Provare, riconoscere, nominare, verbalizzare e, infine, scegliere come agire. Questo è il dinamismo che ciascun essere umano dovrebbe attuare di fronte ad ogni emozione. A scuola insegniamo molte nozioni: dal calcolo di una proporzione, che un giorno potrebbe tornare utile nel rimaneggiare le dosi di una torta, alle figure retoriche, strumenti preziosi per comprendere il testo di una canzone, alle reazioni chimiche per non rischiare di far troppi danni maneggiando liquidi di varia natura.



Ogni disciplina porta con sé un libretto di istruzioni per poter osservare e affrontare la realtà da una propria angolatura. Tutto questo “sapere” sembra apparentemente lontano e distante dal mondo interiore con cui i nostri alunni si recano a scuola quotidianamente, quasi fosse materia a sé stante o non fosse così importante imparare a padroneggiare anche il mondo emotivo.



Potrebbe anche insinuarsi l’errata idea che di fronte a ciò che è “personale” e intimo si possa improvvisare, ci si costruisca da soli e che la scuola voglia o debba rimanerne fuori. Neutra. Estranea.

Eppure ogni giorno ciascun alunno è chiamato a confrontarsi con l’ansia per una prestazione, con il timore di mostrare la propria faccia tempestata di acne, con la frustrazione per non saper gestire le relazioni in classe coi compagni. Può provare gioia per una conquista o delusione per un insuccesso. Entra in classe trasportando nello zaino il rancore per la litigata appena avvenuta con la mamma facendo colazione o il disagio per non saper trovare il proprio ruolo davanti ai propri genitori che si stanno separando. Convivono costantemente con le loro emozioni.



Al docente non viene chiesto di trasformarsi in uno psicologo o un terapeuta, non è questo il compito affidato alla scuola, bensì di accompagnare gli alunni, attraverso la propria disciplina, a non lasciare che sia l’emozione a controllarli ma che siano loro ad averne il comando, incanalandola e trasformandola in un’occasione di crescita personale.

La scuola indica delle piste da poter percorrere. Gli si insegnerà a dichiarare un “quando”, riconoscendo un comportamento o una situazione che li interpella e suscita quell’emozione, a nominare un “cosa” provano, ampliando il loro vocabolario emotivo, a riconoscere la causa e l’origine di tale emozione, e, infine, a trovare il proprio personale desiderio di cambiamento attuativo, verbalizzandolo.

È un processo lento che necessita di tante ripetizioni. Ma in fondo a scuola non si va per imparare?! Ogni materia, con la sua specificità, potrà essere messa al servizio di ogni discente per cercare di riconoscere i “bug” che mandano in tilt il sistema emotivo: svalutarsi, generalizzare una problematica, ingigantire situazioni, pretendere ed esigere determinate reazioni e comportamenti dagli altri o interpretare in modo falsato la realtà.

L’arte di ogni docente è quella di coniugare didattica e umanità per poter re-insegnare la straordinaria capacità, un po’ dimenticata, di ascoltare ciò che accade dentro e fuori di sé, ricominciando ad appassionarsi al mondo che interpella con la sua bellezza.