In tutti i dibattiti sull’occupazione ricorre un’osservazione che colpisce tutti gli interlocutori. Abbiamo sempre fame di posti di lavoro, ma si stima che vi sia quasi un milione di posti disponibili che non trovano il lavoratore adatto per coprire la domanda delle imprese. È il risultato del famoso mismatching fra competenze richieste e la formazione dei giovani che arrivano ad affacciarsi al mercato del lavoro (tralasciamo poi le ragioni più prettamente economiche legate ai salari, ecc.).



La risposta che viene offerta in tutti i simposi è che serve più orientamento. Termine che può significare molte cose, ma che rimanda a ritardi del nostro sistema di regolazione dei percorsi scuola-lavoro. In realtà, l’orientamento rientra fra quei servizi che possiamo definire di prevenzione nell’ambito dei percorsi di studio e di formazione. Si sa che nel nostro Paese la prevenzione, da quella sanitaria alla sicurezza, non è il settore dove dimostriamo la capacità di eccellere che abbiamo in altri.



Per quanto riguarda, però, l’ambito dei percorsi scolastici e formativi il ritardo è particolarmente profondo. Si sono succeduti esperimenti di schemi nazionali, sono seguiti tentativi a base regionale, le rappresentanze delle imprese tramite il sistema camerale hanno fatto alcune sperimentazioni a livello territoriale, ma non è mai decollato un sistema capace di indicare alle famiglie i diversi percorsi formativi e gli sbocchi lavorativi collegati. Si è lasciato per lo più agli insegnanti il compito di dare consigli, ma che figurano troppo spesso slegati dai desideri dei ragazzi e soprattutto dalla necessità di coniugare il desiderio con le opportunità del sistema formativo e le attitudini individuali.



Che il nuovo ministro dell’Istruzione e del Merito si occupi quindi di rivolgersi a tutti i genitori di ragazzi che stanno concludendo la terza media e che devono compiere la scelta del percorso formativo per gli anni a venire, è stata una scelta di vero buon senso. E di puro buon senso sono le 20 righe che il Ministro rivolge ai genitori. La parte utile del documento dovrebbe però essere l’allegato. Questo documento illustra le probabilità di avere sbocchi occupazionali alla fine dei diversi cicli scolastici e formativi.

I documenti preparati per avere una diffusione di massa dovrebbero essere fatti e pensati per essere compresi da chi ha una preparazione minima. Il documento inviato risulta chiaro e interpretabile solo da chi sa maneggiare numeri, percentuali e statistiche a un buon livello.

Prendiamo in considerazione anche solo l’inizio. Si dice che a conclusione dei percorsi liceali poco più del 20% dei ragazzi trova lavoro, la percentuale sale oltre il 40% alla conclusione di un istituto tecnico e supera il 60% se si frequenta un corso di formazione professionale. C’è qualche trucco in questi numeri apparentemente semplici? Una semplice riflessione porta a notare che i percorsi liceali sono pressoché preparatori per poi passare all’università o a percorsi di formazione superiore e non per entrare nel mercato del lavoro. Ma questa osservazione manca e non sono lontano dal vero a pensare che più del 50% dei genitori non ha strumenti per interpretare e leggere correttamente quanto esposto nell’allegato.

L’errore sta probabilmente nell’impostazione di fondo. Il servizio di orientamento dovrebbe rispondere alla domanda che viene dal ragazzo davanti alla scelta di capire il percorso per arrivare alla professione che vorrebbe fare. Ora, se il desiderio espresso fosse quello di fare l’astronauta la strada maestra che normalmente verrebbe indicata è liceo, poi ingegneria areonautica. poi settori di specializzazione. Ma se mi trovo di fronte a un ragazzo che ha maggiori attitudini al fare e poca concentrazione sulle teorie posso indicare percorsi anche di formazione professionale, esperienze di apprendistato con sistema duale fino alla formazione terziaria, magari un periodo in areonautica e si troverebbe a pari o addirittura più preparato di chi ha seguito il percorso scolastico più tradizionale.

Le indicazioni di probabilità di inserimento al lavoro al termine dei diversi percorsi e la speranza di reddito che ne può derivare sono indicatori che vengono dopo l’aver valutato la personalizzazione dei percorsi fatta sulla base di desideri, attitudini e opportunità di diversificazione dei percorsi possibili.

Con un’avvertenza particolare. Nessuno dovrebbe essere condannato a un solo percorso sulla base della scelta iniziale. Percorsi scolastici liceali e tecnici, così come percorsi di formazione professionale, devono prevedere sempre passerelle che permettano di passare da un percorso all’altro senza perdere le competenze acquisite. Più questa attenzione è posta a base dei sistemi regionali di sostegno alla formazione professionale e allo sviluppo del sistema duale con il sistema scolastico statale e maggiore sarà anche la possibilità di tranquillizzare le famiglie nella fase della scelta. Sapere che la possibilità di correggere eventuali errori iniziali è addirittura previsto dal sistema formativo e che il sostegno sarà costante lungo tutto il percorso formativo alleggerirà il peso della scelta, soprattutto per le famiglie con minori strumenti a disposizione.

Per le prossime uscite sull’orientamento consigliamo a Ministero e Regioni di cercare di partire dai bisogni reali delle famiglie e dalle domande e desideri dei ragazzi che devono compiere una scelta importante. Predisporre un sistema scolastico e formativo sempre più ricco di opportunità è il loro compito. Poi il sostegno alla decisione sarebbe meglio assegnarlo a quelle realtà sociali del Terzo settore che sanno fare compagnia a giovani e famiglie.

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