Tra Silvio Cattarina e le sue comunità de l’Imprevisto di Pesaro e le scuole Romano Bruni di Padova ci sono state, per l’amicizia e la stima reciproca che ci lega, tante occasioni di incontro. L’ultimo proprio qualche giorno fa, quando il liceo scientifico Romano Bruni ha invitato Silvio e due suoi ragazzi a incontrare tutti i liceali. Due incontri molto interessanti, dove studenti e docenti, appassionati al tema della “ripartenza, ma di una ripartenza bella e significativa” hanno voluto incontrare l’esperienza de l’Imprevisto.
Il coordinatore didattico del liceo, il professor Frizziero, ha proposto anche un incontro di Cattarina con i docenti, un dialogo aperto sulle questioni che più stavano loro a cuore. Cattarina non è “uomo di scuola” in senso stretto, ma conosce bene la realtà della scuola italiana, avendo avuto tante occasioni di raccontare dell’Imprevisto davanti a studenti di tutta Italia. Non so quante volte abbia avuto opportunità di un dialogo aperto con i docenti intorno agli aspetti della questione educativa, ma ciò che ha affermato durante quell’incontro ci è parso un contributo veramente originale e sanamente provocatorio, tanto da doverci tornare sopra con attenzione. Così abbiamo ripercorso insieme alcuni punti del dialogo per poterli offrire a tutti, anche come contributo all’importante dibattito sulla scuola post-Covid apertosi in Italia.
Al racconto di un insegnante che all’inizio dell’anno scolastico aveva pensato di offrire ai suoi studenti una cosa bellissima e per questo aveva approntato una curata iniziativa didattica, Cattarina ha subito sparigliato le carte: “No, la cosa più bella, la presenza più importante sei tu, è la tua persona! Il dono più grande per i tuoi studenti è sempre e comunque la tua persona. Per il figlio, per lo studente, per un piccolo la presenza, il fatto che non può mancare è sempre l’adulto, il genitore, l’insegnante, il maestro (magister ha dentro la parola ‘grande’). La bellezza e la forza di un insegnante è la coscienza, la piena contezza che possiede di questa importanza, di questa autorevolezza e autorità (dal latino: chi aiuta a crescere). La parola insegnante contiene la parola segno, vuol dire che porta, che lascia un segno… Così si capisce che la grandezza di una persona non è ciò che fa o ciò che ha, bensì quello che porta; meglio ancora quello di cui è portatrice. Dunque, il primo dono per lo studente è sempre il docente. È giusto dire che al centro della scuola ci sono gli studenti, ma propriamente e innanzitutto al centro della scuola sono gli insegnanti coscienti del grande e insostituibile ruolo che esprimono come nella famiglia lo sono i genitori”.
Questo punto è stato poi potentemente rilanciato quando, a seguito di una domanda posta da un docente, Cattarina ha raccontato di quando, nel corso della sua convivenza con i giovani bisognosi che accoglie nelle sue comunità, ha compreso che doveva smettere di pensare che l’azione più utile fosse il bene, la generosità, la vicinanza e l’aiuto che offriva loro, perché “la questione più importante era e doveva essere il mio cuore, non il cuore dei ragazzi, ma il mio. Ho capito che il punto più interessante ero, sono io. Il più povero, il più bisognoso sono io, devo essere io. Il più bisognoso di vita, di verità, di bellezza, di amore sono io. Insomma, dico ai miei ragazzi: voglio essere un uomo vero, un uomo pieno di vita. Se posso essere importante per voi vorrei esserlo solo per farvi vedere il grido che ho nel cuore, il grido alla vita, a Dio. Tra tutti desidero essere quello che più grida alla vita, a Dio che mi dia tanto, tutto. Aggiungo sempre: non guardate me, guardate dove guardo io. Ecco, da quando mi è stato dato di vivere questa virata, i ragazzi sono diventati protagonisti dell’esperienza che a loro volta attraversano, sono passati da assistiti, da utenti a veri attori della loro vita: perché il bene, la bellezza, la grandezza che io desidero per la mia vita hanno cominciato e voluto averla anche loro, guadagnarla, conquistarla… anche più di me!”.
Prendendo spunto da alcune esperienze vissute in classe raccontate dai docenti, Cattarina ha concluso rilanciando la posta in gioco: “L’intera vicenda allora non si gioca tutta all’interno del rapporto tra docente e studente, non sta solo e tanto nell’affetto, nella vicinanza, nella cura e nella premura verso lo studente, verso la competenza professionale. Ma tutto questo è vissuto e abbracciato dall’amore alla vita che il docente vive ed esprime, alla sua vita e alla vita di tutti gli uomini, alla vita di tutto il mondo. Sì, il fuoco è l’amore che il docente vive e sperimenta per la vita, per il quale amore si dibatte e si dimena, combatte dalla mattina alla sera anche quando non è scuola, anche quando è per i fatti suoi che nessuno lo vede. Insomma, l’insegnante, il docente, il maestro, il genitore, il prete è una persona che viene da lontano lontano e che va, porta, guarda lontano lontano”.
Un Imprevisto con il quale la scuola vale proprio la pena faccia i conti.
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