La bozza di decreto che istituisce le figure del docente tutor e del docente formatore per il triennio della scuola è stata presentata in data 21 marzo 2023 ai sindacati, ed è ora in attesa di parere da parte del Cspi. Il decreto prevede anche lo stanziamento di risorse derivanti dal Pnrr e dal Pon per remunerare attività didattiche di potenziamento sulle discipline (soprattutto per le discipline Stem e con metodologie innovative) e relative all’orientamento come misura di contrasto alla dispersione scolastica.
Sono candidabili a diventare docenti tutor e orientamento, a partire dall’anno scolastico 2023/24, da parte delle istituzioni scolastiche i docenti in ruolo da cinque anni e che abbiano preferibilmente svolto già il compito di funzione strumentale in campo di tutoraggio o orientamento. Solo per il docente tutor è previsto un corso di formazione di 20 ore, erogato online da Indire da aprile (praticamente da dopodomani). Entrambe le figure saranno retribuite; più consistente la retribuzione per il docente tutor (da 2.850 a 4.750 euro lordo) di quella del docente orientamento (da 1.000 a 2.000 euro lordo). Il docente tutor o orientamento dovrà mantenere la funzione per almeno tre anni.
Al docente tutor sarà affidata la “personalizzazione degli insegnamenti”; coordinerà e svilupperà attività didattiche con un duplice scopo, il recupero per le studentesse e gli studenti che manifestano maggiori difficoltà, e il potenziamento delle abilità particolari per quelle studentesse e studenti che, nelle parole del ministro Valditara, in classe “si annoiano”. Dalle varie sottolineature fatte la finalità primaria sembrerebbe essere limitare la dispersione scolastica, con buona pace di chi in classe si annoia. Il tutto sarà limitato al solo triennio della scuola superiore e con un tutor ogni raggruppamento di studenti (da 30 ai 50 studenti per raggruppamento). Quanto al docente orientamento, le sue funzioni dovrebbero essere quelle di elaborare dati e informazioni relative al contesto e porsi come figura di raccordo con i docenti tutor, gli studenti e le famiglie.
Il ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara ha descritto le nuove figure come il primo passo di un cambiamento radicale della scuola, e anche il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha lodato la misura. Più critiche le varie sigle sindacali, che hanno evidenziato i limiti, anche evidenti, del provvedimento che verrà.
Entrambe le figure sono innovative, o perlomeno “nuove” in senso formale; come altre necessità reali del mondo della scuola, sostenere gli studenti in difficoltà, valorizzare le eccellenze e guidare a una scelta consapevole relativa al proprio percorso presente e futuro sono attività intrinsecamente strutturali alla funzione docente. Svolgerle in modo compiuto, responsabile, e pedagogicamente adeguato è un altro paio di maniche.
Le difficoltà di apprendimento, oltre quelle certificate e per le quali viene redatto da tempo un Piano didattico personalizzato, il Pdp, hanno sempre più a che fare con situazioni di disagio personale delle studentesse e degli studenti. Le cause di questo disagio sono molteplici; comprendono fenomeni sociologicamente nuovi, come il dilagare dell’isolamento fisico e della dipendenza dal virtuale (con tutti i fenomeni collegati, quali il cyberbullismo) e meno nuovi, quali la dissoluzione dei nuclei familiari, o per separazione/divorzio dei genitori o per la difficoltà oggettiva di questi a occuparsi dei figli, garantendolo loro un tempo genitoriale, se non abbondante, perlomeno sereno e non convulso.
Qualsiasi azione intrapresa dal singolo docente o da un gruppo di docenti è come il tentativo di camminare su cocci di bottiglia aguzzi a piedi nudi. Diremmo: “Se non puoi curare, non fare danni”, col rischio tuttavia che l’inazione comporti tanti, o più, danni dell’azione. Ciò non significa che il docente si ritiri, ma solo che se ha coscienza del proprio “essere” (ruolo o mestiere sono termini inadeguati) sa che intervenire sulle difficoltà è complesso, e anche rischioso. Se non teme (ancora) il rischio (professionale e umano) per sé, certo lo teme per i possibili effetti della sua azione/inazione.
Inutile quasi sottolineare che per il tutor orientamento l’azione nel triennio potrà quasi esclusivamente orientarsi alla scelta post-scuola secondaria, visto che il cambio di percorso comporta prove integrative che non tutti gli studenti desiderano o possono affrontare.
La figura del tutor, su cui si sono concentrate le energie creative del ministero, risponderà alle reali necessità? Il primo limite è innanzitutto il fatto che sia previsto solo nel triennio. Si spera che questo sia dovuto a limiti di fondi e alla scelta di immagine di garantire “fino al termine degli studi” la presenza di questa figura, e non alla cecità di fronte alla evidente accelerazione delle problematiche sopra descritte (e altre) che si presentano ben prima del triennio finale, anche alla scuola media di primo grado.
Un secondo limite è legato alla vaghezza della funzione stessa del docente tutor, ideale coordinatore di attività didattiche volte a recuperare chi è in difficoltà; si parla di corsi di recupero? Di tutoraggi individualizzati? Di gruppi di lavoro fra studenti? Il tutto sarà forse svelato con l’inizio dei corsi di formazione (e quindi a brevissimo, sembrerebbe), anche se – terzo elemento di criticità – la brevità del corso e soprattutto il suo essere solo online non lascia ben sperare.
Il rischio è che poi il docente, pur “formato” e testato con una prova finale, peschi nel noto di quanto fatto nell’istituto dove presta servizio, sia in termini di ideazione che di risorse umane. Un altro limite è l’ampiezza del raggruppamento (non classi ma raggruppamenti, con quali criteri? anche questo sarà trattato nel corso di formazione , o lasciato alla iniziativa del docente tutor?) delle studentesse e degli studenti (da 30 a 50 studenti).
Se questo provvedimento è il primo tassello di un disegno complessivo già definito, verrebbe da farsi una domanda semplice: quale è il disegno complessivo? Se esiste, perché non è stato “svelato”, se non proprio dettagliato in tutti i suoi passaggi? E a quale linee pedagogiche si ispira?
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