Torna alla ribalta il sistema dell’Istruzione e formazione professionale (IeFP)? L’8 novembre sono stati presentati in streaming sul canale YouTube dell’Area Valutazione delle scuole dell’Invalsi a cura di Michela Freddano i risultati della sperimentazione del Rapporto di autovalutazione anche in questo settore dell’istruzione secondaria.



In questi giorni in cui si torna a parlare di Letizia Moratti che è stata ministro dell’Istruzione dal 2001 al 2006 nel governo di centrodestra, può essere interessante ricordare alcuni dei principali provvedimenti legislativi sulla scuola assunti in quel periodo: anticipo a 5 anni della scuola primaria, varo di Invalsi e legge 40/2007 di riordino complessivo del sistema di istruzione secondaria, con la creazione di un sistema di IeFP all’interno del quale ottemperare all’obbligo scolastico fino a 16 anni.



Tre provvedimenti che sono sempre stati giudicati diversamente dalle due diverse componenti della sinistra, le quali non nascono certo da oggi. La sua componente mélenchoniana ha sviluppato un’azione di sabotaggio (riuscito) verso una misura come l’anticipo, considerata informazione altri Paesi come uno strumento di contrasto alla disequità del sistema (vedi la Francia di oggi), ostilità netta a valutazioni degli apprendimenti serie e comparate, anch’esse strumento possibile di trasparenza e pertanto di correzione dei difetti della scuola che colpiscono maggiormente i figli dei ceti meno istruiti, ed infine disprezzo e marginalizzazione verso un settore formativo considerato di serie B perché orientato al lavoro, a fronte di un’esaltazione premoderna della formazione “disinteressata” dei licei. Stessa radice ideologica dell’aperto contrasto alla alternanza scuola-lavoro che i 5 Stelle hanno ribattezzato mutilato con la misteriosa sigla Pcto.



Una ragione non secondaria del fatto che di questo settore da più di un decennio si parla poco, complici le politiche delle regioni, segmentate come nel caso del Covid e soprattutto in gran parte incapaci o senza la volontà di sviluppare un settore che pure la Costituzione ha affidato loro.

In questo silenzio però la IeFP ha continuato a svilupparsi, fino a raggiungere il numero di 350mila allievi, come è stato ricordato nel convegno.

Si diceva che a partire dal mese di marzo 2021 ha preso avvio la sperimentazione del Rapporto di autovalutazione della IeFP per le sedi formative che hanno aderito nell’anno scolastico 2020/2021. Il progetto era nato sotto la presidenza Invalsi di Annamaria Ajello nel 2014, attraverso un gruppo interistituzionale comprendente Invalsi, Isfol e Tecnostruttura che rappresentava le Regioni.

La sperimentazione ha interessato 23 enti di formazione professionale – appartenenti alle organizzazioni salesiane Cno-Fap e Ciofs-Fp insieme a Forma e Cenfop – e 173 sedi formative che erogano corsi relativi all’assolvimento del diritto-dovere dell’obbligo fino ai 16 anni ed in quanto tali appartengono a pieno titolo al sistema di istruzione nazionale ai sensi della legge sopra ricordata. Territori coinvolti: prima di tutto il Nordovest con il Piemonte, poi, nel solito ordine che abbiamo imparato a conoscere, Nordest, Lazio, Centro e Sud-Isole.

Le modalità di lavoro hanno compreso seminari di riflessione con un coinvolgimento complessivo di 820 operatori sui risultati relativi alle provenienze scolastiche degli iscritti (il 77% direttamente dalla scuola media) sui loro percorsi scolastici (all’85% promossi al primo e secondo anno), sulle caratteristiche degli insegnanti (circa la meta a tempo indeterminato e con stabilita di 5 anni e sulle dimensioni della strumentazione di base dei laboratori (buone).

È da aggiungere che alla stessa pattuglia di centri appartengono quelli che hanno deciso da anni di partecipare alle prove Invalsi, contribuendo anche alla loro formulazione attraverso formatori competenti e con risultati molto interessanti. Infatti una notizia sorprendente, ma non inedita visto che era già emersa in Pisa 2012, è che alle prove Invalsi i Centri di IeFP che hanno accettato di somministrarle hanno registrato risultati superiori a quelli dell’Istruzione professionale statale. Notizia per certi versi appunto sorprendente e che mette in discussione l’immagine di scuola di serie D.

D’altra parte le Regioni hanno già – come è stato più volte ricordato – delle modalità di valutazione, essenzialmente di processo, ai fini dell’accreditamento. Nel corso del Convegno è stato ricordato che perciò, al contrario degli istituti di istruzione, i centri sono abituati da anni ad utilizzare modalità di valutazione di processi attraverso il Sistema Qualità ISO 9000. L’utilizzo del Rav ha il merito di introdurre altri elementi di giudizio più specificamente legati agli esiti attesi dei processi stessi cioè agli apprendimenti, oltre che di collocare la IeFP a fianco degli altri ordinamenti con pari dignità. Costante è stato infatti nel corso degli interventi la sottolineatura dell’importanza attribuita all’accompagnamento “reciproco” realizzato da Invalsi e l’apprezzamento dei centri per il fatto di essersi scattati una fotografia utile per vedersi con più chiarezza e per potersi confrontare reciprocamente. Donde l’impressione di una notevole soddisfazione in quelli che hanno partecipato all’esperienza, risultato non scontato viste le difficoltà di mettere in rapporto sistemi formativi con molte differenziazioni.

La prospettiva potrebbe essere di coinvolgere anche la IeFP nella piena ripresa del Sistema nazionale di valutazione che è stata annunciata a partire dal 19 settembre con una nuova stagione 2022-25. L’allargamento dei partecipanti – che non può avvenire al momento che su base volontaria, vista la competenza regionale nel merito – potrebbe essere incentivato dalla volontà di collocarsi ad esempio su Scuola in Chiaro allo stesso livello degli altri tipi di formazione, per quanto riguarda la possibilità di informazione delle famiglie.

Una strada lunga ma interessante per la emergenza che nei nostri Paesi europei è rappresentata dalla necessità di una buona e seria formazione per il lavoro, spesso sostituita da formazioni “liceali” apparentemente attraenti, ma sostanzialmente vuote.

L’Italia non è il solo Paese avanzato in cui la formazione per il lavoro è un problema. La realtà positiva dei paesi dell’Europa Centrale (di cultura tedesca, ma anche con alle spalle la tradizione della scuola politecnica dei regimi comunisti) è piuttosto isolata. Nel corso del Convegno è stato citato un articolo apparso nello stesso giorno sul Times in cui si metteva a tema la necessità di sviluppare una seria ed organizzata formazione per il lavoro, di cui notoriamente quel Paese è privo. Una buona ragione per fare diventare la buona legge 40 realtà effettiva della società, ciò che non avviene nel nostro Paese molto spesso.

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