Nel mio ultimo articolo preconizzavo una situazione di difficoltà che si è regolarmente verificata, se pensiamo che ho saputo da una scuola della chiamata, in questi giorni, di due docenti per l’assunzione in ruolo. Sottolineo che siamo ormai a settembre ad anno scolastico iniziato. D’altro canto la situazione politica che tutti abbiamo vissuto dalla metà di agosto fa capire che non era più possibile pensare che il settore paritario, già normalmente poco considerato dal mondo politico, potesse avere qualche attenzione.
La conclusione è semplice, ancora una volta ci siamo rimboccati le maniche, abbiamo affrontato e risolto i problemi, pur con difficoltà, per poter garantire ai nostri studenti ed alle nostre famiglie un inizio di anno scolastico regolare nel rispetto di quanto pattuito attraverso i nostri piani di offerta formativa.
E così l’attenzione si è spostata sul governo giallorosso. Si cerca di capire quale potrà essere il programma sulla scuola che ha intenzione di mettere in atto e se tra le azioni politiche potrà esserci un’attenzione diversa nei confronti delle scuole paritarie, considerandole, con pari dignità, parte dell’unico sistema scolastico nazionale.
Le prime comunicazioni del ministro Fioramonti hanno lasciato qualche perplessità: dalle proposte di micro tasse di scopo legate alla tassazione delle merendine all’intenzione di evitare le cosiddette “classi pollaio” a cui ha già risposto Luisa Ribolzi in un suo articolo su questa testata. Ma la lettura dell’intervento che il presidente del Consiglio ha tenuto alla Camera in occasione del voto di fiducia, di perplessità ce ne ha lasciate molte.
Infatti il proclama lanciato nei giorni delle consultazione: “bisognerà rilanciare la scuola, l’università e la ricerca e investire sulla scuola” di fatto, nei 29 punti programmatici presentati, è stato seguito, per quanto riguarda la scuola, solo da queste proposte: al punto 1, l’incremento della dotazione delle risorse per la scuola, per l’università, per la ricerca e per il welfare e al punto 22 la tutela dei beni comuni, a partire dalla scuola pubblica: è necessario intervenire contro le classi troppo affollate e valorizzare, anche economicamente, il ruolo dei docenti, potenziare il piano nazionale per l’edilizia scolastica e garantire la gratuità del percorso scolastico per gli studenti provenienti da famiglie con redditi medio-bassi, contrastare la dispersione scolastica e il bullismo.
Perplessità che nascono dall’impressione che l’intervento sia fortemente statalista, che il termine scuola pubblica sia interpretato (ante legge 62) esclusivamente come statale; mai compare il termine sussidiarietà che indica la sinergia pubblico-privato e quindi il riconoscimento del servizio pubblico offerto dalle scuole paritarie.
A quanto indicato nelle linee possiamo aggiungere la specificazione fatta a voce dal presidente del Consiglio: “quale prima misura di intervento a favore delle famiglie con redditi bassi e medi, ci si adopererà, con le Regioni, per azzerare totalmente le rette per la frequenza di asili-nido e micro-nidi a partire dall’anno scolastico 2020-2021 e per ampliare, contestualmente, l’offerta dei posti disponibili, soprattutto nel Mezzogiorno”. Ottimo intervento, ma stentiamo a leggervi il proclamato rilancio della scuola nel suo complesso e in particolare per quel che riguarda il nostro settore che, ancora una volta, sembra ignorato.
Nessun accenno ai nostri problemi come, ad esempio, la necessità di aprire una stagione di attenzione alla rapida regolarizzazione di posizioni professionali che permettano di avere sul mercato del lavoro i docenti abilitati utili e necessari a coprire le numerosissime chiamate in ruolo da parte dello Stato, se non ri-annunciare nel discorso alla Camera il bando di concorsi ordinari e straordinari.
In questo quadro preoccupante che sembra foriero di un periodo in cui la situazione nella quale dovranno operare le nostre scuole non potrà che peggiorare, anche sotto l’aspetto dei contributi che potranno ricevere (pensate che i 536 milioni previsti a bilancio per il 2020 sono la stessa entità – 535 milioni – di quanto stanziato 20 anni fa dalla legge 62/2000 nonostante l’inflazione abbia eroso il 38% del potere di acquisto), arrivano voci che sembrano far vedere qualche spiraglio di luce.
Il neoministro, in una intervista a Radio 24, ha espresso un suo forte apprezzamento verso il modello finlandese che, come sappiamo, è completamente autonomo con pieno finanziamento a tutte le istituzioni del sistema, governative o private, di circa 7mila euro per studente. L’estrazione professionale da economista di Fioramonti e la sua conoscenza del sistema universitario che sappiamo pienamente autonomo e gestito sulla base di costi standard, può far sperare che da lui possa prendere il via l’unica vera riforma necessaria per una modernizzazione del nostro sistema scolastico e di formazione per portarlo ai livelli dei migliori sistemi stranieri: dare piena autonomia a tutte le istituzioni scolastiche statali e paritarie.
Sono sempre più convinto che quella della sperimentazione volontaria di piena autonomia sia la strada migliore per rinnovare e modernizzare il nostro sistema, poiché la gradualità di applicazione permetterebbe, senza scossoni, anche di risolvere i problemi in itinere come ad esempio l’equilibrio occupazionale.
Il completamento del processo di autonomia anche finanziaria di tutte le scuole, l’applicazione del principio di sussidiarietà, il riconoscimento del carattere pubblico di un finanziamento per le scuole paritarie, pienamente riconosciute come parte integrante del servizio pubblico, un nuovo modello di finanziamento complessivo del sistema le cui valutazioni economiche siano fatte sulla base di costi standard sono i quattro elementi su cui basare un nuovo modello organizzato e finanziario razionale del sistema, con effetti sicuramente positivi di risparmio per il bilancio dello Stato.
La recente esperienza inglese ci comunica che quanto avviato da Blair sperimentalmente con poche scuole, porterà a far sì che nel 2020 tutte le scuole inglesi saranno autonome, avendo come risultato un forte miglioramento della qualità del sistema. Ritengo significative e degne di attenzione le parole di David Cameron alla presentazione dell’Academies Act, in continuità e sviluppo di quanto avviato dai suoi predecessori, parole che vorrei sentir dire dai nostri politici: “La sfida più grossa è quella di rafforzare le scelte dei genitori e l’autonomia della società civile, in modo che la gente stessa abbia il potere di migliorare il paese e i servizi pubblici attraverso i meccanismi di una democratica valutazione, competizione, scelta e azione”, parole che faccio mie con convinzione.
Non molliamo, sottraiamoci da un’analisi senza speranza che potrebbe far scomparire la capacità di resistere. Václav Havel ci ha insegnato che “la speranza è la misura della nostra capacità di cercare di raggiungere qualcosa perché questo è buono”. Noi abbiamo un’ottima causa per cui lottare poiché rinunciare alla libertà di educazione è, di fatto, rinunciare alla libertà. Proviamoci!