Il Comitato tecnico-scientifico, che si è riunito per dare le proprie valutazioni sulle precauzioni da prendere in vista della riapertura delle scuole, si è tenuto ieri pomeriggio. Ne è uscita una sostanziale replica di quello che era già chiaro precedentemente: il distanziamento va garantito in ogni caso. Ma garantire il distanziamento vuol dire destinare nuovi spazi alla scuola, e far lavorare in sicurezza il personale vuol dire predisporre dei test sierologici. Su questi punti però mancano ancora risposte concrete (o anche solo attuabili) dal governo. I dubbi restano, mentre in Francia e Germania molte scuole sono già state richiuse per casi di Covid pochi giorni dopo aver riaperto.



Ne abbiamo discusso con Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp). Il tono delle sue risposte è conciliante con la ministra Azzolina e le istituzioni, ma quando si arriva a parlare degli spazi aggiuntivi per la scuola, Giannelli conviene che “è oggettivamente difficile che i lavori finalizzati a creare nuovi spazi si concludano entro il 14 settembre”. Ma vale anche per i mezzi pubblici, dove si è capito che il distanziamento non sarà possibile garantirlo. Secondo Giannelli “si rischia di far abituare i ragazzi a comportamenti diversi rispetto a quelli che dovranno tenere in classe, rendendogli più difficile l’assimilazione delle norme anticontagio”.



Le scuole riapriranno il 14 settembre, tranne Bolzano che ha optato per il 7 e la Puglia che entrerà il 24. La ministra chiede che le scuole non richiudano subito dopo aver riaperto: questo può far presumere che la data di riapertura potrebbe slittare?

Le parole della ministra vanno, a mio parere, interpretate diversamente. Ritengo che il senso di tale dichiarazione, nella sostanza condivisibile, sia che occorre che la riapertura delle scuole avvenga nel pieno rispetto delle misure di sicurezza previste dai protocolli, nel segno della loro pedissequa applicazione e nella prospettiva della loro doverosa messa in atto. Se tutti, a partire dal dirigente scolastico e dal personale della scuola fino agli alunni e alle loro famiglie, condividono comportamenti responsabili e li innestano concretamente nel loro agire quotidiano, allora sarà possibile garantire condizioni di sicurezza in grado di contrastare la diffusione del contagio in un contesto tanto complesso quale quello scolastico.



La ministra Azzolina ha dichiarato: “Assumeremo a tempo indeterminato circa 97mila persone tra docenti, dirigenti e personale Ata”. Che cosa è primario per la ripartenza della scuola?

In estrema sintesi, per la riapertura delle scuole occorre che sia garantita, nei casi in cui se ne ravvisi la necessità – e le assicuro che sono molti – la presenza di tre elementi: spazi, arredi e personale in più. L’assenza di uno di questi fattori può determinare un riavvio estremamente faticoso delle attività scolastiche.

Ma ci saranno gli spazi dove fare lezione al di fuori delle aule?  Si sa qualcosa dei lavori sulle strutture (al fine di rispettare il distanziamento) che la ministra Azzolina ha rivendicato?

Per quanto riguarda gli spazi sappiamo che mancano, al momento, circa 20mila aule che gli enti locali dovranno allestire o procurare al più presto per le scuole che ne hanno fatto richiesta. Il recente “decreto agosto” mette a disposizioni di tali enti delle somme per eseguire lavori finalizzati alla creazione di spazi ulteriori, ma è oggettivamente difficile che essi possano concludersi entro il 14 settembre. Circa banchi e sedute monoposto il commissario straordinario sostiene che saranno consegnati già nei primi giorni di settembre: non possiamo che auguraci vivamente che ciò possa avvenire servendoci dell’entusiasmo dell’ottimismo, più che di quello della ragione.

Dal punto di vista dell’assunzione di personale in più siete soddisfatti?

Per il personale in più apprezziamo lo sforzo dell’amministrazione ma bisognerà vedere se le esigenze delle scuole saranno pienamente soddisfatte. Di certo occorrono più docenti per lo sdoppiamento delle classi e più collaboratori scolastici per la vigilanza di più aule e per la più frequente pulizia degli ambienti.

Sul trasporto pubblico è stato previsto che il distanziamento sarà applicato dove possibile. È la resa del governo su un punto difficilmente risolvibile, specie nel caso delle scuole in località rurali?

