In un articolo già uscito su queste pagine, intitolato Come distinguere discalculia e difficoltà nei calcoli, raccontavo una scoperta fatta insegnando matematica in un doposcuola per alunni della media. Molti ragazzi, impegnati a fare calcoli nelle espressioni, procedevano con difficoltà, dichiarando solo di non ricordare a memoria le tabelline. Per eseguire le moltiplicazioni usavano la calcolatrice. Io mi stupivo, perché ai miei tempi sapevo bene come procedere e non avevo bisogno di un aiuto per i calcoli perché la tavola pitagorica era stampata in fondo ad ogni quaderno a quadretti. Quando andavo a scuola, io capivo con facilità, ma non esercitavo molto la memoria. Con l’aiuto della tavola pitagorica riuscivo però a cavarmela bene negli esercizi. Facendo i compiti, mettevo in atto la comprensione e poco alla volta imparavo anche a memorizzare le tabelline. Invece nel doposcuola attuale, ho visto ragazzi della media ottenere metodicamente il risultato delle moltiplicazioni usando le loro macchinette, senza conoscere la tavola pitagorica, senza esercitarsi per impararla e senza conoscere bene la tecnica delle operazioni. Erano indifferenti sia alla comprensione che allo studio.
Con le parole di oggi, mi chiedo se questi ragazzi siano tutti discalculici. Come saperlo? Ora, dopo aver scritto il libro La matematica e l’esperienza, comprendo meglio che senza un po’ di fatica spesa per capire e memorizzare si perde, insieme ai risultati, anche il significato dei calcoli e non si scoprono le piccole e raffinate strategie del calcolo. Senza sicurezza sul significato, nasce presto anche l’incapacità di riconoscere le operazioni da usare nella risoluzione dei problemi. Alcuni genitori di bambini con difficoltà in matematica mi hanno detto: “mio figlio sa fare i calcoli ma non sa risolvere i problemi”. Per essere sincera, io dovrei rispondere: “Per risolvere problemi non basta l’allenamento nel calcolo, non si può imparare a fare problemi senza riferirsi al significato delle operazioni”. È vero, i calcoli si possono fare anche senza comprendere il loro significato, ma allora non si riconosce come e quando usarli.
Come affrontare la situazione? Nell’articolo citato facevo questo esempio, se non si ricorda a memoria 8*9 si può calcolarlo come 8*10 – 8, cioè 8*9 = 80 – 8 = 72. È un brevissimo calcolo che non ha come strumento solo la memoria, ma si ricava se si conosce la definizione, il significato delle operazioni e qualche loro proprietà, ad esempio che 8*10 = 80. Può essere molto utile in alcuni casi di smemoratezza o di dubbio. Per ricordare il risultato della moltiplicazione per 10 occorre pensare che ogni unità si trasforma in una decina: come 8*10 diventa 8 decine, cioè 80, così 27*10 diventa 27 decine, cioè 270, e così via. La capacità di calcolo richiede non solo di riprendere nella memoria, personale o scritta, le tabelline, ma anche di scegliere nei problemi le operazioni da usare identificando il loro significato, prima tra numeri naturali e poi anche nei successivi insiemi numerici. Ogni allievo deve imparare che ciascuna operazione in aritmetica è dotata di un significato proprio, in un preciso insieme numerico.
Contrariamente a quanto si può pensare, i calcoli sono solo una piccola parte del sapere matematico e ribadisco che per usarli bene bisogna conoscere il significato di ciascuna operazione. Inoltre, per fare calcoli, non sempre è necessario eseguire le operazioni in colonna. Per risolvere i problemi nella scuola primaria, solo la conoscenza del significato di ciascuna operazione permette di riconoscere dove introdurla. Il primo passo è scriverla, successivamente, se si vogliono eseguire i calcoli, qualche volta è possibile aiutarsi con l’intuizione o con piccoli strumenti che aiutano il calcolo e non è sempre necessario ricorrere ad un algoritmo. C’è qualche accorgimento didattico per aiutare chi fatica a ricordare a memoria? Segnalo che per imparare ad eseguire le operazioni non esiste solo il calcolo con gli algoritmi, ma all’inizio si può anche usare carta, penna e immaginazione, riconducendosi ad usare in modo esplicito alcune conoscenze note. La via per un calcolo consapevole comincia dal conoscere le proprietà del calcolo, associativa e distributiva, per poterle usare. Si imparano i nomi, si imparano le relazioni tra numeri, ci si rende conto della loro verità: non occorrono dimostrazioni formali come nella scuola superiore, ma occorrono esperienze e verifiche e occorre saper fare esempi. E’ una via per il recupero, ma anche un possibile inizio nella scuola primaria, di cui voglio mostrare alcuni esempi. E’ anche uno strumento per giustificare la richiesta di memorizzare i casi più semplici.
