Tre studenti morti in azienda durante le attività di Pcto (ex Asl) nel corso di questo 2022 (e altri infortuni, anche gravi) non possono non aprire una riflessione approfondita per arrivare a interventi concreti in tempi brevi, che siano di revisione più o meno sostanziale o di correzione degli aspetti di rischio.

Le reazioni dopo l’incidente mortale

Dopo l’ultimo incidente mortale del 16 settembre, sono riprese con forza le polemiche sui Pcto, con posizioni contrapposte, non prive di connotazioni ideologiche, fra chi nega del tutto la validità dell’esperienza scolastica in contesto lavorativo e chi difende l’efficacia dell’apprendimento on the job con la dovuta attenzione alla sicurezza.



La Rete degli Studenti Medi (e una parte della sinistra) ne chiede l’abolizione. “Questa non è scuola, questo non è lavoro”, dicono. Già avevano organizzato importanti mobilitazioni per gli studenti morti a gennaio e febbraio, chiedendo al ministro di intervenire, ma non hanno avuto riscontro.

La Cgil è sempre stata contraria all’obbligatorietà e alla precisa quantificazione oraria, introdotte dalla legge 107/2015 (Buona Scuola). I Pcto, sostiene il sindacato, devono costituire un’opportunità formativa pienamente inserita e valorizzata nei percorsi di studio. Ma si deve evitare qualsiasi forma di lavoro gratuito mascherato, escludere tassativamente l’inserimento in contesti lavorativi a rischio e stabilire standard rigorosi. La Cgil chiede una revisione normativa non più rinviabile.



Valentina Aprea, deputata di Forza Italia, non accetta il “no a prescindere” da parte di chi è “ideologicamente contrario da decenni alle esperienze formative di alternanza scuola-lavoro nei percorsi di studio”. Secondo la Aprea non ha senso mettere in discussione “questa importantissima modalità di apprendimento on the job, del resto così raccomandata dalla Ue e dagli organismi internazionali”. Bisogna piuttosto esigere dalle imprese il rispetto delle norme che già ci sono e degli accompagnamenti personalizzati di ciascuno studente.

La legislazione scolastica è tutta a favore di Asl e Pcto

Vale la pena di fare il punto della situazione sotto l’aspetto normativo, per capire dove è il caso di intervenire. L’Asl, poi denominata Pcto, è stata implementata con pari convinzione tanto da governi di destra quanto da governi di sinistra, forse perché in qualche modo “ce lo chiede l’Europa”, come ricordato al punto successivo.



Prevista nella legge Moratti 53/2003, l’Asl è stata istituita con il decreto 77/2005 come “modalità di realizzazione dei corsi del secondo ciclo, sia nel sistema dei licei, sia nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, per assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro”. I percorsi in alternanza “sono progettati, attuati, verificati e valutati sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa”, sulla base di apposite convenzioni con imprese, Camere di commercio, enti vari.

Con la legge Renzi 107/2015 l’Asl diventa punto cardine della Buona Scuola con una quantificazione oraria obbligatoria e definita: “Al fine di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti, i percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, sono attuati, negli istituti tecnici e professionali, per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell’ultimo anno del percorso di studi, di almeno 400 ore e, nei licei, per una durata complessiva di almeno 200 ore nel triennio”. Aspetto questo che ha messo in difficoltà molte scuole, tanto che la legge 145/2018 ha abbassato le quote orarie e ridenominato l’Asl come Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (Pcto), al fine di spostare l’attenzione sulla valenza orientativa rispetto alle opportunità di studio o di lavoro post-diploma.

Che l’Asl/Pcto sia ormai diventata un punto cardine dell’istruzione di secondo grado è confermato dal fatto che l’esperienza entra nell’esame di Stato e nella valutazione (Decreto legislativo 62/2017).

“Ce lo chiede l’Europa”

Tutto il discorso delle “competenze”, in contrapposizione alle conoscenze nozionistiche della scuola vecchia maniera, è cominciato almeno un ventennio fa. La prima definizione compiuta la troviamo nella Raccomandazione Ue del 2006, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente. Nel 2018 il Consiglio dell’Unione Europea ha poi adottato un’importante revisione. “Sembra in particolare – sta scritto nella nuova raccomandazione – che non basti più dotare i giovani di un bagaglio fisso di abilità o conoscenze; è necessario che sviluppino resilienza, un ampio corredo di competenze e la capacità di adattarsi ai cambiamenti”. Compare la parola “resilienza”, la più in voga in questo periodo, che ben esprime la filosofia dei tempi in cui viviamo.

