Alessandro Artini, affrontando la questione delle richieste dei “docenti no vax” (ennesima etichetta semplificatrice immessa sul mercato dell’informazione), ha scritto su queste colonne che “viviamo in una società storicamente caratterizzata dai diritti individuali, che, di conseguenza, vive una condizione di disagio quando si confronta con l’idea di un obbligo o con il concetto di ‘dovere’. Una società (e una politica) che ha scarsa dimestichezza con l’attuazione di scelte all’apparenza impopolari o scelte verso le quali una minoranza di cittadini può opporsi”.
Se ne evince che quella dei “docenti no vax” è solo la pretesa di una minoranza che accampa diritti e non guarda al dovere di un bene collettivo e che invece la politica seria, quella che sa fare scelte ponderate anche se impopolari, dovrebbe tapparsi le orecchie e tirare dritto. E così i docenti che osano protestare contro un decreto che li tratta come pericolosi untori e sovversivi, oltre che il ricatto del pane (fai pure come ti pare, ma ti tolgo lo stipendio) devono subire anche il ricatto morale (fai pure come ti pare, ma sei un mascalzone che non è capace di mettere la propria libertà al secondo posto rispetto alla libertà degli altri). Insomma, al di là della questione vaccini, Artini allarga il discorso e ci conduce ad un’interessante riflessione più ampia.
La questione è: questa società, “storicamente caratterizzata dai diritti individuali”, può ergersi a giudicare la liceità della scelta morale di qualcuno? Può seriamente o in modo convincente, coerente, credibile, predicare che la tua libertà finisce quando comincia quella di un altro? Attenzione: la società siamo tutti noi, con quello che pensiamo e con le scelte che facciamo ogni giorno. E allora facciamoci anche un bell’esame di coscienza. Sarà un po’ doloroso, ma se ci aiutasse a recuperare un minimo di consapevolezza potremmo anche dire che questa pandemia non è arrivata invano. Dunque andiamo con l’elenco.
Noi siamo quelli che in nome del diritto individuale abbiamo fatto molta strada in direzione della distruzione del vincolo coniugale. Questa distruzione coinvolge almeno una persona (il partner), ma in molti, moltissimi casi lede il diritto dei figli ad essere felici dentro una famiglia il più possibile unita. In molti, moltissimi casi il mio diritto ad essere felice calpesta il diritto degli altri. Noi abbiamo innalzato questo diritto a legge, noi siamo convinti che difendere questo diritto sia un atto di civiltà. Prendiamone atto.
Noi siamo quelli che abbiamo innalzato a diritto (e lo sventoliamo pure come un emblema di civiltà) la possibilità di abortire. La libertà individuale lede la libertà di nascere garantita dalla natura. Noi conviviamo con questo diritto, con gli 80mila aborti (quelli ufficiali, e solo in Italia) che ogni anno la nostra società effettua. Prendiamone atto.
Noi siamo quelli che per il diritto ad avere un figlio creiamo embrioni umani, ne distruggiamo la maggior parte, poi distruggiamo o congeliamo i soprannumerari che sopravvivono. Noi siamo la società che senza problemi si è abituata a questo. Prendiamo atto.
Noi siamo quelli che per il diritto ad avere una sessualità libera di fare tutto e il contrario di tutto, stiamo accettando senza problemi la pratica neo-schiavista dell’utero in affitto e decidiamo a priori che un bimbo dovrà crescere in una “famiglia omoparentale”. Anche questo è un dato di fatto.
Noi siamo quelli che ci apprestiamo ad approvare il diritto di un individuo ad autodistruggersi, infrangendo i legami con tutti, e questo diritto lo chiamiamo “buona morte” e ci sentiamo anche molto umani e pietosi nel riconoscerlo.
Noi siamo quelli che discutiamo ancora del diritto alla droga libera e legalizzata, come un diritto alla libertà (e poco importa se anche questo diritto distrugge rapporti, famiglie, la convivenza civile).
Mi fermo. Noi siamo tutto questo. Ogni giorno, senza più neanche problemi. Chi si oppone, chi osa alzare la voce contro questo sistema, passa per un retrogrado “medievale” che vuole coartare il diritto alla felicità personale. Non è così? Non è forse vero? E questa minoranza che protesta non viene mai ascoltata, viene tranquillamente asfaltata. Dunque la nostra politica, seguendo il ragionamento, è un vero esempio di politica efficace e seria?
Tornando alla questione dei “docenti non vax”: a partire da tali presupposti e dati di fatto, come ci si permette di criticare e perseguitare una minoranza che in nome della propria felicità (perché non vuole vaccinarsi, perché ha paura di questi vaccini, perché ha remore anche morali di fronte a questi vaccini) si vuole tirare fuori? Una minoranza che mette la propria felicità davanti alla felicità di altri? Tra l’altro una minoranza che, nel caso specifico, non si metterebbe a fare la bella vita “di prima”, ma continuerebbe, forse più di altri, a controllare i propri comportamenti? In una società storicamente fondata su diritti che non tengono conto dei diritti degli altri, perché mai dovrebbe valere questa eccezione?
Viene la sensazione che le parole “diritto”, “libertà”, “altri” siano come delle parole fisarmonica, stiracchiabili e tirabili di qua e di là a seconda della convenienza della maggioranza.
Chi dunque oggi si può permettere di fare predicozzi morali e impalcarsi a giudice degli altri? Nessuno, in una società che fa del diritto personale irresponsabile un must condiviso dall’opinione pubblica, dai mass media, dallo star system, dalla politica. Allora, se volete, torniamo davvero alla logica dei diritti e dei doveri; torniamo al metterci da parte con le nostre pretese di fronte all’interesse degli altri. Mettiamoci radicalmente in discussione, va bene. Ma facciamolo davvero, a trecentosessanta gradi. Questa conversione di massa non può valere solo per il vaccino!
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.