Da alcuni giorni 519 nuovi dirigenti scolastici vincitori della procedura di reclutamento riservata prevista dal DM n. 107/2023, hanno cominciato a dirigere i loro nuovi istituti, subentrando ai reggenti, che avevano già un’altra scuola da dirigere.
In un’apposita nota il ministero, dettando le istruzioni agli Uffici scolastici regionali per il conferimento degli incarichi, sottolinea la necessità di spiegare nelle nomine che il ritardo è dovuto alle vicende giudiziarie che hanno interessato la procedura di reclutamento riservata e sollecita a fare in fretta per contenere “le gravose ricadute sulle procedure organizzative e gestionali delle medesime scuole”, come evidenziato dagli stessi giudici. Infatti la sentenza che ha permesso il via libera alle assunzioni afferma che “la mancata tempestiva immissione in ruolo comporterà il ricorso all’istituto della reggenza, con inevitabili e gravose ricadute sulle procedure organizzative e gestionali delle medesime scuole”.
Un’affermazione del tutto condivisibile, se non fosse che, in questi anni, il ricorso alle reggenze è stato massiccio e costante e, in qualche parte del territorio italiano, soprattutto al Nord e nei territori periferici, è diventato ormai la regola.
I concorsi per Ds, infatti, hanno avuto cadenza irregolare, sono sempre stati soggetti a una lunghissima trafila amministrativa e sottoposti alle forche caudine del MEF per il contenimento dei costi. Ogni posto di Ds messo a concorso va autorizzato e questo è certamente giusto, dato che la pubblica amministrazione è una spesa significativa pagata dai cittadini. Ma anche dal punto di vista economico vanno considerati diversi aspetti e non solo la spesa immediata.
Innanzi tutto il numero dei Ds. Il contingente previsto in tutta Italia è di 7.461 (più 185 per il solo anno scolastico 2024/25). Attualmente sono 1.189 i posti vacanti, 1.748 le reggenze, tenendo conto anche di scuole sottodimensionate e dei distacchi di Ds che generalmente vanno a lavorare presso altre amministrazioni. Ed essendo venuta meno gran parte della dirigenza amministrativa degli Usr, spesso i Ds svolgono questi incarichi indispensabili per il sistema, lasciando vuote le loro sedi. Ma i presidi e direttori didattici, vent’anni fa, erano 14mila!
È innegabile che per i Ds sono avvenuti significativi aumenti di retribuzione, ma lo Stato ha risparmiato ampiamente, sia dimezzando il numero dei capi di istituto, sia ricorrendo alle reggenze, che costano forse un terzo della retribuzione dei Ds. Ciò non è andato a vantaggio delle scuole, che si sono ritrovate con una guida part time, talora per sette, otto, nove anni. E in un periodo in cui sempre maggiori e nuove competenze venivano affidate ai dirigenti.
Non è strano perciò che il Ds sia sempre più assorbito dalle emergenze e dalle responsabilità urgenti, di solito quelle amministrative, che comportano il blocco delle attività per la scuola e gravi rischi per il Ds medesimo. Docenti, alunni e genitori sono allora gestiti a distanza, alla meno peggio, nonostante la buona volontà dei dirigenti stessi.
E il problema si aggrava per la cronica mancanza dei capi delle segreterie scolastiche, i Dsga, da cui dipende il funzionamento dello scheletro amministrativo e ausiliario dell’istituto, la cornice senza la quale il quadro dell’educazione e dell’istruzione della scuola rischia di crollare a terra. Anche per loro i concorsi si fanno di rado e la selezione non è funzionale, dato che molti dei vincitori preferiscono presto spostarsi in altre amministrazioni o rinunciare per andare a svolgere lavoro differenti.
Ma, tornando alla casella di partenza delle nostre riflessioni, anche quando i concorsi vengono finalmente avviati, si sviluppa un lungo e defatigante contenzioso che determina il procrastinare dell’assegnazione dei posti.
A ogni tornata di concorsi si moltiplicano i buoni propositi e si conviene che non dovrà più accadere la paralisi delle procedure per gli interventi dei tribunali amministrativi. Ma, regolarmente, questo si ripete. Da una parte le norme che vorrebbero ridurre il contenzioso sembrano moltiplicarlo: come – è il nostro caso – ha fatto proprio il DM n. 107/2023 che ha voluto il concorso riservato per coloro che avevano partecipato al concorso del 2017 (DDG 1259), e che, avendo sostenuto almeno la prova scritta, avevano in piedi un contenzioso con il ministero. Dall’altra chiunque sostenga le prove ne mette in discussione il risultato: la sfiducia nei confronti delle commissioni e la crescita della conflittualità che caratterizza la nostra società si riflettono anche in questo contesto. E intanto il nuovo concorso ordinario si sta realizzando molto lentamente: solo il 30 ottobre le prove scritte, dopo due anni di attesa, e anche in quest’ultimo nella formulazione di alcuni quesiti è prevalsa la richiesta di presentare il dettaglio di alcune procedure più che l’interpretazione di competenze utili ad una leadership culturale e educativa, confermando l’appiattimento della figura del Ds sul piano meramente burocratico-amministrativo.
Come può essere allora garantita la stabilità delle dirigenze?
Nel breve e medio periodo si tratta di espletare i concorsi in tempi ragionevoli. Deve rafforzarsi la consapevolezza di ministero e decisori politici che le scuole autonome non possono assolvere adeguatamente al loro compito di educazione e istruzione, se sono prive delle figure apicali, con reggenti che, pur con tutta la buona volontà, ben difficilmente possono andare oltre il disbrigo degli impegni ordinari. Le scuole hanno bisogno di leader educativi che affrontino le urgentissime e gravi domande che provengono dai ragazzi, dalle famiglie e dal contesto sociale. Anche se le istituzioni scolastiche diminuiranno di numero per effetto del calo demografico, l’età media dei Ds è piuttosto elevata e nel volgere di poco tempo riprenderà l’esodo verso il pensionamento.
Traguardando il medio e lungo periodo è evidente che un sistema centralistico che tende a sovrapporre una norma sull’altra rischia di rigenerare questo tipo di contenzioso. Occorre ripensare, in prospettiva, nuove forme di reclutamento dei Ds (e, analogamente, dei docenti) anche attraverso concorsi indetti dalle singole istituzioni scolastiche (come avviene nei comuni e negli ospedali) o da reti di scuole autonome. Tuttavia tale passaggio è evidentemente legato a una riforma degli organi di gestione (la governance) della scuola che, dopo la creazione dell’autonomia nel 1999, il Parlamento e i governi non hanno mai realizzato e che è indispensabile perché la scuola costruisca, insieme al contesto territoriale, il suo progetto per rispondere alla sfida educativa del nostro tempo.
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