Fra le competenze da sviluppare ci sono quelle personali e sociali, e la capacità di imparare a imparare. Si tratta appunto di quelle competenze trasversali che ispirano i Pcto. Le nuove Linee guida ministeriali del 2019 descrivono puntualmente “l’evoluzione degli orientamenti europei” e trattano in particolare le “soft skills”, che sono il traguardo formativo dei percorsi e si acquisiscono “attraverso la dimensione operativa del fare”.

Le Linee guida ministeriali si soffermano anche sulle misure di tutela della salute e sicurezza degli studenti frequentanti i Pcto, attraverso la selezione, da parte delle scuole, di strutture ospitanti sicure e tramite la formazione e la protezione degli allievi dai rischi.

L’apprezzamento degli studenti

Va rilevato comunque che la dimensione operativa del fare piace ai nostri studenti. Le prime forme di raccordo tra scuola e lavoro e di stage in aziende del territorio si sono sperimentate, negli istituti tecnici e professionali, ben prima dell’introduzione della normativa sopra richiamata, con grande soddisfazione di quella parte di studenti che sceglievano questi percorsi proprio per la possibilità di imparare facendo pratica.

Nei questionari di gradimento che vengono somministrati al termine dell’Asl/Pcto, la grande maggioranza degli studenti si dichiara soddisfatta dell’esperienza svolta in contesto lavorativo. In particolare essi apprezzano la coerenza col proprio percorso di studio e con gli interessi personali, e il fatto di essere seguiti adeguatamente dal tutor aziendale.

Nel periodo della pandemia, le scuole hanno dovuto affrontare molte difficoltà organizzative, che quest’anno sembrano superate. La necessità di dover coprire l’intero monte ore obbligatorio (benché ridotto rispetto alla legge 107/2015) ha comportato, in molte situazioni, il ricorso a qualche escamotage, conteggiando come alternanza alcune attività svolte in aula, ma considerate propedeutiche o correlate. In tal caso però il gradimento degli studenti è minore. Una delle ipotesi di revisione dei Pcto è infatti quella di togliere il tetto di ore obbligatorio, che consentirebbe di puntare su esperienze selettive e di qualità, con maggior attenzione a tutti gli aspetti legati alla sicurezza.

Il vero problema è la sicurezza nei luoghi di lavoro

Se, da un lato, lascia sgomenti la morte di tre studenti in pochi mesi durante le attività di alternanza svolte in azienda, pensiamo che nello stesso periodo si contano quasi tre morti al giorno per incidenti sul lavoro. Un fenomeno impressionante, sottovalutato dai media e ignorato dalla campagna elettorale appena trascorsa, attentissima a ogni pettegolezzo, ma cieca e sorda sul problema delle condizioni del lavoro. Nei primi sette mesi del 2022 si registrano oltre 600 vittime di incidenti mortali, in media 81 ogni mese. Le denunce di infortunio, inoltre, sono state 441mila.

E pensare che di sicurezza sul lavoro si parla da decenni, con una legislazione specifica che si è via via sviluppata negli anni, poi riunita e sistemata nel corpus del Testo Unico per la Sicurezza sul Lavoro del 2008, con tutti gli obblighi dettagliati e sanzionati a carico del datore di lavoro e del lavoratore, e con la prevista formazione obbligatoria a carico di chiunque.

Il vero punto su cui intervenire prioritariamente è pertanto quello di applicare per davvero la legge e accrescere la cultura della sicurezza così tragicamente trascurata. Un buon segnale pare arrivare proprio in questi giorni dalla nuova presidente delle Corte costituzionale, Silvana Sciarra, giuslavorista, che, fra le tante dichiarazioni fatte ai giornalisti dopo la sua elezione, ha posto l’accento anche sulla sicurezza nel lavoro. “Il sistema di leggi in Italia sulla tutela della salute nei luoghi di lavoro è molto avanzato”, ha detto. “A volte però forse ci sono stati errori e omissioni. Bisogna insistere usando le leggi già molto avanzate. Non siamo privi di regole, ma c’è una scarsa attenzione nell’attuarle nel modo migliore”.

Nello specifico dei Pcto, bisognerà comunque rivedere in parte la normativa, fare maggiore attenzione alle aziende da selezionare, pretendere che il tutor, esterno e interno, sia presente e attivo nella sua funzione, in modo da garantire un effettivo ed efficace supporto ai giovani tanto nelle attività di apprendimento quanto nel rispetto delle norme su salute e sicurezza.

Tuttavia, sull’onda emotiva di quanto accaduto, non si deve buttare via il bambino con l’acqua sporca, cancellando i Pcto e privando gli studenti di utili e apprezzate esperienze in contesto lavorativo, che ampliano le loro conoscenze e competenze.

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