“Ci siamo ispirati, in uno di quei momenti di piacevole conversazione tra docenti, al romanzo di Marcel Proust Il tempo ritrovato”. La saga dell’autore francese ci ha fatto pensare alle affinità della nostra sfida sulla ricerca didattica, per dare piena resa al tempo dell’offerta formativa, con il valore dato al tempo dallo scrittore francese grazie ai viaggi della memoria. Un’offerta formativa rispondente a discipline e curricoli, contestualizzato in tanto altro fortunatamente, dietro cui i docenti si affannano ritenendo sovente quello il modo migliore per fare docenza. Ci piace ricordare che il tempo e lo spazio sono le categorie attraverso cui passa l’innovazione metodologico-didattica e che le strade dell’innovazione si aprono in misura più ampia e più agevolmente se si interagisce in uno spazio diverso e quindi nuovo e se si passa attraverso un’organizzazione del tempo didattico che vada oltre gli schemi cui si è abituati, è assunto ormai consolidato soprattutto in virtù delle “idee” promosse, grazie all Indire (Istituto nazionale documentazione innovazione ricerca educativa). L’uso flessibile del tempo è una declinazione specifica della “compattazione del calendario scolastico”, prima idea madre delle Avanguardie educative (Ae) sul tempo didattico.



Come espresso nelle dovute argomentazioni tecniche in un articolo scientifico sulla flessibilità del tempo scritto a otto mani dai docenti del Liceo Sannazaro e inviato all’Indire stesso, a seguito di segnalazione d’interesse del progetto “Il tempo ritrovato” candidato alla selezione Indire nei giorni di settembre 2018, quel progetto conteneva le coordinate per attuare più idee delle Ae, movimento dell’Indire stesso cui il Sannazaro è stato accreditato nel tempo.



Le idee delle Ae sono centrate proprio sulle categorie prioritarie di spazio e tempo e gli orizzonti di riferimento del Manifesto delle avanguardie, su cui ci siamo concentrati, sono diversi e difatti la connotazione prevalente del progetto stesso è stata quella di essere un corpus organico fondato su pilastri strettamente interconnessi: trasformare il modello trasmissivo della scuola, riorganizzare il tempo di fare scuola, riconnettere i saperi della scuola e i saperi della società della conoscenza, investire sul capitale umano ripensando i rapporti (dentro/fuori), creare nuovi ambienti per l’apprendimento.



E su tali basi si è fondato un sistema interconnesso che da un lato ha ottimizzato tempi di apprendimento, dall’altro favorito un più fluido dialogo tra docenti. La flessibilità del tempo scuola ha assorbito la trasversalità dell’allora alternanza scuola-lavoro con un coinvolgimento dei ragazzi decisamente più attivo e sulla premessa di una progettazione per competenze nell’ambito dei dipartimenti disciplinari e per aree, sia orizzontali, tra classi parallele, che verticali e quindi in continuità. Anche l’orientamento universitario, connotazione che ci riconduce in uno con la trasversalità ai vigenti Pcto (Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento), è stato assorbito da tale modalità: svolto anche in sede, in collaborazione tra docenti del liceo e professori universitari con la partecipazione diffusa degli studenti per sciogliere le residue riserve possibili su un indirizzo o un altro. Anche attraverso questa finestra sul tempo didattico stava passando l’innovazione, che in verità fonda le sue radici nel Mce, Movimento di cooperazione educativa – inserito sul sito Indire – e nel pensiero di Freinet. Ergo, sono 60 anni che si prova a innovare e per fortuna anche l’Indire, oltre alle famiglie che hanno scelto quell’orientamento, ha valorizzato la scuola del Sud.