Con i recenti provvedimenti presi a livello legislativo sull’Istruzione Tecnica e professionale (decreto aiuti-ter del 22 settembre 2022) e sugli ITS Academy (legge 99 del 15 luglio 2022) si è cercato di porre rimedio al problema ormai storico del nostro Paese di riuscire a formare tecnici specializzati, dotati di competenze aggiornate, oltre che di una necessaria e fondamentale base culturale.
Per entrambe le norme si tratta, pur nell’importanza del loro contenuto a livello di principi, poco più che di “annunci” che demandano la gran parte dell’operatività a decreti attuativi che probabilmente ritarderanno e porranno limiti pesanti all’attuazione operativa di azioni più che mai urgenti.
In realtà, come sovente è accaduto, si sono prese decisioni parziali che al contrario, per loro importanza, necessiterebbero di una reale “visione d’assieme” per dare finalmente al sistema educativo e formativo italiano ridondante e confuso una linea generale univoca e organica.
Comprendendo la difficoltà dell’argomento e consapevole della miriade di indicazioni contrapposte tutte motivate in modo preciso e spesso derivate da tendenze socioeconomiche contrapposte, provo ad avventurarmi in una proposta di semplificazione e riorganizzazione. Parto da alcuni dati incontrovertibili e da alcune tendenze che possono essere facilmente lette nella nostra società.
Mismatch tra domanda e offerta di lavoro
La rapida evoluzione delle tecnologie, ma anche delle modalità di gestione dei progetti, richiede competenze avanzate che il mondo della scuola non riesce più a dare da solo. Le aziende chiedono non solo tecnici preparati, ma anche persone formate come donne e uomini in grado di affrontare il lavoro in modo consapevole. La scuola secondaria superiore, non per demerito di docenti e dirigenti, ma in conseguenza dei cambiamenti tecnologici, sociali e culturali generali, non è più in grado, in generale, di sfornare persone “pronte al lavoro”.
Posticipato ingresso nel modo del lavoro dei giovani
Appare sempre più evidente come l’età di ingresso al lavoro dei giovani italiani si stia spostando in avanti, in molti casi si potrebbe dire “troppo in avanti”. Se da un lato sembra opportuno spostare a 18 anni l’obbligo scolastico o formativo in considerazione della richiesta di professionalità sempre più formate, anche ai livelli più operativi, dall’altro è necessaria una “road map” da confezionare per ogni individuo per consentirgli di non sprecare le risorse dei suoi anni migliori in ricerche spasmodiche di occupazioni per le quali non è preparato.
Disorientamento nella scelta del percorso formativo
Con le ultime riforme dei sistemi formativi nazionali i vari tipi di scuola si sono molto avvicinati e a volte sovrapposti tra loro. Gli istituti tecnici si sono in qualche modo “liceizzati” aumentando la parte di discipline umanistiche a discapito di quelle tecniche, gli istituti professionali si sono spinti verso i tecnici aumentando, almeno sulla carta, l’importanza di discipline teoriche, la formazione professionale regionale IeFP è andata a sovrapporsi quasi completamente all’istruzione professionale statale. Con un quadro di questo tipo diventa veramente un rompicapo la scelta del percorso di studi dopo la scuola media e gli studi che evidenziano in molti studenti agli ultimi anni delle superiori una sostanziale insoddisfazione rispetto alla scelta effettuata non possono ritenersi una sorpresa.
Ulteriore confusione e sovrapposizione si sta rischiando anche nel sistema terziario, dove a dispetto dei proclami e delle buone intenzioni di collaborazioni e integrazioni gli ITS Academy si sono visti calare dall’alto in chiara, ma non dichiarata, sovrapposizione le cosiddette “lauree ad indirizzo professionale” che ne hanno in parte copiato la struttura, ma stanti le rigidità del sistema universitario, da quando si può desumere dalle scarse notizie sulle sperimentazioni, non il risultato.
La proposta
Potrà sembrare una proposta semplicistica, ma spesso le cose semplici e lineari sono anche le più funzionali e foriere di risultati. Quindi, anche se immagino già le critiche accese dei nostalgici dell’istruzione “tecnica a tutti i costi” separata e distinta da quella liceale di chi sta ancora cercando nella scuola di oggi i mitici o meglio “mitologici” periti, geometri, ragionieri che hanno fatto grande l’Italia del secondo dopoguerra, o dei puristi che legano esclusivamente ai licei l’idea di una cultura “alta” non contaminabile con altri tipi di saperi, propongo di superare questa divisione anacronistica frutto di schemi mentali rigidi oramai superati in favore di sistemi “ibridi” in tutti i campi del sapere.
Non si pensi d’altra parte a una sorta di “annacquatura” dell’uno o dell’altro sistema nella consapevolezza che in futuro ci sarà sempre più la richiesta di acquisire competenze in ogni campo e che l’alto valore e la necessità dello studio deve accompagnare ciascuno nella propria carriera lavorativa.
A partire dalla scelta dopo la scuola media inferiore – segmento nel quale non mi addentro, ma ugualmente degno di una seria revisione – si potrebbe pensare a una scuola secondaria senza distinzioni tra licei, tecnici e professionali, di quattro anni (come si sta già sperimentando sulla base di indicazioni europee), composta da due bienni dei quali il primo assolutamente incentrato sulle competenze di base e il secondo indirizzato a possibili indirizzi, ma non finalizzato a uno sbocco diretto al lavoro.
Specializzazione e preparazione diretta e finalizzata al lavoro attribuita al sistema terziario ITS Academy e Università: gli ITS con un percorso “misto” tra scuola e azienda, svolto in apprendistato quindi con già un contratto di lavoro in essere, e l’Università con il ruolo che gli compete di formazione teorica avanzata.
In parallelo dovrà essere sviluppata una formazione professionale destinata a formare le figure più operative e proprio per questo inserita in modo importante nel sistema produttivo e dei servizi. Un sistema, quest’ultimo, simile a quello che in Europa esiste da decenni sotto l’appellativo di “Vocational”.
Snellire, semplificare, razionalizzare con visione di sistema libera da retaggi culturali o ideologici sembrano essere le parole d’ordine per il futuro dell’istruzione nazionale, ma se ne potrebbero aggiungere molte altre come formare i formatori, riformare e dare dignità alla professione del docente, collegare formazione iniziale a lifelong learning, aprire e condividere gli ambienti formativi e i laboratori al territorio.
Resta di fondo l’obiettivo di formare donne e uomini per dar loro una vita di soddisfazione: solo così progredirà l’intero sistema-Paese.
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