L’incontro Riforma della formazione iniziale e continua: valorizzare e qualificare la professione docente previsto per oggi, 23 agosto, al Meeting di Rimini, sembrerebbe riservato ad un pubblico di addetti ai lavori. Certamente sarà un importante appuntamento per quanti vivono in qualche modo il mondo della scuola, insegnanti, dirigenti, gestori di scuole, vista la presenza di autorevoli protagonisti della progettazione e gestione del nuovo sistema di formazione degli insegnanti, il ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, e il capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del ministero dell’Istruzione, Carmela Palumbo. Ovvero scuola ed università in dialogo: i due soggetti chiamati a gestire questo processo introdotto dalla legge 79 del 2022 e dai successivi interventi normativi. Un processo peraltro lungo e complesso.



Certo la gestione di questa fase iniziale, potremmo dire un po’ emergenziale, legata com’è ai milestone del PNRR, si è rivelata inevitabilmente caotica e complessa, come stiamo vedendo anche in questi mesi in cui migliaia di aspiranti insegnanti e decine di commissioni sono stati impegnati in tempi serrati nell’espletamento della fase conclusiva del cosiddetto “concorso PNRR”.



Ma la prospettiva dei prossimi anni è di più ampio raggio: si tratta di creare un nuovo sistema che si presenta ambizioso perché mira, finalmente, a mettere ordine e stabilità nonché a rendere efficace il sistema di formazione iniziale e di reclutamento dei docenti in Italia. Una questione delicata, che si trascina infatti da decenni, e che spesso ha visto in passato ministri smontare quanto fatto dai predecessori, con scelte che talvolta si sono rivelate peggiori di quanto si voleva correggere.

Oggi la vera posta in gioco è quindi creare un sistema che possa rispondere alla domanda decisiva e non più rimandabile: come preparare docenti in grado di sostenere un compito che appare quanto mai delicato, quello dell’educazione e della formazione dei giovani. Nei prossimi mesi i due ministeri coinvolti, Istruzione e Merito ed Università e Ricerca, saranno chiamati a definire norme attuative dei dispositivi legislativi di rango generale per individuare  forme istituzionali, procedure organizzative – non da ultimo il ruolo della scuola di Alta Formazione, e strumenti adeguati a questo obiettivo.



Per questa ragione l’incontro del Meeting riguarda tutti: non solo gli aspiranti insegnanti, non solo, appunto gli addetti ai lavori, perché c’è in gioco una questione essenziale (per richiamare il tema del Meeting), che riguarda l’intero sistema Paese: quella di formare (e poi “arruolare”, come si dice con un termine un po’ militaresco) una generazione di insegnanti che sappia raccogliere le esigenze di giovani pieni di domande ma spesso sempre più smarriti, di comprendere quali sono gli elementi fondamentali per una formazione al passo con le esigenze di tempi in continua trasformazione, di dialogare in modo proficuo con le famiglie.

All’orizzonte c’è dunque una grande sfida: fare in modo che la professione docente possa tornare ad essere un mestiere attrattivo per i giovani, possa tornare ad essere sentita come una vocazione e non un ripiego: c’è bisogno infatti di insegnanti, giovani (e non solo) desiderosi di condividere con altri la passione per le proprie discipline e per il loro insegnamento. È chiaro che perché questo accada ci sono anche altre questioni in ballo (retribuzione, carriera, ecc.), ma rendere più lineari i percorsi di accesso, superando i  meccanismi di graduatorie che, spesso sovrappostesi nel tempo, continuano a creare ingiustizie e frustrazioni, costruire profili culturali adeguati, in un mix di competenze disciplinari, pedagogiche, relazionali, definire modalità chiare per le abilitazioni e tempi certi per i concorsi rappresentano con tutta evidenza nodi decisivi.

La posta in gioco dunque è alta: la possibilità di valorizzare e qualificare la professione docente perché solo insegnanti qualificati e motivati saranno in grado di stare di fronte a sfide del nostro tempo. Perché una cosa è evidente: nella scuola, al di là degli investimenti economici (o meglio, accanto a questi) per progetti, strumenti, laboratori, occorre investire sulla professionalità degli insegnanti, perché ciò che fa la differenza sono e saranno le persone, la loro capacità di creare relazioni, di fare delle classi e delle scuole luoghi davvero educativi, dove lavorare insieme con colleghi e ragazzi.

In questa prospettiva, per costruire il nuovo sistema di formazione sarà importante anche l’apporto delle associazioni professionali (non è un caso che l’incontro del Meeting preveda l’interlocuzione con rappresentanti di alcune di queste realtà come Diesse, Disal o Compagnia delle Opere Educative), che, in un’ottica sussidiaria, possono e, crediamo, devono essere coinvolte, in quanto in grado di portare nei luoghi decisionali la voce della scuola reale, l’esperienza culturale, pedagogica e didattica dei professionisti maturata nel tempo.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI