L’omicidio di Giulia Cecchettin continua a suscitare discussioni e reazioni, spesso condizionate dall’emotività e non da un’attenta riflessione rispetto alle cause della tragedia.
In particolare è finita sul banco degli imputati una sorta di società di tipo patriarcale che sarebbe in qualche modo inculcata alle nuove generazioni, anche se nessuno ha ancora mai detto in modo esplicito come e dove verrebbe insegnata.
Basterebbe andare a controllare le statistiche Istat su matrimoni, divorzi, separazioni e nascite per capire, dati alla mano, che ciò che sta avvenendo è una sottile battaglia ideologica di parte della sinistra e dei radicali, in parte per bollare il governo attuale come retrogrado e, nella misura del possibile, “fascista”, ma anche per introdurre all’interno delle scuole nuove ore di educazione sessuale, da sempre arma di una certa sinistra per rieducare i giovani ad idee più “moderne” e progressiste.
La sintesi educativa di quella che ormai da anni è stata insegnata come educazione sessuale nella scuola è “fai sesso quando vuoi, con chi vuoi, come vuoi e senza tabù, l’importante è stare attenti a non rimanere incinta usando i contraccettivi” (come esempio è possibile consultare il corso “W l’amore” della Regione Emilia-Romagna); in questi anni anche l’uso del preservativo come protezione da malattie è stato messo in secondo piano, basti pensare alle grandi battaglie della sinistra sulla pillola del giorno dopo.
Una decina di anni fa mi capitò di discutere, in un consiglio di classe di terza media, di un corso proposto dall’AUSL sull’educazione sessuale, in cui l’operatrice voleva spiegare a ragazzi di 12-13 anni una scheda in cui veniva illustrato il cambiamento del piacere sessuale sui maschi e sulle femmine in base al metodo contraccettivo utilizzato. I genitori, davanti a questa proposta e su mia segnalazione, decisero all’unanimità di bocciare il progetto e aderire ad altre iniziative più adatte all’età dei loro figli.
Nella nostra società dopo anni di questo tipo di mentalità e dopo aver sdoganato la pornografia per i giovanissimi, in cui è evidente la continua umiliazione della donna, sarà sempre più difficile tornare a parlare di educazione all’affettività e alle relazioni e soprattutto non sarà certo un corso sulla sessualità impostato come è stato fatto fino ad ora a rimettere al centro l’importanza del rispetto e delle relazioni tra le persone.
È da lodare l’alleanza tra maggioranza e opposizione per migliorare la legge contro la violenza sulle donne, ma sull’educazione forse è meglio non rispondere in modo reattivo sull’onda emotiva dell’assassinio di Giulia Cecchettin.
Forse è il caso di fermarsi ed iniziare a ragionare sulle reali cause di stupri, violenze ed omicidi prima di intraprendere nuove azioni per scombinare la scuola, luogo in cui già da tempo vengono svolti progetti di educazione alla sessualità e vengono già svolte più di una trentina ore di educazione civica sul rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri, ma anche sul rispetto delle persone.
Prima questione
L’art. 30 della “Costituzione più bella del mondo” recita così: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti”. La tesi per l’introduzione di una nuova educazione sessuale a scuola si fonderebbe non sul fatto che la famiglia non educa più i figli (vero problema dopo la distruzione del ruolo della famiglia nella nostra società), ma sul presupposto che li educherebbe troppo e male, con un’educazione di tipo “patriarcale”, che sarebbe causa di violenza sulle donne. Per questa ragione i giovani andrebbero ri-educati dallo Stato.
Ma se anche l’educazione sessuale e affettiva (che coinvolge gli aspetti religiosi, filosofici e ideali più intimi della persona) viene tolta alla famiglia, che diritto e dovere di educare le rimane nei confronti dei figli?
