Da quando il 30 novembre 2022 è stata lanciata da OpenAI la versione gratuita ed aperta a tutti di ChatGPT, il ciclone Intelligenza Artificiale ha colpito moltissimi ambiti del vivere sociale e tra questi la scuola e il mondo dell’educazione. Del resto, come potrebbero esserne esenti, visto che scopo della scuola è quello di attrezzare le giovani generazioni con tutti gli strumenti critici e tecnici per affrontare le sfide del mondo di oggi e di domani diventando cittadini consapevoli e costruttivi?
E come spesso accade di fronte alle novità che promettono (o minacciano) di modificare l’approccio ai saperi, molti docenti di scuola (e dell’università a dire il vero) guardano con sospetto e paura i software di intelligenza artificiale generativa (di testi, immagini, musica e video in particolare). A detta loro ChatGPT rappresenta la fine della possibilità di verifica delle produzioni scritte degli studenti: chi può garantirci che i compiti di comprensione del testo, gli esercizi di traduzione e comprensione dei testi, operazioni e progetti audio/video e anche grafici siano stati realizzati veramente dagli studenti che dobbiamo valutare?
Una recente ricerca di Noplagio.it (piattaforma italiana che fa capo a Lingua Intellegens) sembra confermare questi timori sulla crescente penetrazione dell’IA nella scuola italiana. Alla domanda posta a circa 1000 studenti tra i 16 e i 18 se hanno intenzione di utilizzare l’IA in futuro, il 68% di loro si dice convinto di volerla continuare a usare, più i ragazzi (71%) delle ragazze (65%). Il 31% pensa che l’IA possa essere uno strumento utile nella vita quotidiana, ma c’è anche un 64% di ragazzi che si dice essere preoccupato sull’uso illimitato e pervasivo dell’IA. Luci e ombre anche tra gli studenti, ma questi piccoli sondaggi sono una conferma del cambiamento epocale a cui ci troviamo di fronte.
È, inoltre, di questi giorni una newsletter de Il Sole 24 Ore dal sintetico e simbolico titolo “Come partire con il piede giusto con l’intelligenza artificiale”: non è un errore di stampa, è una affermazione, non una domanda. I lavori cambieranno, gli assetti dei lavori tradizionali cambieranno e come evidenzia un altro studio di PHD Media (agenzia di comunicazione e marketing di Omnicom Media Group) in collaborazione con la Singularity University ci troveremo “in uno scenario (non troppo lontano) in cui il mix fra skill tecnologiche altamente specializzate e competenze di matrice umanistica assumerà un peso ancora superiore e la necessità di ‘ricalibrarsi’ sarà un’esigenza di tutti, sia per chi sta per entrare nel mercato del lavoro che per chi già c’è”.
Se paura e scetticismo a priori sono cattivi consiglieri e sono specchio di una chiusura che è il contrario dell’apertura al reale, compito della scuola, allora, è bene provare a capire quale approccio è richiesto agli attori della scuola di fronte all’IA e a questo cambiamento.
Si è svolta giovedì 16 maggio presso l’Università Alma Mater di Bologna la giornata di studio Intelligenza artificiale e prospettive della didattica promossa dal Dipartimento di Scienze dell’Educazione Enrico Bertini all’interno del ciclo di seminari Ricerca e formazione docenti. Nuove risposte a fronte di nuove sfide. A guidare il ricco confronto tra docenti e ricercatori dell’università e dirigenti e docenti della scuola è stata Chiara Panciroli, docente ordinaria nell’ambito della Didattica generale e delle Tecnologie dell’educazione e coordinatrice scientifica del MOdE, Museo Officina dell’Educazione dell’Università di Bologna, in collaborazione con Pier Cesare Rivoltella, docente ordinario presso il medesimo ateneo.
Tra le ricche esperienze e riflessioni condivise, due in particolare riguardano la scuola e mostrano una strada intelligente e motivante di approccio al problema.
Durante l’anno scolastico in corso 55 scuole in rete della regione Friuli-Venezia Giulia, coordinate dal Liceo classico “Jacopo Stellini” di Udine, hanno sviluppato il percorso di formazione Costruire il futuro. L’IA entra a scuola, che aveva come obiettivo quello di arrivare a stendere delle Linee guida condivise (saranno presentate martedì 21 maggio nel Liceo Stellini) attorno a sei ambiti chiave: personalizzazione, valutazione, comunicazione, skills, privacy e etica. Attraverso incontri periodici (che si possono anche rivedere nella sezione dedicata al progetto presente sul sito del Liceo Stellini) i docenti e i dirigenti scolastici hanno potuto cominciare a conoscere cosa sia e come funzioni l’IA uscendo da luoghi comuni e facili riduzioni per poter implementare l’uso dell’IA nella pratica didattica a partire dall’a.s. 2024-25. Lo ha raccontato a Bologna Luca Gervasutti, il dirigente del Liceo Stellini.
Con un taglio altrettanto pratico e fattuale sono stati presentati i primi dati del progetto AI4S: Artificial Intelligence for School, organizzato da Università di Bologna e MODE insieme con l’associazione di dirigenti scolastici DiSAL con il coordinamento dei professori Panciroli e Rivoltella. 27 istituti scolastici di tutta Italia, statali e paritari, di primo e secondo ciclo, sono stati introdotti attraverso un percorso di ricerca-azione all’uso ragionato di applicativi di IA in ambito didattico. La scoperta più significativa per i 55 docenti formati come coach e per gli oltre 200 docenti sperimentatori? L’intelligenza artificiale offre risposte, ma per ricevere risposte utili e valide bisogna saper porre le domande giuste e questo richiede il protagonismo degli attori coinvolti, docenti e studenti e ancora di più la concreta relazione docente-studente; richiede lo sviluppo di non-cognitive skills (si pensi a solo titolo di esempio alla competenza di lavorare in team, di imparare ad imparare, del problem solving…); richiede infine l’esercizio concreto di una cittadinanza digitale consapevole per poter andare in profondità nell’avventura della conoscenza. Si tratta, come si diceva sopra citando Il Sole 24 Ore, di unire competenze tecniche a una forte matrice umanistica originale: il cuore della cultura greca è del resto il motto socratico di “sapere di non sapere” e quindi di interrogare la realtà tutta.
C’è, infine, un altro dato che emerge dal progetto AI4S: i docenti coach e sperimentatori si sono ritrovati nel cuore del fare didattica e non sulle barricate della difesa di un fortino destinato a crollare. E questo senza inseguire spasmodicamente e ansiosamente la novità e l’innovazione fini a se stesse, ma semmai riscoprendo il tempo disteso e lento della relazione e del consolidamento e della scoperta.
C’è evidentemente tanto da scoprire, c’è molto da regolamentare, c’è molto su cui formarsi (e ci auguriamo che i fondi dei DD.MM. 65 e 66 assegnati in questi mesi per la formazione di studenti e personale scolastica nell’ambito del PNRR possano essere usati in questo senso), ma è un ‘molto’ che può non spaventare se le scuole nelle loro autonomie, in rete tra di loro e con la ricca condivisione delle associazioni professionali sfrutteranno questa occasione per riconquistare il loro compito di introdurre alla realtà tutta, cioè alle domande di senso. Questa è la prospettiva della scuola 5.0: una scuola human-centric dove la tecnologia è strumento e non fine o contenuto.
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