Il virus Sars-Cov-2 si è diffuso in tutto il mondo a partire da febbraio 2020 e continua ad avere un impatto sulla vita delle persone influenzando le interazioni interpersonali e sociali, il lavoro e la scuola, la libertà di movimento e di viaggio e le abitudini familiari. La ricerca internazionale ha mostrato che la pandemia può essere considerata un fattore di forte stress per i bambini, gli adolescenti e i loro genitori aumentando il rischio di conseguenze negative sullo sviluppo e il benessere psicologico. In particolare, nel periodo della pandemia i problemi di ansia, insonnia, disturbi alimentari, depressione e scarsa concentrazione sono molto aumentati nell’età evolutiva rispetto alla media degli anni precedenti.



Allo stesso tempo, la difficoltà di incontrarsi in persona a causa del virus ha reso più complesso (e spesso impossibile) l’eventuale intervento per la risoluzione di questi sintomi e il supporto alle famiglie. Gli studiosi ipotizzano che questi problemi siano al momento molto diffusi non solo fra coloro che stavano già vivendo difficoltà (economiche, ambientali, sociali e psicologiche) nel periodo pre-pandemico, ma anche in soggetti senza preesistenti problemi emotivi e comportamentali. Per i bambini in particolare, l’impossibilità di vivere in un ambiente prevedibile, stabile e con abitudini consolidate e rassicuranti costituisce un importante fattore di rischio per lo sviluppo di difficoltà psicologiche; inoltre, gli adolescenti stanno soffrendo molto il fatto di non poter incontrare liberamente i coetanei, confrontarsi con loro e frequentare la scuola in un clima sereno. La naturale spinta alla relazione, che nei bambini si concretizza maggiormente nel rapporto con i genitori e negli adolescenti si manifesta soprattutto nelle interazioni con i pari, è in questo momento messa alla prova dalle misure di precauzione sanitaria presenti a causa del Covid.



Nonostante queste precauzioni siano messe in campo per arginare le conseguenze negative sulla salute delle persone, non si possono ignorare i possibili outcome disadattivi che possono verificarsi in particolare nei giovani. C’è poi un altro aspetto importante. Secondo molte ricerche, durante la pandemia i ragazzi stanno utilizzando molto intensamente internet e i social network. Durante i lockdown gli studenti hanno dovuto seguire le lezioni online, dovendo passare molto tempo di fronte agli schermi dei computer o degli smartphone; ma oltre a questo tempo dedicato allo studio, i giovani hanno utilizzato molto le nuove tecnologie per tenersi in contatto con amici o parenti oppure per giocare ai videogame (spesso in modalità online con gruppi di coetanei). Questo ha portato ad un tempo totale di utilizzo della rete molto superiore al periodo pre-pandemia. Si è visto infatti che i ragazzi sono passati da circa 3 ore al giorno ad un utilizzo di oltre 7 ore. La letteratura scientifica aveva già messo in luce i rischi di un uso eccessivo del web, ma i recenti eventi dell’emergenza sanitaria hanno comportato un aumento di questi rischi.



Sicuramente, i bambini, i ragazzi e le famiglie stanno attraversando un periodo di grandi cambiamenti delle loro abitudini e stanno affrontando sfide molto complesse per adattarsi non solo alle difficoltà imposte della pandemia, ma anche agli strumenti che la società sta proponendo per far fronte a questi problemi. Gli adulti sono spesso chiamati a contemperare le esigenze familiari con i nuovi ritmi dello smartworking o i cambiamenti nelle routine di lavoro in presenza, contrassegnate dal rispetto di linee guida di precauzione sanitaria e da riunioni a distanza. I giovani devono confrontarsi con una realtà incerta e spesso percepita come pericolosa, in cui gli incontri con i coetanei rischiano di perdere spontaneità e l’apprendimento si svolge spesso con modalità nuove. Ci troviamo quindi in un momento che mette alla prova sia la salute fisica delle persone che il loro benessere psicologico, come non era mai successo prima nella nostra storia.

La comunità accademica deve rispondere a questa sfida proponendo una formazione che tenga conto della realtà attuale, dei rischi specifici che questa realtà pone all’età evolutiva e approfondire anche l’uso degli strumenti di valutazione e intervento che integrano sistemi di trattamento mediati dalla tecnologia. A questo scopo, la facoltà di Psicologia dell’Università Telematica Internazionale Uninettuno ha realizzato il corso di laurea magistrale in Psicologia clinica dell’infanzia e dell’adolescenza, che sulla base delle riflessioni sopra esposte intende fornire agli studenti una preparazione aggiornata su temi come: 1) La psicologia dello sviluppo tipico e atipico, valorizzando gli aspetti connessi alle dinamiche familiari, le relazioni del bambino e dell’adolescente con il gruppo dei pari e le possibili problematiche che possono emergere in questo contesto; 2) L’uso della tecnologia e dei social network come risorsa e potenziale rischio per l’infanzia e l’adolescenza; 3) La valutazione attraverso sistemi diagnostici e strumenti standardizzati, offrendo allo studente la possibilità di familiarizzare con l’uso teorico e clinico degli strumenti; 3) Il trattamento della psicopatologia del bambino e dell’adolescente, anche attraverso l’illustrazione e la discussione di vignette cliniche; 4) La trasmissione intergenerazionale del rischio psicopatologico dal genitore al figlio in un’ottica intersoggettiva e relazionale; 5) I sistemi di classificazione diagnostica e i metodi di valutazione e intervento in chiave relazionale.

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