Caro direttore,
se per i greci scholé era innanzi tutto il tempo libero, dedicato alla coltivazione dei propri interessi e delle proprie disposizioni intellettuali, potremmo dire che non esiste un periodo più favorevole all’apprendimento di quello delle vacanze, lontani da programmi e verifiche. Tempo da dedicare alla lettura, alla visita di luoghi significativi, parchi, aree archeologiche, musei, teatri all’aperto, oppure alle passeggiate o alla contemplazione di fronte agli spettacoli della natura e dell’arte.
Ne è convinto anche l’amico che mi ospita in un luogo remoto, in aperta campagna, fra olivi secolari. Qui si sente solo il frinire delle cicale, il latrato dei cani, il raglio dell’asino. La città, con le sue sirene assordanti, è un’eco lontana. L’amico è un contadino filosofo, o “contadino cosciente”, come ama dire, che pare venire fuori dalle pagine di Virgilio. Polemico contro le derive della civiltà contemporanea e della scuola, che ne è l’espressione, sostiene che occorre ricominciare dall’educazione. È assurdo che un bambino non abbia mai visto una gallina o che non sappia distinguere un tiglio da un platano: la cultura si è separata dalla natura, per secoli fonte primaria di ispirazione per la scienza e per la poesia.
Nel suo podere il nostro ospite cura amorevolmente la ruta e la belladonna, il ligustro e la digitale, mentre mi offre un delizioso miele di acacia. Il ligustro, la digitale, l’acacia? Ma come faccio a non pensare a Pascoli e a Montale? La scuola si è separata dalla vita, insiste, l’abbiamo ridotta a una conoscenza intellettuale con la noia che ne consegue.
Mi viene una modesta proposta didattica: il nostro Paese è ricco di luoghi naturali, storici ed artistici; di parchi letterari, aree archeologiche spesso facilmente raggiungibili; per di più siamo favoriti da un clima che permette per lunghi mesi uscite ed escursioni. Perché non unire l’utile al dilettevole, coinvolgendo discipline e competenze diverse, a vantaggio di studenti e insegnanti? Far vedere a un ragazzo un melograno, illustrare la sua storia, le proprietà e i modi di impiego, i miti arcaici che l’accompagnano, la poesia che da esso viene, da Omero a san Giovanni della Croce, a Carducci? Potremmo giovarci dell’utilissimo Florario. Miti, leggende e simboli di fiori e piante di Alfredo Cattabiani per inoltrarci a capire che “una pianta non è soltanto una pianta”. La scuola tornerebbe ad essere luogo di conoscenza amorosa e profonda, fedele alla concezione che l’ha fatta nascere.
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