È stagione di scelta per i giovani che a conclusione del primo percorso scolastico si iscrivono alla fase che li porterà a individuare la famiglia professionale di appartenenza e poi al mondo del lavoro. Sono i mesi in cui tutti si pongono la domanda da su cosa vogliono fare da grande.
La risposta che è troppo spesso mal suggerita dalla famiglia è prevalentemente quella dei percorsi liceali. Più stabile il liceo scientifico, in leggero calo il classico che perde per la crescita dell’umanistico. Comunque il 55,6% delle prescrizioni sono per percorsi liceali, il 31,7% per istituti tecnici, il 35% per quelli economici e il resto per il settore tecnologico. Cenerentola dei percorsi scolastici resta la formazione professionale.
È però questo il settore che quest’anno mostra la possibilità di un cambiamento significativo: la sperimentazione del percorso 4+2. Significa che gli istituti che vogliono provare posso organizzare un percorso di istruzione tecnica che ha la durata di 4 anni e rilascerà un diploma. Il prosieguo di alta specializzazione può essere perseguito con due anni in ITS e avere così un titolo di studio riconosciuto di livello terziario.
Va qui fatto un inciso per i digiuni di informazioni specialistiche. La sottolineatura ripetuta dei titoli che vengono rilasciati a conclusione dei diversi percorsi è dovuta al valore legale del titolo di studio che è uno dei vincoli che abbiamo in Italia e che limita la valorizzazione dei percorsi formativi e di acquisizione di competenze se non certificati da un esame, quello di stato (maturità, laurea ecc.), che conclude il ciclo di studio.
Tornando alla sperimentazione 4+2, questa vuole essere la risposta al poco peso che la formazione al lavoro ha nel nostro Paese rispetto agli altri principali partner europei dove coinvolge il 40% circa dei giovani nel ciclo secondario superiore. Vuole anche essere la risposta al mismatching che viene denunciato dalle aziende che non trovano lavoratori con la formazione adeguata per coprire quasi il 50% dei posti di lavoro scoperti.
Come tutte le innovazioni, anche questa richiede un grande sforzo di diffusione perché possa diventare una scelta considerata alla pari delle altre opzioni. Per fare conoscere la riforma in generale e per presentare quanto proposto direttamente, il centro di formazione professionale Galdus a Milano ha avviato più giorni di iniziative aperte alla città. Più iniziative perché molti sono gli interlocutori da coinvolgere.
Ci si deve rivolgere alle famiglie perché smettano di considerare la formazione professionale la scelta di serie C cui ricorrere solo in presenza di sconfitte scolastiche. Le scuole, con i professori e tutti coloro che sono impegnati nelle fasi di orientamento, devono essere aggiornati sulle nuove opportunità. L’orientamento più in generale va potenziato e anche qui deve passare il messaggio che non vi è una scala di valore fra i diversi percorsi scolastici, ma che vi è una distribuzione orizzontale fra una formazione che vede prevalere la cultura intellettuale e quella che vede l’affermazione della cultura attraverso il fare. Addestrarsi al lavoro tiene assieme mani e cervello da qualunque parte si inizi.
Per convincerci di quanto è necessario un rinnovato impegno nell’orientamento e nell’indirizzare alla migliore scelta dei percorsi scolastici dobbiamo guardare al ritardo che il nostro Paese ha nella classifica della povertà educativa.
La definizione di povertà educativa misura assieme due dimensioni del problema. C’è povertà se c’è un livello di istruzione inferiore alla scuola secondaria superiore e se si posseggono bassi livelli delle competenze di base.
Il nostro Paese è penultimo in Europa per diffusione del livello di istruzione superiore. Ben il 22% della popolazione fra i 25 e i 34 anni non raggiunge un livello secondario superiore di formazione. Anche per le competenze di base siamo in coda per la conoscenza della matematica di base nella popolazione nel complesso e anche fra i giovani sotto i 15 anni. In più anche il sistema scolastico italiano mostra accentuate diseguaglianze dovute ai territori (nord-sud) e alle differenze sociali. Tuttora la scuola tende a riprodurre le differenze sociali di partenza e perde sempre più la caratteristica di ascensore sociale. Anche il livello di formazione terziario ci vede in ritardo. Solo il 20% della popolazione 25-64 anni italiana ha una laurea contro il 42% della Francia e il 33% della Germania.
Se i dati esposti ci indicano la gravità del problema, una presa di coscienza collettiva che tenga conto della necessità di trovare soluzioni ai nostri ritardi non c’è ancora. Insistere perché i percorsi di formazione tecnica e professionale possano crescere è sicuramente una risposta. Non potrà essere l’unica, ma intanto un percorso di studi che porti al livello terziario con titolo di studio riconosciuto post-diploma e con una durata complessiva di 6 anni, come nei principali Paesi avanzati, può portare a dimenticare che era il percorso ritenuto in fondo classifica e farlo diventare una reale alternativa alla troppo forte liceizzazione del nostro sistema scolastico.
In Lombardia la sperimentazione 4+2 è stata presa sul serio. Il sistema regionale della formazione professionale produrrà già con l’anno scolastico 2024/25 104 percorsi formativi a cui si aggiungeranno 17 percorsi degli istituti tecnici statali o paritari.
Galdus ha colto inoltre l’opportunità per rivolgersi non solo agli studenti che concludono il livello secondario di primo grado, ma anche ai fratelli maggiori. Anche all’uscita delle scuole superiori la scelta universitaria non è più obbligata. Con un tasso di occupazione a fine corso superiore al 90% e soprattutto con la capacità di formare per professioni tecniche di alto livello direttamente a contatto con le imprese, gli ITS Academy sono messi al centro di momenti di orientamento rivolti ai diplomandi.
Per fare toccare con mano e vedere in azione i protagonisti delle professioni Galdus ha completato il proprio campus acquisendo un nuovo spazio dove fare incontrare professionisti e giovani curiosi di capire quali sono le professioni che rispondono di più al loro desiderio. Saranno incontri rivolti a studenti dai 13 ai 19 anni che potranno confrontarsi con professionisti e imprenditori. Da settembre già 150 imprese si sono dette disponibili a fare parte dei momenti di incontro. L’orientamento trova qui un modo concreto per diventare un accompagnamento verso la risposta migliore alla domanda “cosa voglio veramente fare da grande?”
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