Sul futuro del mondo del lavoro gli scenari sono tanti, ma le certezze sono poche. Sarà forse vero che i bambini che entrano oggi a scuola tra vent’anni lavoreranno in imprese che non ci sono ancora, svolgeranno mansioni tutte da inventare, avranno a che fare con i contratti e i sindacati solo se leggeranno libri di storia. La rivoluzione informatica, per non parlare dell’Intelligenza artificiale, sta cambiando gli scenari così velocemente che le logiche del passato sulla formazione, sull’educazione, sui processi scolastici appaiono infatti sempre più incapaci di affrontare realtà in forte evoluzione.
Ma il fatto che il futuro stia correndo non può diventare un alibi per non affrontare i tanti problemi e per non mettere in luce le tante opportunità che si presentano ai giovani d’oggi. Giovani che spesso vengono descritti come svogliati e distratti (dai social network), “bamboccioni” a cui piace stare sotto la protezione dei genitori, e che tuttavia in molti casi sono capaci di diventare imprenditori di se stessi, di sviluppare start-up innovative, di cercare nuove strade superando le logiche formali e burocratiche.
Una panoramica, attenta e attuale, della dimensione giovanile di fronte ai problemi della scuola e del lavoro è quella realizzata con efficacia nel libro di Valentina Magri e Francesco Pastore “Gioventù bloccata” (Ed. Il Sole 24 Ore, pagg. 300, € 16,90). Magri, giornalista specializzata in economia e finanza, e Pastore, già professore di economia politica all’Università della Campania, prematuramente scomparso lo scorso anno, hanno messo in fila con ordine e precisione le tante componenti del rapporto tra scuola e lavoro in una realtà come quella italiana contrassegnata da vincoli e lacci e dalla sottile tentazione gattopardesca di cambiare tutto per non cambiare nulla.
Se è vero che mettere a fuoco i problemi è già fare un passo in avanti per la loro soluzione, allora questo libro può costituire una guida per quanti, dai genitori ai docenti, ai politici, agli stessi giovani, possono (e quindi devono) fare qualche piccolo passo per cercare soluzioni a problemi che non sono mai troppo grandi per non essere affrontati.
Non serve la bacchetta magica. Servono tanti piccoli passi per tentare di avvicinare il sistema scolastico a quello delle imprese, per far conoscere il mondo del lavoro all’interno dei percorsi educativi, per valorizzare, per esempio, gli Its, quegli Istituti tecnici superiori che offrono una formazione altamente qualificata e che sono spesso ingiustamente considerati dei percorsi di serie B. Così com’è importante superare le vecchie logiche degli uffici di collocamento, pur ribattezzati Centri per l’impiego, intrecciando le potenzialità dei social network con l’esperienza consolidata delle agenzie private per il lavoro.
La scuola di base si trova di fronte al difficile compito di mantenere in equilibrio lo sviluppo della conoscenza e della cultura umanistica con l’approfondimento delle capacità tecniche e professionali. Perché le aziende non cercano solo competenze specifiche, sempre importanti, ma anche quelle soft skill che costituiscono la premessa per affrontare e risolvere i nuovi problemi. Anche se queste stesse aziende dovrebbero cercare di essere attraenti verso i giovani, magari con salari di base meno lontani da quelli che possono essere ottenuti andando all’estero.
“Questo libro – scrive Alessandro Rosina nella postfazione – offre un importante contributo per migliorare la consapevolezza dell’importanza dell’investimento sul capitale umano delle nuove generazioni e sulla sua valorizzazione nei processi di crescita e di produzione di benessere”.
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