Oggi giovedì 22 gennaio alle 18 a Rimini, negli spazi dell’arena Cdo, all’interno dell’annuale Meeting per l’Amicizia fra i popoli, si tiene l’incontro L’intelligenza artificiale va a scuola? organizzato da Compagnia delle Opere (educazione), DiSAL (Dirigenti scuole autonome e libere), Diesse (Didattica e innovazione scolastica) e Associazione Il rischio educativo.



Intervengono Emanuele Frontoni, professore di informatica nell’Università di Macerata e co-director Vrai (Vision Robotics & Artificial Intelligence Lab) e Pier Cesare Rivoltella, professore di didattica e tecnologie dell’educazione nell’Università di Bologna, fondatore e presidente della Sirem (Società italiana di ricerca sull’educazione mediale).



Nella presentazione dell’incontro sul sito del Meeting si legge: “L’intelligenza artificiale sta già cambiando le modalità di lavoro nelle scuole e può aiutare gli insegnanti a rispondere alle necessità dei discenti”. Ma prima di dire come può aiutare studenti e docenti e attori della scuola in generale, dobbiamo chiederci che cosa sia l’intelligenza artificiale. In cosa è “intelligente” l’intelligenza artificiale? Oppure, come sostiene Noam Chomsky, il termine IA è equivoco perché è illegittimo chiamare intelligente qualche cosa che nella sua definizione – per dire la cosa con Aristotele – non implica l’intelligenza pur essendo magari  un prodotto dell’intelligenza? È infatti un principio di realismo prima di servirsi di uno strumento chiedersene lo scopo e quindi anche capirne l’origine.



L’intelligenza artificiale è uno dei nuovi (relativamente nuovi, a dire il vero, visto che il termine è stato coniato da McCarthy nel 1954 ormai 70 anni fa!) modi con cui entriamo nel mondo digitale e dobbiamo ricordarci che è un prodotto del lavoro dell’uomo nel campo dell’informatica, per poter acquisire dati e produrre elaborazioni sfruttando potenze di calcolo inimmaginabili fino a 15/20 anni fa. Ma un prodotto che resta senza una sua reale (e spesso temuta) autonomia.

Il dialogo con Frontoni e Rivoltella vuole aiutare docenti e dirigenti, studenti e genitori a recuperare tre elementi chiave del vivere la scuola attraverso proprio le domande che la presenza sempre più pervasiva dell’IA ci pone.

Al centro della scuola c’è la relazione discente-docente: l’IA può aiutare tale relazione? Può anzi contribuire a creare un clima collaborativo di comprensione e costruzione del senso degli oggetti di studio e della realtà che ci circonda?

Da anni si discute della necessità di dare il giusto spazio allo sviluppo delle competenze sia disciplinari sia interdisciplinari. L’avvento dell’intelligenza artificiale rompe (forse) definitivamente l’immagine di una scuola che si realizza in un metodo trasmissivo e unidirezionale. Che senso ha chiedere informazioni e informazioni fini a sé stesse in un rigido nozionismo di fronte alla possibilità di ottenere quelle stesse informazioni con un mirato prompt a ChatGpt o a Gemini? La strada per arrivare a quelle informazioni, i passi per costruire qualcosa di nuovo e originale devono diventare l’assetto nuovo dell’impegno di studenti e docenti a scuola.

Ma se questo è lo scenario che si è aperto, direi che un’ultima immagine nuova di scuola emerge: la scuola come luogo di ricerca. Un laboratorio che continua a porsi domande e a cercare risposte.

È una sfida interessante e decisiva che si pone davanti alla scuola nell’età della transizione digitale, ma l’aspetto più importante non è tanto o solo la questione del sapere tecnico che ci è chiesto di fronte all’intelligenza artificiale, quanto il riscoprire le radici di una pedagogia fatta di incontri e scoperte. Ne parliamo oggi al Meeting per aiutare il lavoro dell’anno scolastico che sta per cominciare e ne parliamo con due esperti sia dell’information technology come il professor Emanuele Frontoni, che ci presenterà alcuni degli strumenti basati sull’IA nel campo educativo (anche per quanto riguarda il delicato aspetto dell’inclusione degli studenti con varie disabilità), sia della pedagogia, come il professor Pier Cesare Rivoltella che da anni compie studi e ricerche sulla didattica digitale. E anche questa mescolanza di punti di vista differenti è un’ulteriore occasione e dimostrazione della necessità di mettere in campo competenze e conoscenze differenti per rispondere alla complessità affascinante dell’oggi in cui dobbiamo introdurre le nuove generazioni.

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