Il primo di aprile girava su tutte le chat degli insegnanti un messaggio con un pdf dal titolo “Nuova ordinanza: a scuola fino a luglio”. Se lo aprivi trovavi la prima pagina bianca, forse un problema di decodifica, pensavi. Allora procedevi e arrivavi infine all’ultima, in cui compariva un bel pesce spernacchiante. Che ci siano ancora persone che abbocchino a questa recrudescenza del pesce d’aprile è davvero incredibile, ma molti colleghi avevano già capelli imbiancati e mancamenti soltanto alla lettura del titolo. Perché qualcuno ci ha creduto davvero. E perché no, visto che anche chi ha responsabilità di governo ha raccontato in giro, a qualche milione di telespettatori, che forse sarebbe stato sì necessario pensare a scuole aperte in estate? Ma solo per l’affettività, si è premurato di precisare.



Affettività che il giorno dopo è diventata la parola d’ordine nei corridoi virtuali della scuola. E figurarsi se il mio amico Giuseppe se la lasciava scappare. Un po’ meno tormentato e inquieto del solito, però, perché ormai anche lui sembra rassegnato a quello che si sta ripetendo anche quest’anno nella scuola di ogni ordine e grado.



Gli esami, tanto per cominciare: ci saranno e saranno roba seria, ha rassicurato il ministro con toni paterni. Anzi: questi sì che saranno in grado di dimostrare la vera maturità degli alunni, sia di quelli di vent’anni, che di quelli di quattordici. Eh, vuoi mettere quanta maturità può garantire di verificare un elaborato d’esame in cui il candidato può menare il can per l’aia davanti agli increduli insegnanti (tutti rigorosamente in presenza, pare, almeno questo è stato assicurato, dati e istituti scientifici consentendolo) con video o power point dagli effetti speciali in cui i personaggi dei Promessi sposi parlano dentro i fumetti come personaggi di un qualsiasi Diabolik o Topolino? Mica un tema – ancora? E quali competenze potrebbe mostrare qualcuno in un tema? – mica una versione di latino o un compito di matematica o di inglese. No. Un bell’elaborato d’esame. Niente scritti, roba da liceali vecchi e scemi (e quelli che oggi tengono in mano i governi?).



Giuseppe al telefono citava, sempre meno stizzito però, anche il dibattito seguito sulle pagine di questo stesso giornale: qualcuno si è arrampicato sugli specchi spaccando il capello delle conoscenze e delle competenze in quattro; qualcuno ha cercato di difendere – addirittura! – la scelta coraggiosa di valutare l’ammissione o meno agli esami, la scelta coraggiosa di pensare finanche a una qualche forma di recupero nel caso di debiti formativi; qualcuno ancora più ardito si è messo a pensare che è venuto il tempo di rompere l’unità di classe e fare pacchetti quantici di competenze da spendere a caso nelle aule. Una cosa come: ce l’hai l’analisi del periodo? Sì: allora procedi spedito. Ma non ti preoccupare se non hai il teorema di Pitagora: in questo caso puoi tornare alla casella da cui sei partito, almeno per quanto riguarda la matematica. Così giocherai al giro dell’oca su tanti tabelloni diversi: con gente matura, in alcuni casi; con gente più piccola di te in altri. Insomma, dice ormai flebilmente Giuseppe: tutti pronti per la scuola fino a luglio, con gare di bocce e ricamo all’uncinetto per favorire l’affettività sotto i salici. Magari all’oratorio, anche, se ci tolgono i crocefissi di torno.

La voce fin qui flebile di Giuseppe ha un rigurgito di fiamma e di fuoco, quando mi legge poche righe del tema che una sua alunna di terza media ha scritto commentando alcuni passaggi del bellissimo libro di Antonio Ferrara su Gino Bartali che stanno leggendo insieme ad altre classi, un’ora alla settimana, a distanza. Questa ragazza ha fatto sul serio anche quest’anno e scrive dell’amore, della fatica e della mancanza, pensando alla sua vita e guardando in trasparenza quel libro e altri libri o poesie: chi glielo spiega che anche quest’anno è un Giro o un Tour finto? A quegli altri che hanno dormito con la videocamera spenta; che hanno avuto problemi di connessione che neanche Colao in persona è riuscito a risolvere mai; che hanno inviato il compito ma il pc ancora oggi, anche a Pasqua lo sta caricando e non si capisce perché, a questi, qualcuno, arrampicandosi ancora sugli specchi, darà certamente ragioni tirando in ballo come pretesto le non cognitive skills. Quando verranno a parlarci di Bolt e della teoria della luce in un bell’elaborato d’esame che gli ha scritto l’ingegnere del piano di sopra, vuoi che non si trovi un esperto pedagogo che trovi il modo di dire loro che sono maturi? E non è un pesce d’aprile. Altro che fantasia, altro che ’68: l’ipocrisia al potere oggi è lo slogan scritto su tutti i muri delle scuole italiane. Ma tanto siamo a distanza e nessuno li vede, chiude sarcastico e saggio il mio amico Giuseppe. 

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