Fatima stava studiando inglese al centro di aiuto allo studio. Era rimasta solo lei con Maurizio, il quale nervosamente le stava tentando di far capire che era ora di chiudere, ormai erano le 19 passate e il centro di solito a quest’ora era già chiuso da una bella mezz’ora. Fatima era così concentrata sul suo studio che non si accorgeva delle sollecitazioni di Maurizio a prendere i libri, a metterli in borsa e ad avviarsi verso casa.
“È ora di chiudere!” aveva detto ad un certo punto rompendo gli indugi Maurizio, “andiamo a casa! Domani devi andare a scuola.”
“Ancora un attimo!” aveva detto Fatima alzando finalmente la testa dai libri.
“Ma è tardi! Basta studiare, forza, vai a casa e se proprio vuoi, stasera riprendi in mano i libri. Ma ora basta!” Maurizio aveva alzato la voce, si stava imponendo alla ragazza che aveva reagito chiedendo “ancora qualche minuto”.
“Ma non ce l’hai una casa?” aveva allora chiesto quasi indispettito Maurizio, mettendo via il foglio presenze che aveva sulla scrivania.
“Sì, ma anche questa è la mia casa!” aveva risposto determinata la ragazza “solo qualche minuto per finire quello che sto studiando.”
Di fronte a quel “questa è la mia casa” Maurizio aveva strabuzzato gli occhi, lasciando uscire dalla sua bocca un più che convinto “va bene! Fai quello che devi”. Aveva cambiato totalmente posizione. Perché chiudere e andare a casa se quella, sì, proprio quella, era la sua, la loro casa? Maurizio si era seduto dietro la scrivania e aveva preso un libro per leggere qualcosa di interessante in quei minuti che servivano a Fatima per concludere il suo studio.
Non erano stati minuti. Erano passati tre quarti d’ora quando Fatima, alzando la testa e guardando Maurizio, gli aveva detto finalmente: “Finito!”
“Come mai così tanto?” aveva chiesto allora Maurizio.
“Scusami, so che è tardi” aveva detto Fatima rendendosi conto del fatto che aveva chiesto a Maurizio di andare troppo oltre l’ora di chiusura.
“Niente, niente” aveva risposto Maurizio. “Avevi bisogno? L’ho fatto volentieri”.
“Sì, domani ho la verifica di inglese su tutto il programma. La prof fa così per prepararci alla maturità. E qui studio bene, mi sento proprio come a casa! Scusami.”
Maurizio aveva guardato con intensità la ragazza e avrebbe voluto abbracciarla perché gli aveva fatto percepire come quel luogo, il centro, fosse una casa anche per lui.
“Sei pronta?” le aveva allora chiesto vergognandosi di non poterla aiutare, perché lui per le lingue proprio non aveva nessuna predisposizione.
“Sì, sono pronta, almeno spero” e aveva aggiunto: “No, non avevo bisogno del tuo aiuto. Mi bastava che ci fossi tu qui con me”.
“Scusami” aveva allora osato Maurizio, “ma a casa tua da sola non era meglio? Non saresti stata più tranquilla e a tuo agio?”
“No!”
“E perché mai?”. Sempre più incuriosito, Maurizio voleva capire. In fondo lui non aveva fatto proprio nulla, aiuto zero, aveva solo tenuto aperto il centro oltre l’ora di chiusura.
Fatima lo aveva guardato con un sorriso mentre metteva via i suoi libri e il suo astuccio. “Perché mai? Perché io non avevo bisogno che tu mi aiutassi in inglese, ho imparato a farcela da sola. Sì, avrei potuto studiare a casa da sola, ma io ho bisogno di venire qui al centro, ho bisogno di sentire qualcuno vicino, anche uno come te che in inglese è un disastro. Non chiedermi di più, semplicemente ho bisogno di avere qualcuno vicino, quando studio e forse anche di più!”
Fatima aveva messo tutto nella borsa, si era alzata e aveva detto a Maurizio “Andiamo!”
Avevano fatto cento metri insieme senza dire una parola, poi erano arrivati ad un bivio e Maurizio, sapendo che la ragazza sarebbe andata dalla parte opposta alla sua, si era fermato e prima di salutarla le aveva detto: “Grazie, oggi mi hai fatto capire un po’ di più quello di cui tutti abbiamo bisogno.”
Fatima lo aveva guardato e gli aveva di nuovo chiesto scusa perché lo aveva trattenuto oltre il tempo dovuto.
“Sì, avevo altro da fare” aveva allora detto Maurizio con estrema sincerità, “ma sono contento di essere rimasto. L’ho fatto per te, certo, ma ora mi sto accorgendo che l’ho fatto per me. Sono io ad aver bisogno di quello sguardo di cui hai bisogno tu, sono io che ho bisogno di imparare da te a guardare il centro come casa mia.”
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