A scuola era il tempo delle ultime interrogazioni e dei ripassi, ma Fatima si era impantanata nel neoguelfismo. Proprio non riusciva a capirli, questi italiani, non riusciva neanche a pronunciare bene quel termine per lei così astruso.
“Devi capirle, queste cose” aveva insistito l’insegnante di storia e lo aveva fatto in modo positivo, lui che era attento alle difficoltà dei ragazzi e delle ragazze di origine straniera e faceva di tutto per aiutarli in quello che doveva essere la pratica dell’inclusione, il parolone di cui tutti si riempivano la bocca. Fatima lo aveva ascoltato, ma continuava a non capire perché dovesse imparare quella parola, che poi non sembrava molto in uso. Lo stesso manuale la citava a proposito di Gioberti e soci, e i guelfi era solo un remotissimo ricordo.
Dopo la scuola, Fatima era così andata al centro di aiuto allo studio con questa domanda e l’aveva posta a Chiara con grande irruenza. “Con tutte le cose che devo studiare in questo periodo così difficile per le interrogazioni ci mancava solo il neoguelfismo!” aveva sbottato Fatima trovando in Chiara, vecchia insegnante in pensione, un’imprevista accoglienza.
“Hai ragione!” aveva detto Chiara, “hai ragione sulla domanda, non devi studiare a memoria queste cose che comunque potrebbero essere semplificate. Chiediti innanzitutto che senso possono avere oggi.”
“Ma è quello che sto facendo, il fatto è che una risposta non ce l’ho proprio”, aveva detto Fatima. So che c’è il federalismo, e che si lega al neoguelfismo, aveva continuato, con un’ombra di scetticismo sul volto. “Non si potrebbe essere più essenziali su questo argomento? Perché io quello che vorrei capire è come mai siete diventati italiani. Solo che facendo le cose così io non capisco nulla. A scuola…”
“Che cosa dici, Fatima? Non è vero! Guarda che domanda importante sei riuscita a cogliere, è la domanda decisiva di quel periodo, per te ma anche per tutti i tuoi compagni. Al posto di star lì sulla parola neoguelfismo e di bloccarti su un termine, domani dì la domanda che ti ha suscitato studiare questo periodo storico. ‘Io voglio capire come siete diventati italiani’, questo è il punto” aveva suggerito Chiara, aggiungendo un deciso “Brava!” e Fatima si era finalmente tranquillizzata.
“Lo farò!” aveva allora detto in modo deciso la ragazza.
Chiara, prima di uscire dal Centro, si era fermata con Claudio e gli aveva raccontato di Fatima, aggiungendo, da inesperta della scuola di oggi, che “forse bisognerebbe ripensare a come comunicare la ricchezza di una cultura… forse una semplificazione, non una banalizzazione, renderebbe più facile trasmettere il senso dei contenuti. L’“inclusione”, il mantra della scuola, dopotutto, era quello, non altro.
“Ne sono convinto” aveva sottolineato Claudio “forse noi insegnanti dovremmo pensare di più a chi abbiamo davanti nel comunicare con loro. Se li guardassimo di più, se fossimo meno indulgenti con le nostre generalizzazioni, forse riusciremmo a capire che cosa abbiamo da dirgli.”
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