Il 3 dicembre si è tenuta a Roma, contemporaneamente  a quella internazionale di Parigi, la presentazione degli esiti italiani dell’indagine Pisa 2018 centrati sulle competenze in lettura. Alla sua VII edizione, Pisa ha oramai consolidato il suo ruolo a livello internazionale facendo, insieme a Iea, da apripista e da punto di riferimento per le indagini sugli apprendimenti a livello planetario, con il coinvolgimento anche dei paesi di Africa, Asia ed America Latina.



Le due novità principali: grazie alla somministrazione informatica oramai utilizzata in quasi in tutti i paesi, sono stati usati per lettura test “adattivi” multi-stadio per cui agli studenti è stato assegnato un blocco di prove in base alle loro prestazioni nei blocchi precedenti, il che ha permesso di indagare con maggiore precisione le loro competenze. Un metodo innovativo usato da qualche tempo in Danimarca.



Poiché nelle edizioni precedenti una percentuale significativa di studenti non raggiungeva neppure il basilare livello 1, questo è stato articolati in 1a ed 1b in modo da arrivare a raggiungerne la quasi totalità.

Le tendenze dei risultati a livello internazionale registrano una grande stabilità. Si conferma il gruppetto di testa delle tigri asiatiche che hanno scalzato da oramai tre edizioni i paesi europei del Nord. Circa il 70% dei 79 paesi partecipanti non ha variato il livello delle sue prestazioni. Un piccolo gruppo le ha migliorate e si tratta di paesi a basso livello di performance come la Colombia. La notizia è però che nell’altrettanto piccolo gruppo che le ha peggiorate figurano quasi esclusivamente paesi dell’Occidente sviluppato, quali ad esempio Finlandia ed Australia.



L’ Italia – dove la partecipazione delle scuole è ottima raggiungendo il 90% – nel suo complesso (ricordare sempre la grande divaricazione interna) raggiunge risultati leggermente al di sotto della media Ocse in lettura e scienze, dove si è registrata una diminuzione, mentre invece – buona notizia – si è mantenuta stabile rispetto alla media Ocse in matematica. Pienamente confermata la graduatoria fra le macro-aree Nord Est, Nord Ovest, Centro, Sud e Sud Isole in coerenza con i risultati Invalsi.

Stessa stabilità nella graduatoria fra i diversi tipi di scuola, con però una significativa novità: l’istruzione e formazione professionale regionale e l’istruzione professionale statale viaggiano allo stesso livello, ed anzi la IeFP supera la IP addirittura in matematica. Si confermano le preferenze dei ragazzi per matematica e scienze e delle ragazze per lettura, anche se la diminuzione dei risultati nazionali complessivi in quest’ultimo ambito è dovuta proprio a loro. Il livello più alto delle ragazze, dove si verifica, è dovuto a una minore presenza fra di loro dei livelli bassi, che invece vedono uno zoccolo duro di ragazzi (dato internazionale).

Qualche altra spigolatura: il nostro paese è più equo, cioè ci sono minori differenze fra i ragazzi di diverso status economico-sociale, ma soprattutto perché chi si trova ai livelli Escs (Economic, social and cultural status) più alti non ottiene risultati paragonabili a quelli dei propri simili OCSE; del pari i nostri studenti con i più alti risultati hanno però ambizioni più basse dei coetanei fuori di Italia, soprattutto fra i socialmente svantaggiati; continua la segregazione fra ragazzi e ragazze in materia di scelta delle professioni; i migranti sono passati dal 6% al 10% e, anche se più della metà si colloca fra i socialmente svantaggiati, il 14% arriva al quartile superiore di prestazioni in lettura. Per quanto riguarda il contesto, in Italia si è persa una maggiore quantità di tempo scuola che nei paesi Ocse a causa di assenze ed indisciplina di classe e gli studenti sono passati da 2 a 4 ore (di cui 1 mediamente a scuola) su Internet rispetto a Pisa 2012.

Ma le informazioni contenute nel Rapporto sono molto più ampie e meriteranno una analisi più approfondita.

Dal 29 novembre al 1° dicembre si era tenuta poi a Roma la quarta edizione dell’annuale convegno Invalsi sui risultati delle prove, occasione che sta assumendo un profilo sempre più completo: 8 relazioni in plenaria anche di carattere internazionale, dalla Francia al Cile, e 85 presentazioni di ricerche in 3 sessioni parallele. Come nelle due occasioni precedenti tenutesi a Firenze e Bari  le piste di approfondimento sono due: l’utilizzo delle prove per il miglioramento della didattica e l’ analisi della scuola italiana nei suoi vari aspetti. E pertanto i presentatori dei paper sono sia scuole e reti di scuole, che ricercatori e studiosi non solo in pedagogia ma anche in economia, statistica e sociologia.

Qualche esempio? L’accordo dei docenti nell’uso dei dati Invalsi è superiore nelle scuole dove i loro risultati vengono discussi all’interno dei dipartimenti di italiano e di matematica oppure sono presentati ai genitori durante le assemblee d’istituto o ad altri soggetti esterni alla scuola.

A proposito della matematica: in generale non si riscontrano differenze nelle tipologie di errore e nelle percentuali di risposte errate al variare delle classi: la “persistenza dell’errore” è dovuta a limiti della didattica od a misconcezioni consolidate?

L’apertura della scuola al territorio e alla partecipazione delle famiglie darebbe via libera a maggiori pressioni dalla parte delle stesse, ma anche ad esiti negli apprendimenti più elevati, mentre lo stesso risultato non sarebbe garantito da un clima generale “favorevole”.

Ed infine, last but not least, al termine della settimana scorsa è uscita la circolare nella quale è previsto, come da norma del 2017, l’obbligo di sostenere la prova Invalsi per gli allievi del 5° anno ai fini dell’ammissione agli esami di Stato: i risultati individuali saranno comunicati solo all’interessato in via riservata, ma quelli aggregati a livello di classe, scuola, regione e nazione potranno essere oggetto di interessanti analisi. Del pari il voto della maturità rimarrà esclusivamente nelle mani della commissione. Del resto il 96% dei maturandi che hanno partecipato volontariamente l’anno scorso hanno dimostrato abbondantemente di non temere questa esperienza. Come si diceva: male non fare paura non avere…