun tribunale: un under 14 non è punibile in quanto incapace di intendere e di volere e quindi non risponde nel mondo reale di reati gravi, mentre potrebbe essere bocciato con un 5 in comportamento nato in situazioni locali e contenute, magari valutare dal consiglio di classe a maggioranza.
Se un ragazzo si comporta male a scuola di solito va anche male anche nelle materie di studio, pertanto sono sufficienti quelle per bocciarlo, non serve anche la gogna disciplinare. Ma per il mondo dei social la comunicazione ministeriale sulla punizione esemplare per chi si comporta male vale più di qualunque argomentazione o attività di recupero.
Chi si interessa alla scuola e mantiene l’idea che nel delicato mondo dell’istruzione sia necessario agire per ricerca-azione e azioni normative ponderate e di medio-lungo periodo dovrà farsi una ragione e prendere atto che il mondo è cambiato. Si è fatta largo l’idea che è meglio comunicare e sperimentare, essere attivi sui social o in televisione e attendere le reazioni. Poi, dopo un po’ di tempo, senza clamore, emanare provvedimenti che cambino le cose possibilmente senza alcun passaggio legislativo, dichiarando magari di attuare una volontà popolare. Siamo entrati in un’inattesa nuova modalità di riforma dell’istruzione.
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