È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il cosiddetto “decreto liquidità”, che contiene anche misure per “traghettare” le scuole italiane, i loro studenti, verso la fine dell’anno scolastico. In esso sono disciplinati gli esami di Stato e la valutazione delle studentesse e degli studenti per l’anno scolastico 2019/2020, la valutazione dei docenti in anno di prova, i concorsi da bandire, l’aggiornamento (o meno) delle graduatorie, gli scrutini e l’adozione dei libri di testo, le visite di istruzione, l’“obbligatorietà” della didattica a distanza (Dad).



La ministra Lucia Azzolina, ha dichiarato: “La scuola ha affrontato questa emergenza con grande capacità di reazione, il Paese deve esserne fiero… La didattica a distanza ci ha aiutato a salvare l’anno scolastico. Non sostituisce e non potrà mai sostituire del tutto, ovviamente, la didattica in presenza. Ma era l’unica risposta possibile per non lasciare soli bambini e ragazzi e garantire loro il diritto allo studio previsto dalla Costituzione”. “I problemi non sono mancati e sarà necessario aprire presto una riflessione sullo stato di digitalizzazione del Paese e della scuola stessa, ma il ministero è stato e resta al fianco delle scuole per risolverli… Gli 85 milioni stanziati per supportare la didattica a distanza, messi subito a disposizione degli istituti che li stanno già utilizzando, ne sono una dimostrazione. Con il decreto approvato oggi facciamo un altro passo avanti e tracciamo la strada per accompagnare la scuola fino in fondo a questo anno scolastico e per cominciare a disegnare il prossimo, che ne rappresenterà una naturale prosecuzione… Tutto ciò che è stato fatto sarà valorizzato. Quel che non si è potuto fare per difficoltà oggettive sarà recuperato, nell’interesse degli studenti e dei bambini… Mettiamo al centro i diritti dei ragazzi. Nessuno sarà lasciato indietro. Ci sarà una valutazione seria e coerente con quanto svolto durante tutto l’anno”.



Bene, ci crediamo. Stiamo lavorando senza sosta per questo. Tralasciamo le considerazioni relative all’avvio del nuovo anno scolastico, tese a fornire strumenti al ministero per indire concorsi per 4.500 posti: essi saranno assegnati ai docenti vincitori di concorso o presenti nelle Gae che non avevano potuto essere assunti lo scorso settembre, perché tali posti non erano stati resi disponibili. Non vogliamo entrare nel merito delle procedure, della tempistica, indubbiamente già in forte ritardo e con modalità ancora tecnicamente da definire e per le quali si attende, non oltre sette giorni, il parere del Cspi, in prima battuta non ipotizzato.



I sindacati si stanno già scatenando, nella loro “Guerra e Pace” con l’amministrazione scolastica, aggiungendo solo un capitolo a un romanzo infinito.

Ci interessa capire come si svolgeranno gli Esami di Stato. Non solo e non tanto per le procedure che saranno inevitabilmente “inedite”, sia che essi si possano sostenere in presenza sia se, purtroppo, debbano svolgersi a distanza. Il decreto prevede che il ministero possa, con provvedimento specifico, modificare l’impianto dell’esame.

Ecco, questo è il punto: dovremo attendere ancora l’emanazione, prestabilita, di un provvedimento tecnico, mentre riceviamo rassicurazioni che tutto sarà svolto con grande serietà. Non desideriamo altro: la scuola è proprio una “cosa seria”.

Infatti quaggiù nelle classi virtuali, nei collegi e nei dipartimenti online, non ci stiamo ponendo il problema del “tutti ammessi”, tanto si recupera a settembre; ci basta sapere, come sempre, che “ciò che non è stato appreso, o appreso in parte quest’anno, potrà essere recuperato/approfondito all’inizio del prossimo”.

La scuola opera così, o almeno tenta, sempre, di riconquistare ogni “ultimo” alunno testone o infelice. Ci preoccupiamo che “finché il medico studia, il malato muore” come recita un noto proverbio. Gli esami di Stato e le modalità valutative sono state oggetto di un lavoro non ancora pienamente metabolizzato dalla scuola, negli ultimi due anni. Dove il nuovo è stato, talvolta, cucito sul vecchio e hanno prevalso logiche non sempre pienamente utili agli alunni, ancora ci barcameniamo tra certificare competenze e attribuire voti. Dobbiamo ancora fare pace con noi stessi.

È vero, siamo in emergenza e avrei voluto vedere ciascuno di noi combattere con tutto questo, per cui non è lo spirito del censore che ci anima, ma il grido del soldato in battaglia: stringiamoci a coorte, l’Italia chiamò.

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