Proprio per questo il ministro si è premurato di dire che il MIM ha potenziato il ruolo del FONAGS (Forum nazionale delle associazioni dei genitori delle scuole), organo che fino ad oggi nessuno all’interno del mondo della scuola neanche conosceva. La famiglia è il primo soggetto che deve tornare ad educare e ne ha tutto il diritto e il dovere; è la famiglia che deve essere sostenuta, attraverso la valorizzazione dei corpi intermedi che possono aiutare nell’educazione, ma non si può bypassare la Costituzione e i diritti naturali della famiglie sulla spinta di un’emotività causata da una tragedia.
Seconda questione
Le donne sono trattate in modo diverso dagli uomini, sono discriminate nel lavoro, prendono uno stipendio più basso degli uomini e vengono spesso licenziate se rimangono incinte, per questo serve un’educazione sessuale affettiva nelle scuole. Questo abbiamo sentito in questi giorni.
Tutto questo cosa c’entra con l’educazione sessuale a scuola? Bisogna intervenire con leggi che tutelino maggiormente le donne nei luoghi di lavoro, aumentare gli stipendi e dare maggiori tutele della maternità; è realistico pensare che questi problemi siano risolvibili nella scuola con l’introduzione della “educazione sessuale”?
La scuola è già il luogo lavorativo in cui i giovani vedono concretamente una parità di genere e in cui non c’è discriminazione, perché l’80% delle persone che lavorano nella scuola sono donne, donne e uomini sono pagati allo stesso modo (molto poco), le dirigenti scolastiche sono in numero maggiore rispetto agli uomini, nella scuola anche sulla parità tra uomini e donne i ragazzi sono molto più avanti degli adulti. Qualcuno si è chiesto se i ragazzi che hanno commesso gli stupri di Caivano e Palermo frequentassero la scuola? Siamo sicuri che l’educazione sessuale a scuola sia la soluzione dei problemi di violenza di genere, in luoghi in cui lo Stato è assente anche su servizi minimi come la sicurezza?
L’impressione è che si agisca sulla scuola a suon di slogan, senza affrontare minimamente, nei fatti, i problemi principali delle donne.
Terza questione
La scuola negli ultime anni sta investendo molte risorse su alcune tematiche considerate prioritarie, in particolare le materie STEM Science (scienza), Technology (tecnologia), Engineering (ingegneria) e Mathematics (matematica), l’informatica (attraverso l’acquisto di attrezzature e la formazione di docenti), principalmente quindi materie orientate all’ambito scientifico.
La recente introduzione dell’orientamento da molti viene considerata fondamentale per aprire ad un numero sempre maggiore di giovani il percorso degli IFTS (Istruzione e formazione tecnica superiore) con corsi prevalentemente tecnici e professionali. In questo contesto l’introduzione dell’educazione civica, dell’orientamento e di altri progetti ha iniziato a creare già da tempo malcontento in molti docenti (in particolare quelli delle discipline umanistiche) che sempre più si vedono costretti a restringere i programmi a causa di imposizioni indicate dall’alto. L’educazione sessuale e affettiva andrebbe probabilmente a togliere altre ore, introducendo nuovi elementi di confusione all’interno della scuola.
Se le discipline scientifiche preparano al lavoro e l’educazione civica, l’orientamento, l’educazione sessuale e i progetti vari educano a vivere, qualcuno dica allora a cosa servono le materie umanistiche e se i grandi classici della letteratura come la Commedia o I promessi sposi, o i testi delle grandi religioni possono ancora educare o sono da considerare semplici hobby di lettura.
La scuola è sempre stato il luogo di formazione della persona attraverso lo studio delle discipline, il dialogo con gli insegnanti e i coetanei. Il problema non è continuare a fare piccole modifiche pur di mostrare che qualcosa si è fatto da parte del nuovo ministro di turno, ma rispettare e ridare a famiglia e scuola la possibilità di educare e istruire ognuno nel proprio ruolo, senza aver la pretesa di eliminare il male dal mondo (che è sempre esistito e sempre esisterà). Occorre piuttosto ripartire dal bene e dal bello che si sperimentano e si apprendono all’interno di una famiglia e all’interno di un rapporto educativo tra insegnante e alunni. La ricostruzione della nostra società deve innanzitutto ricominciare da questo ambito.
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