Nel suo intervento alla presentazione dei dati della rilevazione Invalsi 2022, tenutasi a Roma il 6 luglio, il ministro Bianchi ha indicato il ritorno alla scuola in presenza, dopo la lunga stagione della Dad o Ddi, come il fattore decisivo per la “fase di ripresa” segnalata, a suo parere, dalla rilevazione, e che sempre secondo il ministro “ha permesso di contenere il calo delle competenze delle studentesse e degli studenti”. In seconda battuta Bianchi ha sottolineato “i divari tra Nord e Sud, tra centro e periferie”, colmabili attraverso le azioni del Pnrr.
Particolare rilievo è stato dato in questa presentazione alla dispersione implicita, il non raggiungimento delle competenze minime in tutte e quattro le aree di rilevazione (italiano, matematica, inglese distinto in reading e listening), tale da configurare una situazione di svantaggio identica a quella che si sarebbe presentata se lo studente “fragile” (termine ricorrente nella presentazione sintetica dei dati da parte dell’istituto) non avesse completato il ciclo di istruzione.
Sempre nella stessa analisi si evidenzia che i rendimenti medi, nel raffronto fra il 2019 e il 2022, sono tuttora caratterizzati da profonde differenze legate al background familiare; per il 13 grado (ultimo anno delle scuole secondarie di secondo grado) “la dispersione implicita è più che doppia per gli allievi che provengono da famiglie meno avvantaggiate e quasi quadrupla per gli allievi di cui non sono disponibili i dati di background”. Il confronto fra il 2019 e il 2022 è drammaticamente impietoso: chi ha un Ecss (Economic, Social and Cultural Status – indicatore dello status socio-economico-culturale) sopra la media passa da 3% a 5,6%, chi ha un Escs sotto la media da 8% a 12% e per coloro per cui l’Escs non è rilevabile il balzo è da 12% a 19,8%. Se queste fossero le percentuali degli studenti con media finale insufficiente in terza e poi in quinta, si scriverebbe nel documento nel consiglio di classe che “la classe ha avuto un percorso difficoltoso con risultati non soddisfacenti”, e fra colleghi, alla Caccamo, qualcuno chiuderebbe l’incontro del consiglio esattamente come il comico fa alla fine di ogni suo video (“che classe di…”), mentre qualche altro chiuderebbe con un pacificatorio “tutta colpa della Dad/Ddi”.
IL presidente dell’Invalsi ha commentato, a tal proposito, che le tendenze complessive rilevate non sono il frutto del biennio pandemico, come ribadito nel comunicato ufficiale (cit. “le tendenze evidenziate attraverso le prove del 2022 affondano le loro radici molto lontano nel tempo, spesso già a partire dai primi anni 2000”) ma sono persistenti, verrebbe da dire “strutturali” all’assetto della scuola italiana: Un piccolo atto di onestà intellettuale, così come la difesa da attacchi relativi alla “inutilità” della rilevazione stessa, che non può decidere delle politiche scolastiche, e che passa la parola alla politica.
La politica per ora si è autolodata per la scelta di riaprire e tenere aperte le scuole, ignorando il commento dell’istituto stesso e stabilendo un nesso di causa ed effetto (non dimostrato) fra il ritorno in classe e la “tenuta” del sistema. Ha proposto il salvatutto Pnrr, dove uno dei criteri prevalenti nell’assegnazione delle risorse riguarda proprio la “dispersione implicita”: più è alta la dispersione implicita (il ritardo negli apprendimenti), maggiori sono le risorse assegnate nel decreto 170 di giugno 2022. La prima tranche è di 500 milioni di euro, per un Pnrr scuola complessivo che si presenza come il terzo intervento (come risorse assegnate) più importante del Pnrr. Si parla di 195 nuove scuole da costruire, riorganizzazione della scuola legata alla denatalità e alla riduzione delle classi pollaio, riforma dell’istruzione tecnica e professionale, riforma degli Its (divenuti il 12 luglio Its Academy, una delle poche forme di istruzione post scuola secondaria a garantire 80% di occupabilità), scuola di alta formazione e ben altro, nelle logica di azioni sia quantitative che qualitative.
