Il colloquio dell’esame di Stato di quinta superiore rimane la questione più delicata e le diverse parti di cui è composto devono essere riportate in unità come dovrebbe essere in un esame a conclusione di un percorso.

Ora sembra essersi chiarito l’inizio del colloquio: si deve partire da materiali (testi, documenti, esperienze, progetti…) e non domande o serie di domande o argomenti o riferimenti a discipline. Quindi la commissione non deve porre tematiche su cui gli studenti possano poi sviluppare un percorso, ma mettere nelle famose buste materiali di “cose” che gli studenti hanno affrontato a scuola e che nel colloquio dovranno affrontare, creando in divenire i collegamenti opportuni e mai in modo forzato.



Si capisce l’intenzione di chi ha fatto questa mini-riforma del colloquio al posto della tesina, dove uno studente pone l’argomento e sa dove andare; nel nuovo colloquio si vuole mettere alla prova la capacità dello studente di muoversi in modo originale, d’impatto, e non con una previa preparazione. Si tratta di un’intenzione condivisibile: effettivamente l’esame di Stato dovrebbe verificare la capacità di uno studente di affrontare situazioni nuove, mettendo a frutto ciò che ha imparato. È ciò a cui dovrebbe portare un percorso di scuola superiore, a essere cioè in grado di giudicare e trovare soluzioni nuove, e non limitarsi a essere capaci di ripetere un argomento.



Questo, allora, dovrebbe essere il filo rosso di tutto l’esame, e gli stessi insegnanti dovrebbero impegnarsi nel colloquio a porre domande o questioni che sollecitino l’originalità e le capacità specifiche dello studente. Che poi un insegnante non trovi un aggancio e abbia diritto a porre una sua domanda, sembra essere un passo indietro, che inevitabilmente spezzerebbe l’unità del percorso, a meno che l’insegnante in questione sia capace di introdurre un argomento nuovo, aprendo un orizzonte sempre critico-creativo, il che non è facile; per cui forse sarebbe meglio tenere il colloquio dentro i limiti del materiale proposto, anche tenuto conto che ciò che si deve valutare non è tanto quello che uno studente sa, ma come sa muoversi dentro una situazione nuova.



Esistono, poi, le altre parti del colloquio, quella relativa all’esposizione dell’esperienza di Alternanza scuola-lavoro e quella dedicata alle conoscenze e competenze maturate nelle attività relative a Cittadinanza e Costituzione.

Infine, la discussione degli elaborati scritti. È evidente che si passerà da una tematica all’altra, senza soluzione di continuità, mettendo a rischio l’unità del colloquio, che potrà esserci solo se insegnanti e studenti sapranno mantenersi a livello dell’approccio iniziale, quello dell’impatto critico e creativo.

Non si dovrà fare un passo indietro rispetto a questo, tenendo sempre presente che l’esame non sarà una verifica di ciò che si sa, ma di come lo si sa. Questo riporta alla ribalta l’importanza di mettere in gioco nel colloquio la capacità di giudicare, e questo gli insegnanti dovranno cercare e sollecitare, non il sentirsi ripetere la propria disciplina come meglio si vorrebbe.

Il punto di partenza del colloquio, così chiarito, diventa fondamentale nella preparazione del documento del 15 maggio con cui gli studenti di ogni classe si presentano agli esami. È sempre più evidente che a salvare questo colloquio saranno gli insegnanti e gli studenti se convergeranno su un punto di metodo decisivo: al colloquio dell’esame bisogna parlare di sé, facendo vedere come si è conquistata e si conquista la conoscenza.