Per calcolare 8*7, uno dei prodotti della tavola pitagorica, chi non ricorda a memoria il risultato può trovare una via alternativa ricordando che 7 = 5 + 2, allora 8*7 = 8*(5 + 2): un numero naturale moltiplica una somma di numeri naturali. In questo caso si può usare la proprietà distributiva della moltiplicazione rispetto alla somma, trasformandola in una somma di prodotti: 8* (5+2) = 8*5 + 8*2.
Questa proprietà sarà insegnata ai bambini piccoli proprio riconoscendola vera “in atto”, cioè nell’azione con oggetti. Ricordando come si moltiplica per 10, fatto immediato di cui accorgersi e da imparare, il primo addendo si può trasformare così: 8*5 = (8*10): 2 = 80 : 2= = 40. Il secondo addendo 8*2 lo si può ottenere con una somma: 8*2 = 8 + 8 = 16. Resta ora solo da eseguire una somma: 40 + 16 = 56. Dunque 8*7 = 56.
Non è una pratica difficile, è lunga ma senza preoccupazioni. Per eseguirla occorre avere chiarezza sulle proprietà delle operazioni ed è anche una via per impararle. Possiamo confermare questa via facendo qualche altro esempio, di cui alcuni ripresi dal mio ultimo libro (2, pag.196 e seguenti). Con i bambini piccoli, per imparare, è opportuno accompagnare i calcoli con una rappresentazione mediante oggetti, prima reali e poi solo disegnati o scritti con simboli. Questo accorgimento è necessario per accompagnare l’apprendimento dell’aritmetica per lungo tempo, nella primaria per far elaborare immagini mentali, nelle scuole successive per far recuperare conoscenze. Mostro ora con esempi come questo modo di calcolare può diventare il primo passo per imparare tutte le operazioni.
1) 27 + 39
rappresentiamo i due numeri : d è una decina, o è una unità
d d o o o o o o o è il numero 27
d d d o o o o o o o o o è il numero 39
Somma delle decine: 2 d + 3 d = 5 d
Somma delle unità: 7 u +9 u = 16 u = 1 d + 6 u
Conclusione: 27 + 39 = 5 d + 1 d + 6 u = 6 d + 6 u , quindi 27 + 39 = 66
2) 94 – 52
rappresentiamo 94 elementi, per esprimere la sottrazione sulla sua rappresentazione di 94 elementi ne cancelliamo 52 sottolineando 5 decine e 2 unità:
d d d d d d d d d o o o o
Contiamo gli elementi non sottolineati, che esprimono la differenza: 94 – 52 = 42
3) 86 – 37
Qui le unità del primo numero sono 6, non se ne possono togliere 7, ma si può calcolare 86 – 36 e poi togliere 1 dal risultato: 86 – 36 = 50; 50 – 1 = 49, quindi 86 – 37 = 86 – 36 – 1 = 50 -1 = 49
4) 86 * 2
significa 86 + 86, quindi si può disegnare 2 volte 86:
d d d d d d d d o o o o o o
d d d d d d d d o o o o o o
Deduco: 80 + 80 + 6 + 6 = 80 * 2 + 6 *2 = 160 + 12 = 172
Ho usato il significato di moltiplicazione come somma ripetuta.
5) 168 : 6 = (100 + 60 + 8): 6 = (60 + 40 + 60 + 8) :6 = (60 + 60 + 48) : 6 = 10 + 10 + 8 = 28
Ho scomposto il dividendo 168 in una somma e usato la proprietà distributiva della divisione rispetto alla somma.
6) 15 * 16 = (10 + 5 ) *16 = 10 * 16 + 5 * 16 = 160 + 80 = 240
7) 42 * 37 = 42 * (3 * 10 + 7) = 42 * 3 *10 + 42 * 7 = (40 +2) * 3 * 10 + (40 +2) * 7 =
= 40 * 3 * 10 + 2 * 3 * 10 + 40 * 7 +14 = 1.200 + 60 + 280 + 14 = 1.554
Si potrebbero usare numeri grandi, ma qui la scelta è pensare all’apprendimento dei bambini piccoli o a casi di recupero di difficoltà di calcolo.
