Il ministro Bussetti se l’è trovato bell’e pronto il nuovo esame di Stato, approvato il 13 aprile 2017 col decreto n. 62, uno dei tanti decreti attuativi della Buona Scuola renziana. “I testi approvati sono il frutto di un lungo lavoro di consultazione – assicurò allora la ministra Fedeli – e qualificano ulteriormente il sistema di istruzione”.
Per il secondo ciclo, la riforma è entrata in vigore dal 1° settembre 2018, con tutte le novità che conosciamo: via la terza prova, ristrutturata la tipologia della prima prova, credito scolastico fino a 40 punti, griglie di valutazione nazionali per l’attribuzione dei punteggi. E ancora: obbligo di partecipazione, durante l’ultimo anno di corso, alle prove Invalsi (sospeso prudentemente per l’anno in corso), e obbligo dello svolgimento dell’alternanza scuola-lavoro per 200-400 ore secondo l’indirizzo di studio (sospeso anche questo per l’anno in corso, in futuro si vedrà).
La nuova edizione del colloquio – La nuova impostazione del colloquio, che tanto ha fatto e fa discutere, è stata definita nel decreto del 2017. Appartiene all’epoca della ministra Fedeli l’idea di abolire la vecchia tesina (che comunque nessuno rimpiange per le scopiazzature senza vergogna) e di proporre al candidato l’analisi di “testi, documenti, esperienze, progetti, problemi per verificare l’acquisizione dei contenuti e dei metodi propri delle singole discipline, la capacità di utilizzare le conoscenze acquisite e di collegarle per argomentare in maniera critica e personale anche utilizzando la lingua straniera”.
La novità è subito diventata una grana. Come scegliere questi materiali? Con quali criteri? Così il ministro Bussetti, di suo, ci ha messo il sorteggio delle buste (Decreto del 18 gennaio 2019). Da gennaio a oggi un diluvio di articoli, seminari, precisazioni, contestazioni. Alla fine, le commissioni predisporranno i materiali e le buste secondo le ultime indicazioni del Miur. Ci vorrà un’apposita “sessione di lavoro”. Si possono immaginare lunghe discussioni, perché non è facile predisporre una media di 25 buste tutte diverse, garantendo al tempo stesso omogeneità, pari grado di difficoltà, pari opportunità di partenza. In più ci sono i casi particolari con i Piani individualizzati e personalizzati.
Da Asl si cambia a Pcto – Nell’ambito del colloquio, la riforma targata Fedeli prevede una “breve relazione e/o un elaborato multimediale” sull’esperienza di alternanza scuola-lavoro, svolta durante il percorso di studi. Bussetti ha mantenuto la relazione, ma l’alternanza scuola-lavoro è stata ribattezzata “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento” (Pcto), al momento non meglio definiti nella sostanza, a parte la rimodulazione oraria. La novità è stata messa nella legge di bilancio del 30 dicembre 2018. E via con articoli, seminari, precisazioni su come fare la relazione, sviluppando “una riflessione in un’ottica orientativa sulla significatività e sulla ricaduta di tali attività sulle opportunità di studio e/o di lavoro post-diploma”.
Cittadinanza e Costituzione, la non-materia senza valutazione oggetto del colloquio – Il punto forse più confuso e improvvisato del nuovo esame di stato è l’inserimento di “cittadinanza e Costituzione” nel colloquio. Uno dei quattro “momenti” è dedicato alla “non-materia” trasversale a tutte le discipline, senza una valutazione specifica. Di punto in bianco questa diventa oggetto di valutazione specifica nientemeno che in sede di esame di Stato conclusivo del ciclo di studi.
Che la scelta sia frutto d’improvvisazione si vede chiaramente mettendo a confronto i testi normativi che si sono succeduti. Il primo decreto, quello della Fedeli, dice che “Il colloquio accerta altresì le conoscenze e competenze maturate dal candidato nell’ambito delle attività relative a Cittadinanza e Costituzione”. Ma quali conoscenze e competenze? Quali scuole hanno definito ed esplicitato nel Ptof le attività e le competenze in questo ambito? E la valutazione?
Così il ministro Bussetti corregge il tiro. Il suo decreto del 18 gennaio scrive un po’ diversamente che “parte del colloquio è dedicata alle attività, ai percorsi e ai progetti svolti nell’ambito di Cittadinanza e Costituzione”, eliminando l’impegnativo “accertamento” di conoscenze e competenze. Più che un esame sarà dunque una conversazione, almeno in questo “momento” del colloquio.
Colloquio in quattro fasi, ma unitario – Un altro aspetto del nuovo esame, difficile da far quadrare, è l’articolazione del colloquio in quattro fasi/momenti con l’esigenza di unitarietà e trasversalità. Il colloquio ha “natura pluridisciplinare e integrata”, come precisa l’ultima Nota del maggio 2019. Al tempo stesso, deve “verificare l’acquisizione dei contenuti e dei metodi propri delle singole discipline” e valorizzarne “i nuclei fondanti che rappresentano la base fondamentale per l’acquisizione di saperi e competenze”.
Negli incontri di formazione che si susseguono da mesi, il Miur si sforza di “garantire uniformità di criteri operativi e di valutazione”. Ma non sarà facile, per ogni singola commissione, impostare e condurre un colloquio equilibrato, in modo collegiale, mantenendo un approccio trasversale e pluridisciplinare, e raccogliendo “elementi di valutazione significativi” sul livello di preparazione dei candidati anche, ovviamente, a livello delle singole discipline.
E le riforme non finiscono mai – Finita? Assolutamente no. L’anno prossimo restano da ridefinire vari aspetti: il decreto della Fedeli stabiliva la partecipazione alle prove Invalsi come requisito necessario per l’ammissione, e così pure lo svolgimento del monte ore obbligatorio di Asl, oggi Pcto. Dopo l’anno di congelamento delle due disposizioni, cosa farà il ministero?
Manca inoltre il decreto sul curriculum dello studente, che dovrebbe indicare anche i livelli di apprendimento conseguiti nelle prove Invalsi, le competenze professionali acquisite, le attività culturali svolte in ambito extra scolastico, e le certificazioni. Tutte cose da (ri)fare.