Le scuole dell’infanzia paritarie di Lecco sono sotto attacco. Esiste da molto tempo una convenzione fra l’amministrazione comunale e l’associazione che le rappresenta. Essa prevede un contributo comunale che permette di offrire alle famiglie un servizio molto apprezzato e con rette moderate proprio in virtù di quel contributo.



La convenzione, inaugurata tempo fa per merito di un sindaco illuminato (a quel tempo fu una misura innovativa, poi seguita da altri comuni in una logica sussidiaria) si trova ora in scadenza e si è aperta quindi la discussione con la nuova amministrazione per il rinnovo. E qui nascono i problemi.

Il sindaco Gattinoni si era proposto come difensore e garante della convenzione fino al termine del suo mandato. Purtroppo oggi le carte in tavola sono cambiate. Oggi il sindaco e la sua maggioranza ripropongono lo stesso contributo erogato negli anni scorsi, ignorando o fingendo di ignorare che nel frattempo e soprattutto in tempi recenti i costi sono enormemente aumentati. Inoltre il calo demografico, fenomeno che colpisce ovviamente anche il nostro territorio, porta come primo effetto quello di ridurre il numero di rette: conseguenza ovvia ed evidente è, in prospettiva, il crollo del pareggio di bilancio.



In questa situazione appare inaccettabile e quasi incredibile che il mantenimento dello stesso ammontare del contributo venga presentato come una manovra di favore nei confronti delle scuole materne. Ancora più incredibile, al limite dell’offensivo, che si presenti come segno di favore il fatto che l’entità di questo contributo si intenda fissa per 5 anni, fino al 2027! Come se non si conoscesse il livello di inflazione attuale e previsto per i prossimi anni! A tutto questo si aggiungono altre misure che suonano come interferenze nell’attività gestionale e un ingessamento della libertà di azione.



Questo, molto sinteticamente (ovvie ragioni di spazio) il contenuto della posizione dell’amministrazione comunale. Posizione inaccettabile, o quantomeno discutibile. Ecco; discutibile, ammesso di poterne discutere. Infatti, e questo forse è l’aspetto che fa più male, l’atteggiamento con cui viene sostenuta una tale proposta è quello di una chiusura. Emblematico è quanto è successo in occasione di un incontro proposto dall’associazione aperto a tutti i consiglieri comunali per illustrare le proprie proposte. Nessuno dei consiglieri di maggioranza si è presentato all’incontro: avevano avuto il divieto a partecipare. Difficile non usare la parola “arroganza”. Tanto più che le scuole materne paritarie a Lecco sono una presenza importantissima e con una storia lunga e gloriosa: oggi accolgono il 70% dei bambini. Vale la pena di ricordare che le scuole materne paritarie sono gestite da persone che le portano avanti con costi che sono circa la metà dei costi delle omologhe scuole gestite dallo Stato. Lo fanno da decenni, alcune da più di un secolo. E lo fanno gratuitamente, donando tempo, energie, risorse. Per senso civico, per passione, per amore. Ci sembra che meritino un po’ più di rispetto.

Come Fondazione don Giovanni Brandolese ci sentiamo fortemente a disagio perché al centro di tutto ci sono i nostri bambini e per questo riteniamo che il confronto debba avvenire in un clima costruttivo e positivo, con l’obiettivo di trovare un punto di incontro il più alto possibile nell’interesse appunto dei nostri bambini, delle loro famiglie e, in senso lato, dell’intera comunità.

È giusto preoccuparsi di come vengono impiegati i soldi pubblici, che sono i soldi di tutti noi, ma credo che a questo proposito si debba guardare da un’altra parte. Sì, perché le scuole statali non ce le regala Babbo Natale. Le paghiamo con i nostri soldi. E se ci costano il doppio, forse non è il caso di invocare più scuole statali.

Ma la questione di fondo non si riduce a una questione di soldi. Le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico, sono scuole pubbliche esattamente come le scuole statali. Lo dice la Costituzione, lo dice la legge della Repubblica. Rispettano prescrizioni, regolamenti, normative imposte dall’autorità statale. L’unica differenza sta nel fatto che seguono un modello organizzativo e gestionale diverso da quello statale e che, a proposito di efficienza, risulta essere di gran lunga più efficiente. Servizio pubblico-contributo pubblico: quale è il problema? Dov’è lo scandalo? Lo scandalo, semmai, sta nel fatto che questo contributo è concentrato con una enorme sproporzione nella direzione del modello statale. Senza alcuna giustificazione razionale, ma solo per il prevalere di un pregiudizio ideologico per cui il contributo pubblico non solo può essere erogato a chi svolge un servizio pubblico, ma lo svolge secondo un modello unico: quello statale. Vogliamo dunque il modello unico?

Ricordiamo sommessamente che i Paesi nei quali pubblico coincide con statale, i Paesi in cui l’educazione è totalmente in mano allo Stato, si chiamano dittature. Ci sembra, per concludere, che occorrerebbe una maggiore sensibilità per il valore della libertà. Questa è la posta in gioco. Vogliamo sperare in una ripresa di coscienza sul tema della libertà da parte di chi si qualifica progressista e tanto più se cattolico progressista.

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