Questi calcoli, dall’apparenza complessa, sono lunghi ma semplici perché basati sul significato delle operazioni e sulle loro proprietà; quindi, non hanno come strumento la pura memoria, ma si ricavano ragionando, a partire dalla definizione di ciascuna operazione, dalla conoscenza del suo significato e delle proprietà delle operazioni. Al primo livello dell’apprendimento non si può chiedere la comprensione senza alcuna spiegazione, ma capire avviene riportandosi a materiale concreto o disegni. E’ quindi una comprensione intuitiva. Acquistano importanza e visibilità le proprietà delle operazioni, che diventano strumenti per il calcolo, anche queste vanno riconosciute nell’uso di oggetti materiali. I calcoli fatti permettono di costruire una vera dimostrazione delle operazioni in colonna (Longo, Gorini, 2023). Un lavoro di questo tipo potrebbe rendere evidenti all’insegnante i veri discalculici, ai quali certamente non bastano questi accorgimenti matematici per imparare a fare i calcoli. Ma liberare un bambino in difficoltà da una falsa diagnosi è veramente volergli bene.
Sono possibili alcune considerazioni. La prima è che non bisogna confondere la discalculia, che è un “disturbo”, con la difficoltà nei calcoli. I due nomi distinguono due fenomeni diversi. Nel caso delle difficoltà, il cambiamento positivo può essere ottenuto con un’applicazione maggiore allo studio o seguendo percorsi di insegnamento individualizzati. Invece, come specifica Daniela Lucangeli, i disturbi evolutivi specifici sono molto diversi dalle difficoltà perché fanno riferimento a problematiche più gravi e dalla evoluzione incerta. I disturbi dell’apprendimento non sono conseguenza di un handicap, né sono imputabili a fattori esterni, come differenze culturali, insegnamento inappropriato o insufficiente, ma dipendono dalle basi neuropsicologiche dell’apprendimento stesso (D. Lucangeli, Discalculia evolutiva sì – Discalculia evolutiva no?! Contributo della ricerca cognitiva, in Annali della pubblica istruzione, 2010).
L’intervento di Lucangeli ci ricorda di usare i termini “difficoltà” e “disturbo” in maniera corretta per due motivi, (a) non attribuire etichette errate a bambini che con un piccolo aiuto possono recuperare le loro difficoltà, (b) non sottovalutare situazioni che richiedono un intervento specifico e qualificato. Ritengo importante sottolineare che nessun test basta da solo per la diagnosi clinica di discalculia. L’indice principale necessario a distinguere un disturbo da una difficoltà di calcolo è la “resistenza al trattamento”. Accade frequentemente che si diagnostichino bambini come discalculici senza verificare l’efficacia di un intervento di potenziamento mirato. Occorre tenere presente che la sola valutazione clinica può incappare in un falso positivo, cioè può diagnosticare una discalculia quando si tratta solo di una difficoltà, da recuperare con un adeguato potenziamento. Senza questa cautela può essere segnalato come discalculico anche qualche bambino con difficoltà di calcolo. Oltre agli psicologi, anche alcuni matematici si stanno interessando alla discalculia e alle difficoltà di calcolo. Rosetta Zan afferma che si costruisce la paura della matematica con l’esperienza scolastica. Il disagio che si vive con la matematica, già a livello di scuola primaria, è legato al fatto che errore e lentezza siano considerati indicatori di fallimento, e quindi vadano assolutamente evitati. Questo giudizio sembra dimenticare che c’è bisogno di tempo per riflettere! Se un problema è davvero una situazione nuova che non si sa a priori come risolvere, è naturale fare errori, provare una strada e poi rendersi conto che non funziona, tornare indietro e cercare una nuova strada (R. Zan, Errori e lentezza, archivio di Maddmaths!, 2010).
Il fatto che oggi errore e lentezza siano visti come indicatori di fallimento indica una visione distorta che non dà sufficiente spazio ai processi mentali tipici della matematica. Questo corrisponde ad un limite nella valutazione, intesa in senso riduttivo, fatta di verifiche da concludere in poco tempo, magari con la pretesa che siano oggettive e con la convinzione di aiutare l’allievo diminuendo la complessità delle richieste, che è un modo rinunciatario di concepire l’aiuto.
Un altro matematico autorevole da ascoltare è Anna Baccaglini-Frank, convinta che a scuola si possano promuovere in matematica processi di pensiero ed una corretta visione della matematica senza paure o angosce, stimolando passione, curiosità, creatività. Dice la professoressa circa i disturbi evolutivi specifici in un suo articolo: “L’immagazzinamento (dei dati nella memoria) può avvenire in diversi modi e fa differenza il modo in cui avviene. È più facile ricostruire un fatto aritmetico, se la memoria viene meno, se il fatto è stato immagazzinato mediante un processo con significato” (A. Baccaglini-Frank, Tabelline, archivio di Maddmaths!, 2018). Ricordo che si chiamano “fatti aritmetici” i risultati che non richiedono l’applicazione di un esplicito algoritmo di calcolo, ma che possono essere richiamati direttamente dalla memoria, senza incertezze e in modo quasi automatico. I fatti aritmetici più importanti sono le somme entro la prima decina, i complementi a 10, le tabelline.
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