Come deciso e perseguito con una certa cocciutaggine, il 14 settembre sono ripartite le attività scolastiche. Qualche regione ha rinviato l’avvio di 2 o 3 settimane, le altre si sono comunque fermate per permettere di allestire i seggi elettorali negli edifici scolastici. L’attenzione è concentrata sugli effetti che la convivenza di tanti giovani nelle aule avrà sulla diffusione delle infezioni da Covid. Per ora non si segnalano casi di particolare gravità e anzi si sottolinea come i casi di ricovero siano dovuti più alle disattenzioni vacanziere che non alla vicinanza sui luoghi di studio o di lavoro.
Al centro dei dibattiti il focus è stato sui bambini delle elementari e sul comportamento più o meno responsabile dei liceali, ma è sfuggito ai commentatori che è ripartita anche la formazione professionale. È un settore educativo che copre la fascia fra i 14 e i 18 anni in crescita e sempre più osservato con attenzione per la capacità di essere in grado di rispondere alla formazione delle figure professionali più richieste dall’evoluzione dei settori produttivi. L’istruzione e formazione professionale è organizzata su base regionale e rappresenta ormai oltre il 12% dei percorsi scolastici per i ragazzi dopo il ciclo primario.
I modelli regionali non sono ovviamente tutti uguali. Molti sono fermi alla formazione in settori tradizionali e ricalcano errori o ritardi della formazione statale, in altre regioni si è favorita la crescita di poli formativi attenti alle esigenze dell’industria e dei servizi ed è cresciuto un nuovo settore di operatori dell’istruzione e del mercato del lavoro.
Con l’introduzione della sperimentazione del sistema duale (alternanza di formazione fra aula e impresa con l’uso del contratto di apprendistato di primo livello) si è aperta la possibilità di dare vita a un settore parallelo e, tramite passerelle di interscambio, intersecante il percorso scolastico tradizionale.
Le regioni che hanno colto le potenzialità di tale sistema offrono già oggi ai ragazzi che vogliono privilegiare il sapere pratico rispetto a quello teorico percorsi che vanno dall’assolvimento dell’obbligo ai 16 anni fino al conseguimento di competenze di livello terziario (quindi parauniversitario) di tecnici specializzati attraverso una somma di contratti di apprendistato e il passaggio dall’istruzione e formazione professionale iniziale alla specializzazione attraverso gli IFTS e poi l’acquisizione di titoli ulteriori come tecnici specializzati con il biennio agli ITS. È la riproposizione italiana del sistema duale da sempre applicato nei Paesi germanici e che ha dato ottimi risultati come risposta all’occupabilità dei giovani.
Proprio per la sua caratteristica di essere strettamente connesso agli sbocchi occupazionali e dal vedere nell’alternanza fra aula e impresa la caratteristica del percorso formativo si è da sempre collegato al ministero del Lavoro più che a quello dell’Istruzione. Ma dato che, quando una soluzione sembra semplice, insorgono complessità infinite nella sua realizzazione, anche il sistema duale non è riuscito a sfuggire agli interventi dei famosi burocrati dell’U.C.A.S. (Ufficio Complicazione Affari Semplici).
La dualità del sistema, oltre che per l’alternanza scuola-impresa, è data anche dall’avere fin dell’avvio due obiettivi: assicurare di completare il ciclo dell’obbligo, e quindi per i primi due anni legarsi al ciclo dell’istruzione (vale sia per fondi che per obiettivi che dipendono dal ministero dell’Istruzione), e perseguire la formazione professionale che dal compimento del 15° anno può essere coperta da contratti di apprendistato e un rapporto quindi sia scolastico che lavorativo.
Quando è stata avviata la sperimentazione del sistema duale ci si è appoggiati al ministero del Lavoro, ma per quanto riguarda gli ITS si è aperta una specifica direzione al ministero dell’Istruzione togliendo al sistema duale italiano la parte finale come se i tecnici di alto livello, formati in percorsi di aula spesso con professori che sono dirigenti delle aziende stesse dove sviluppano le conoscenze pratiche, fossero cosa da riportare sotto l’egida scolastica e non un nuovo modo di favorire percorsi lavorativi.
In questo groviglio il governo giallo-verde si è caratterizzato per i tagli di risorse, il disinteresse e la disarticolazione di tutti gli strumenti che avevano avviato il sistema duale e l’alternanza scuola-lavoro. L’attuale governo giallo-rosa ha fatto dichiarazioni a favore del rilancio del sistema duale, ma in realtà ha lasciato le cose come stavano al ministero del Lavoro e sta tagliando risorse e strumenti degli ITS presso il ministero dell’Istruzione. Il rischio poi di confondere gli ITS come un possibile sottoprodotto delle università sarebbe la pietra tombale su un percorso di alte qualifiche che trovano nel dialogo fra formatori indipendenti dalla burocrazia universitaria e imprese la possibilità di offrire, fino ai livelli più alti, percorsi formativi paralleli, con interscambi, ma anche con una giusta dose di competitività ai percorsi scolastici tradizionali.
Si vada quindi a una decisione risolutiva portando tutto il ciclo duale entro un modello che sta dentro alle politiche per il lavoro giovanile e si favorisca la diffusione nazionale di operatori della formazione professionale capaci di essere anche vere e proprie agenzie di dialogo permanente fra esigenze formative delle imprese e crescita delle opportunità di lavoro.