A tal proposito Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc-Cgil, ha contestato sia l’attività di “misurazione” delle competenze degli alunni dell’Invalsi (che sarebbe solo appannaggio dei docenti) sia “la stessa idea che un ritardo negli apprendimenti sia equiparabile alla dispersione vera”, vale a dire al vero e proprio abbandono della scuola, in quanto questa equiparazione “ha già fatto un grande danno nella distribuzione delle risorse del Pnrr”. La pubblicazione dell’elenco delle scuole a cui sono state assegnate le risorse ha suscitato proteste in quanto i criteri di assegnazione sarebbero non condivisi e non condivisibili. Certamente non si capisce il perché della totale esclusione dal Pnrr della scuola primaria (pur a fronte della rilevazione Invalsi che segnala che le disparità regionale e di background familiare negli apprendimenti ci sono anche alla primaria, per poi continuare a aumentare) e dei Cpia, questi semplicemente perché non vi vengono effettuati i test Invalsi.
Tuttavia le polemiche si sono concentrate sul perché i fondi siano andati ad alcune scuole mentre altre non li abbiano ricevuti, e il criterio della dispersione implicita si è rivelato fondamentale.
Una volta determinata la ripartizione e livello regionale, con il 40% dei fondi garantito al Mezzogiorno, per assegnare i 500 milioni di euro alle singole scuole ci si è basati nel decreto 170 del 30 giugno 2022 sull’indice di dispersione implicita per italiano e matematica “almeno pari o superiore all’8% del totale degli studenti, in coerenza e nel rispetto di target e milestone del Pnrr, in proporzione al numero di studentesse e studenti effettivamente frequentanti”.
Dall’indice di dispersione scolastica implicito è sparito inglese reading e listening. Il piccolo miglioramento rilevato per il 2022 ha velocemente convinto il ministro Bianchi a dimenticarsi della lingua inglese, evidentemente una competenza ritenuta non necessaria oggi al riscatto degli alunni in situazione di fragilità. Aggiungiamo inoltre che la rilevazione è falsata da una misurazione mista B1 e B2 al grado 13 (che dovrebbe prevedere solo prove a livello B2, visto che quello è il livello in uscita minimo per tutti gli ordini di scuola), e allora le cose non solo non vanno bene in inglese, ma vanno anche peggio di come ci dicono i dati Invalsi.
Al di là di ovvie considerazioni legate alla necessità vitale di conoscere almeno la lingua inglese in modo da essere in grado di utilizzarla davvero, e non certo da oggi, appare miope la scelta di assegnare i fondi con una logica progettuale, vale a dire la creazione di progetti ad hoc (che certamente sono più facilmente rendicontabili rispetto all’operato del docente di italiano e matematica, più veloci da organizzare di una complessa azione sinergica sul territorio) volti a affrontare la dispersione implicita. Siamo certi che la didattica sia migliorabile solo attraverso progetti? Non si rischia forse di avere una ricaduta in termini di esiti non duratura perché non strutturale?
Se il team di esperti dello stesso ministro Bianchi ha scritto una lettera di protesta denunciando la mancanza nel decreto di un’alleanza educativa di larga intesa su ogni territorio scolastico, cosa ben diversa dall’assegnazione di risorse alle scuole per progetti, e la presenza di ben pochi criteri (il famigerato indice di dispersione implicita) rispetto a quelli elaborati dal gruppo di lavoro, qualcosa di migliorabile per le successive tranche del Pnrr c’è sicuramente.
Nel frattempo, chi ha avuto ha avuto. Chi non ha avuto può sperare in una futura revisione dei criteri di assegnazione dei fondi residui, anche se una fetta della popolazione studentesca, gli unici veri destinatari di ogni politica scolastica, resterà certamente esclusa; quella delle scuole paritarie, di ogni ordine e grado.
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