Nel polverone informativo su ministri e ministeri, in cui ciascuno cerca di prevedere il “che cosa”, adesso che si sa il “chi”, in mancanza di una sfera di cristallo, basandosi sul loro curricolo che cosa si può dire sui due ministri che si faranno carico degli enormi problemi del sistema formativo?
Si può partire dal fatto che due ministri su due sono giuristi, o quantomeno laureati in legge, e se ci aggiungiamo per affinità anche il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, che però fa il giornalista, temo che abbiamo uno spaccato forse involontario ma abbastanza significativo del peso che ha avuto e potrà avere un approccio burocratico-istituzionale ai temi educativi.
Le storie personali sono però diverse. Il senatore Giuseppe Valditara ha una esperienza politica e accademica di buon livello: professore ordinario di diritto privato romano e storia del diritto pubblico romano nell’Università di Torino, è stato dal 2006 al 2013 segretario della commissione VII che comprendeva scuola, università e ricerca, occupandosi soprattutto dell’università, tanto che il suo incarico successivo è stato quello di capo dipartimento per la formazione superiore e la ricerca. La logica avrebbe voluto che gli fosse affidato appunto il ministero dell’Università e della ricerca, ma evidentemente la logica non è l’elemento dominante in questo tipo di decisioni. Comunque conosce i meccanismi di viale Trastevere ed ha una buona immagine scientifica: si può sperare che scelga dei collaboratori in grado di colmare le sue carenze conoscitive specifiche.
All’Università è andata invece Annamaria Bernini, professore associato di diritto pubblico comparato all’Università di Bologna: non li ho controllati tutti, ma tra i ministri “universitari” più recenti abbiamo una maggioranza di rettori (Berlinguer, Profumo, Carrozza, Giannini, Manfredi, Messa…), il che non ne fa necessariamente dei buoni ministri, ma in un ambiente in cui le componenti simboliche sono molto importanti forniva un punto di partenza di prestigio. In aspettativa dal 2008 per incarichi politici, nel suo curricolo non figurano incarichi che abbiano a che vedere con l’università o con la ricerca: in un ministero a elevata intensità di tecnici, non le sarà facile ambientarsi, ma probabilmente avrà un supporto politico sufficiente a prendere delle decisioni, possibilmente sensate, almeno me lo auguro.
Del resto, lo scenario pre-elezioni non era molto favorevole alla scuola: al quattordicesimo posto su 15 punti per il centrodestra (seguita solo dallo sport) con un programma che tiene insieme libertà educativa, stipendi dei docenti e potenziamento degli istituti professionali. Il centrosinistra sembra a parole più convinto, con una collocazione a metà classifica (a pagina 21 su 35), ma con provvedimenti episodici e un po’ di immagine: mense e trasporti gratuiti, aumento degli stupendi. I singoli partiti e movimenti non vanno meglio, e del resto della scuola nel totoministri si è parlato pochissimo, come pure dell’università, con buona pace della centralità del sapere nella società della conoscenza.
Che dire? Posto che è preferibile sospendere il giudizio fino al momento in cui li vedremo all’opera, per il momento non resta che fare molti auguri ai nuovi ministri, ma soprattutto molti auguri alla scuola e all’università.
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