Non entro nel merito di valutazioni politiche ma preferisco muovermi sul piano delle considerazioni concrete. Il fatto che non sempre sarà possibile il distanziamento sui mezzi pubblici rischia di innescare una sorta di cortocircuito mentale negli studenti, che dentro la scuola sono tenuti a tenere comportamenti specifici e a rispettare regole ferree, comportamenti e regole che, però, verrebbero “smentiti” o resi vani dall’assunzione di condotte differenti e persino contrastanti da assumere sui mezzi di trasporto pubblico. Ciò, di certo, non contribuirebbe alla piena assimilazione delle norme anticontagio da parte degli studenti e potrebbe vanificare l’azione di informazione e di formazione messa in atto dalla scuola per favorire comportamenti responsabili.

I presidi chiedono uno scudo per non finire accusati di colpe gravi se uno studente contrae il Covid. Ma allora di chi sarà la responsabilità? Non si rischia che, se nessuno se la intesta, i genitori non mandino i figli a scuola?

Facciamo preliminarmente chiarezza dal punto di vista lessicale che diventa, inevitabilmente, sostanziale: i presidi non chiedono uno scudo penale perché di scudo si può parlare facendo riferimento a chi ha commesso illeciti e chiede una way out, una forma di regolarizzazione inibente l’azione penale. I presidi chiedono invece che sia rivista la loro responsabilità penale, in relazione al timore riguardante la sicurezza non solo degli studenti ma di tutto il personale della scuola in epoca di Covid-19. Per questa ragione come Anp abbiamo chiesto che, prima della riapertura delle scuole, si riveda la responsabilità penale imputabile ai dirigenti scolastici in relazione alla sicurezza sugli ambienti di lavoro. Poiché il Covid-19 è equiparato a un incidente sul lavoro, una volta che il dirigente scolastico attua il protocollo sanitario, allora, secondo noi e secondo buon senso, non gli si deve imputare nulla.

Non sarebbe stato meglio prevedere dei corsi sulla prevenzione per alunni e docenti in modo da far rispettare meglio le indicazioni del ministero?

Già diversi documenti ministeriali e, in particolare, il protocollo d’intesa per garantire l’avvio dell’anno scolastico nel rispetto delle regole di sicurezza per il contenimento della diffusione di Covid-19, invitano espressamente le istituzioni scolastiche a comunicare alle famiglie, agli studenti e ai lavoratori della scuola, tramite i loro canali di diffusione, le determinazioni finali sulle procedure di contenimento del rischio di contagio. In pratica il dirigente scolastico è tenuto a informare, attraverso un’apposita comunicazione destinata a tutto il personale, gli studenti e le loro famiglie sulle regole fondamentali di igiene che devono essere adottate in tutti gli ambienti della scuola. Le attività di formazione, ovvero i corsi sulla prevenzione, saranno certamente nell’agenda delle scuole nelle fasi di avvio dell’anno scolastico. Vorrei ricordare, a tal proposito, che questo tipo di attività formativa, legata all’educazione alla salute e alla promozione di comportamenti corretti come forma di concreta espressione di cittadinanza attiva, è naturaliter nelle corde delle scuole.

Domenico Arcuri ha parlato di due milioni di test sierologici, su base volontaria, da fare in 2 settimane. Non sembra un numero di test troppo alto da fare in così poco tempo? 

I numeri della scuola sono sempre macro e possono, ovviamente, spaventare. D’altra parte anche il protocollo di sicurezza e non solo il commissario straordinario ritengono necessario dare l’opportunità di svolgere test diagnostici per tutto il personale del sistema scolastico, incluso quello supplente, in concomitanza con l’avvio delle attività didattiche e nel corso dell’anno, ma anche effettuare test a campione per la popolazione studentesca con cadenza periodica. Possiamo solo sperare che la sinergia tra il ministero della Salute, il commissario straordinario e l’Autorità garante per la protezione dei dati personali possa dare i suoi frutti in tempi celeri.

Ma si sa cosa accadrebbe se molte di quelle persone risultassero positive, magari anche al tampone successivo?

Attendiamo da parte dei tecnici di conoscere le procedure standardizzate da seguire anche per la gestione di questi casi.

(Lucio Valentini)

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