Da qualche tempo si parla meno di bullismo a scuola, forse perché messo in ombra dalle imprese criminali delle baby gang e di non pochi adolescenti in balìa di pulsioni aggressive non imbrigliate a tempo debito. In ogni caso, il fenomeno non è certo scomparso; e non è quindi inutile, all’inizio dell’anno scolastico, tornare a occuparsi di cosa possono mettere in campo dirigenti e insegnanti per conoscere la situazione interna e prendere iniziative utili.
È stato lo psicologo e docente universitario svedese Dan Olweus a studiare in modo approfondito per diversi decenni il problema del bullismo nelle scuole e a predisporre un programma di intervento che la grande maggioranza degli insegnanti delle scuole in cui è stato applicato ha giudicato “efficace” o “molto efficace”.
Il suo libro più noto in tutto il mondo, Bullying at School, esce nel 1993 e già il sottotitolo, What we know and what we can do, fa capire che, accanto a una chiara e accurata analisi del problema, potremo trovarci concrete indicazioni per affrontarlo. Per l’edizione italiana (1996), che traduce il titolo originale (Bullismo a scuola), si è preferito un altro sottotitolo: Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono, probabilmente con l’intenzione di chiarire il significato del termine “bullismo” ancora poco conosciuto nel nostro Paese.
Un’altra caratteristica notevole del libro di Olweus, del resto frequente nella saggistica del Nord Europa, è il linguaggio asciutto, privo di retorica e di effusioni moraleggianti, tutto teso a spiegare con precisione e a suggerire con concretezza. Espressione di esperienza e di chiarezza di idee. Non ci troverete, a proposito del “che fare” per il bullismo, discorsi ben intenzionati ma inconcludenti come “formare al dialogo, inteso come espressione di rispetto e interconnessione tra persone”, oppure “migliorare il clima di classe, agire sulle dinamiche relazionali, promuovere le competenze emotive che rafforzino la capacità di mettersi nei panni degli altri (empatia)”. Dopo di che, si è ancora al punto di partenza.
Le 60 pagine della prima parte sono dedicate a informare su “cosa sappiamo” del bullismo: le dimensioni e le caratteristiche del fenomeno, le sue cause, gli indicatori che possono far individuare i possibili bulli e le possibili vittime. La seconda parte spiega i vari tipi di intervento: a livello di scuola, a livello di classe, a livello individuale; e poi i risultati prevedibili del programma svolto e infine una preziosa serie di Consigli pratici.
Si comincia con il raccogliere informazioni sulla situazione della scuola attraverso un questionario da distribuire a tutti gli allievi, che risponderanno in classe in forma anonima, in modo da favorire tranquillità e sincerità. In realtà, oltre a capire se e in che misura è presente il bullismo, in questo modo si fa anche una prima mossa per prevenirlo. Il messaggio implicito è chiaro tanto per eventuali bulli che per le loro vittime: la scuola è vigile riguardo a possibili prepotenze, ha deciso di indagare, certamente per intervenire in modo da impedirle o sanzionarle. A questo link si può scaricare un esempio di questionario, quello proposto alcuni anni fa agli studenti di un liceo fiorentino.
Olweus suggerisce poi numerose altre iniziative: una giornata di dibattito sul problema del bullismo; un’attenta osservazione di quello che succede nell’intervallo e durante la mensa; incontri con i genitori, anche per riflettere sui rispettivi ruoli nel cogliere i segnali di una possibile bullizzazione dei figli; regole di classe relative al bullismo; colloqui approfonditi con i ragazzi e con i genitori coinvolti nel bullismo e altri ancora. Un vero e proprio “programma di governo” di un fenomeno che si sviluppa soprattutto nell’ombra in cui viene lasciato.
È dunque evidente che Dan Olweus, morto quattro anni fa a ottantanove anni, è stato un grande studioso e insieme un appassionato riformatore. Come ha scritto Ada Fonzi nell’appendice su La ricerca in Italia, ciò che caratterizza Bullismo a scuola “è un anelito di uguaglianza, di giustizia, di rifiuto della violenza e della prevaricazione che fa di questo libro una sorta di manifesto democratico per uno sviluppo individuale e sociale sano e armonioso”.
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