Avvertenza per i lettori: l’autrice è di pessimo umore e tende al sarcasmo. Potete saltare la parte iniziale e passare direttamente alle proposte (nda)
In questo clima di grandi incertezze (Accetteremo o no il Mes? Che cosa farà Biden in Medio Oriente?), finalmente un punto saldo: il Miur sta lavorando a definire la struttura e le modalità di svolgimento dell’esame di maturità, il cui inizio è previsto per il 16 giugno. Anzi, riportano le cronache, intende “dargli un volto”. La riforma dell’esame di Stato è un long seller ministeriale, e grazie alla pandemia la ministra Azzolina potrà contarne ben due nel suo palmarès.
Prima di passare alle critiche, operazione nota come “sparare sulla Croce Rossa”, completiamo il quadro delle (in)decisioni ministeriali. Occorre fare presto, asserisce la ministra, per “dare certezze” alle scuole e agli studenti, scuole e studenti che ambirebbero ad avere anche altre certezze, per esempio se e quando si torna a scuola, e con quali modalità. Ma su questo le commissioni competenti di Camera e Senato sono abbottonatissime, lasciando spazio ai rumors o indiscrezioni che dir si voglia. La maturità 2021 sarà light, probabilmente col filtro, nel senso che non tutti saranno ammessi: si può supporre che le ammissioni verranno sorteggiate, oppure assegnate in base ai tempi ottenuti nei cento metri su banchi a rotelle. Dopodiché, l’esame dovrà essere “completo, serio, capace di offrire un quadro adeguato delle competenze degli studenti” ha chiarito la ministra: e questa sì che è un’innovazione, perché di questo tipo di esame si erano perse le tracce da parecchi anni.
I nostri valorosi parlamentari hanno espresso la necessità di “tenere conto del quadro che le scuole stanno vivendo, anche alla luce delle diverse ordinanze regionali, senza però sminuire il valore e l’importanza dell’esame”. Il ministero sta ascoltando, in questi giorni, le voci e le proposte di studenti, famiglie, associazioni dei docenti e sindacati, voci e proposte sinceramente poco significative, ma per fortuna il ministero non ha mai tenuto conto del parere degli organismi consultivi, e non si vede perché dovrebbe cominciare adesso.
Quali sono le ipotesi più accreditate? La prima è che si ripeta l’esame dello scorso anno, con il maxi-orale davanti ai docenti interni e un presidente esterno: il Pd (Partito della Didattica) propende invece, per una maturità “più pesante”, con un solo scritto anziché due, e una prova orale. Le prove Invalsi? Non si fanno, si fanno ma non se ne tiene conto, si fanno e se ne tiene conto. L’alternanza scuola lavoro? Non pervenuta. Le associazioni degli studenti, che attualmente occupano le scuole metà perché vogliono andare a scuola e metà perché non ci vogliono andare, prefigurando quel che accadrà quando saranno eletti in Parlamento, sono favorevoli al maxi-orale e alla tesina. I sindacati sono favorevoli a non cambiare niente (chi lo avrebbe mai detto).
Meritano un plauso anche le dichiarazioni dei cosiddetti responsabili istruzione dei vari partiti: tutti, non uno escluso, esprimono riserve e perplessità, il che induce a chiedersi chi ha formulato le proposte sotto accusa. La dichiarazione più stupefacente, di cui seguo la norma per cui si dice il peccato ma non il peccatore, è quella che afferma che, avendo la preparazione sofferto di gravi ritardi, almeno l’esame “dovrebbe mantenere i canoni di serietà, per non minare i fondamenti di merito su cui si regge la scuola”. Ma mi faccia il piacere!, direbbe Totò.
Fermiamoci qui, o prenderò in seria considerazione l’idea di chiedere la cittadinanza dell’Oman. Ora che mi sono sfogata, provo a formulare qualche idea più costruttiva:
1) l’esame di maturità è sostanzialmente inutile, perché anche in tempi normali ha percentuali di bocciature inferiori all’1%. Tuttavia non lo si può abolire, perché ha valore legale. Potrebbe però servire se desse informazioni sulle competenze dei ragazzi a chi li accoglie: la formazione superiore o il mercato del lavoro, cosa che da anni non riesce a fare. La maggior parte dei corsi di laurea, infatti, fa dei test per accertare il livello di conoscenza delle materie principali, e organizzare corsi di allineamento: la valutazione avviene quindi in entrata, come è ragionevole, e non in uscita. Alle imprese servirebbe sapere che cosa sanno fare i diplomati: a questo scopo sarebbe particolarmente utile il curricolo dello studente che dovrebbe entrare in vigore quest’anno, ma almeno nella formulazione attuale non contiene nessuna indicazione sull’effettivo percorso scolastico dei ragazzi o sul rapporto ore in presenza / ore a distanza;
2) di fatto, la situazione non è affatto uniforme: tutti hanno perso, e perderanno entro la fine dell’anno scolastico, un numero di settimane rilevante ma variabile (e tra l’altro non si capisce perché la maturità debba partire il 15 giugno, quando è probabile che con la buona stagione la morsa del virus si allenti, consentendo un sia pur parziale recupero). Poiché è unanimemente riconosciuto che la qualità della Dad è stata diversa non solo nelle varie zone del paese, ma anche nelle varie scuole e addirittura tra classi diverse della stessa scuola, in relazione alla capacità degli insegnanti, si potrebbe accompagnare il curricolo dello studente con un “curricolo di classe” che ne contestualizzasse la situazione. Inoltre, il lockdown ha reso problematico lo svolgimento delle “altre esperienze”, dai viaggi all’estero per le lingue alle attività di volontariato alla partecipazione a sport o altre attività;
3) mi sembra fondamentale, anche in queste circostanze, valutare alcune competenze chiave, indispensabili per il lavoro o per il proseguimento degli studi, come il corretto uso della lingua italiana, che va accertata da una prova scritta in cui l’argomento è tutto sommato secondario (non si tratta di accertare se si conosce la storia o la letteratura, ma se si riesce a scrivere un testo sensato e senza errori). Fondamentale è anche la capacità di esprimersi e di collegare logicamente i fatti, di risolvere i problemi, di argomentare. Anche questo richiede una prova in presenza che potrebbe essere su aree tematiche vaste. L’esame dovrebbe quindi essere finalizzato ad accertare sia le competenze essenziali possedute, sia le eventuali lacune;
4) in questo passaggio dalle conoscenze alle competenze, ritengo che permanga la necessità di accertare il possesso delle conoscenze fondamentali fissate dal profilo atteso in uscita per ciascun indirizzo e anche per ciascuna scuola. Si potrebbe incaricare Invalsi di mettere a punto le prove su poche competenze essenziali, anche se il tempo disponibile è poco: le singole scuole potranno integrarle con prove specifiche che tengono conto di quello che è stato fatto.
Sintetizzando, si potrebbero prevedere: un curricolo dello studente modificato per tenere conto della situazione, e integrato da un “curricolo della scuola e della classe”; una prova di competenza linguistica e logica, scritta e orale, in presenza; una serie di prove per accertare il possesso di conoscenze chiave collegate al profilo in uscita, e infine un ripensamento dei criteri di valutazione, in cui forse non è plausibile un “voto” e si dovrebbe piuttosto pensare a fasce di livello.
Se fornisse lo spunto a un riassetto complessivo e duraturo, e non solo a misure raffazzonate e soggette a continui cambiamenti, il Covid-19 avrebbe avuto almeno un risultato positivo: ma temo che non se ne farà nulla.