È battaglia tra le forze di maggioranza sulla stabilizzazione dei docenti precari della scuola. Il decreto Sostegni bis, approvato ieri alla Camera, tra le altre cose prevede (secondo quanto proposto dal Pd) un nuovo concorso straordinario consistente in un percorso di formazione e prova conclusiva per l’immissione in ruolo di chi abbia tre anni di servizio alle spalle e una riserva del 30% sui prossimi concorsi ordinari.



Le altre cose sono: una corsia preferenziale per 11mila insegnanti di sostegno e 400 milioni per il cosiddetto “organico Covid” (in sostanza assunzioni a tempo determinato di docenti e personale Ata entro il 31 dicembre 2021, cioè, in soldoni, la produzione di altro precariato sebbene il Pd esulti vantando l’apertura dell’anno scolastico in sicurezza). Lo stesso decreto stanzia 10 milioni per le scuole dell’infanzia paritarie: una buona notizia per colmare lo storico ritardo.



Ma è sul tema del precariato che si sono accesi gli animi. Vediamo le posizioni prevalenti. Del Pd abbiamo detto: il provvedimento sarebbe risolutivo per ridurre il precariato (forse l’esultanza è eccessiva, visto che si parla di 10-11mila immissioni).

La Lega ha espresso in Commissione bilancio tutta la propria contrarietà all’impostazione del provvedimento: aveva puntato sulla stabilizzazione di tutto il precariato di prima e seconda fascia (iscritti nelle graduatorie ad esaurimento e iscritti nelle graduatorie di istituto) preferibilmente con procedura di valutazione di soli titoli e servizio, e ha dovuto clamorosamente ripiegare per lealtà nei confronti del governo di unità nazionale.



L’ex ministra Azzolina parla in proposito di inutile sanatoria che dimentica gli iscritti al concorso ordinario, superati dai bocciati ai concorsi precedenti. L’attuale ministro Bianchi, invece, ringrazia il Parlamento per la manovra che permetterà un sereno avvio di nuovo anno scolastico.

E i sindacati? La Flc-Cgil (Cgil Scuola) è soddisfatta a metà, L’Anief (associazione professionale) si dice invece profondamente insoddisfatta perché per coprire le necessità il governo avrebbe dovuto addirittura assumere anche i non abilitati e fare conseguire loro la specializzazione durante l’anno di prova.

Questo è il quadro impietoso della situazione che mostra la spaccatura ancora esistente nel nostro Paese tra funzione docente e professionalità docente. La categoria dei prof è considerata come totalmente avulsa dal rapporto con la realtà delle scuole autonome. Pertanto è indifferente la procedura di assunzione rispetto al compito che il docente dovrà svolgere: la tipologia di scuola, l’area geografica nella quale si troverà ad insegnare, l’età degli alunni, il contesto socio-economico-familiare, ecc. Le scuole, tanto più dopo quanto è accaduto nei due scorsi anni scolastici, hanno bisogno di docenti qualunque o di insegnanti capaci di trasmettere il sapere nelle condizioni loro date dalle circostanze determinatesi istituto per istituto con la pandemia? E allora perché non si riflette sul fatto che l’abilitazione all’insegnamento è cosa diversa dall’assunzione, che l’insegnante abilitato o formato potrebbe essere assunto anche dalla singola scuola o rete di scuole per finalità ben precisate dai Piani per l’offerta formativa, che le fatidiche graduatorie degli insegnanti (nazionali, provinciali, di istituto) un tempo abolite e poi ripristinate non possono condizionare all’infinito l’immissione dei docenti, come se certificassero una qualificazione spesso non posseduta dai singoli?

Tornare ad una scuola in presenza e ad un servizio garantito per tutti non sarà semplice, ma non è irrealizzabile. Rimettere sul giusto binario professionale la categoria docente sembra proprio impossibile. 

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