Quando parliamo di “alternanza scuola lavoro” si ergono muri altissimi. Proviamo allora a parlare di “alleanza tra educazione e lavoro” e proviamo a guardare la realtà invece di idee che rischiano di essere astratte.

Abbiamo una disoccupazione giovanile al 33%, oltre 2 milioni di Neet – coloro che non studiano né lavorano né cercano occupazione – e che sono usciti proprio dalle nostre scuole. Abbandoni del percorso scolastico e formativo con percentuali migliorate ma sempre alte: 14%, ed in particolare nel biennio dei professionali. Invalsi ci racconta, dati alla mano, che la dispersione implicita, ovvero quella di coloro che terminano il percorso scolastico ma senza avere le adeguate competenze e le conoscenze, è alta, solo quest’anno si stimano 42mila ragazzi che hanno conseguito la maturità ma hanno lacune pesanti.



Potremmo proseguire parlando di coloro che dichiarano, ce lo dicono gli studi di Almadiploma, che tornando indietro cambierebbero indirizzo o scuola. Per non parlare del tasso molto basso di coloro che proseguono con i percorsi universitari e professionalizzanti. Paradossalmente, a fronte di questi dati, le aziende cercano ma non trovano lavoratori con competenze. Proprio adesso, in questo momento storico di passaggio, la ripresa economica passa dal lavoro e da nuove competenze, che semplicemente non ci sono.



Stando solo sui numeri, sulla realtà, possiamo dire che l’alleanza tra scuola e lavoro, i percorsi Its, gli istituti tecnici e professionali, la formazione, l’apprendistato sono strumenti utilissimi, da migliorare ma non da eliminare. Aiutano i ragazzi, tante famiglie e anche il sistema produttivo del paese. Invece ogni volta che parliamo del dialogo tra queste due realtà, si alzano dibattiti infiniti.

Ma anche se guardiamo il tema da un’altro punto di vista, le cose non cambiano. Se invece dei numeri statistici, o delle richieste del mondo del lavoro – che cerca ma non trova – il tema lo guardiamo dalla parte dei ragazzi, il risultato non cambia.



Il percorso scolastico, formativo, è un percorso educativo. Si diventa grandi, adulti, si forma la coscienza critica. Scegliendo un percorso scolastico si segue una propria vocazione, una prospettiva, una volontà di realizzare un sogno. Da sempre però sembra esistere un muro culturale che divide le scuole tra serie A (i licei) e serie B (tecnici) e da quando sono arrivati i professionali (serie C) la classifica si è allungata.

Insomma da tanto troppo tempo, se frequenti un certo tipo di scuola o indirizzo va bene, altrimenti no. Riguarda tutti noi, adulti, genitori, e va avanti da decenni.

O buttiamo giù questo muro culturale e molto ideologico e aiutiamo ed accompagniamo i ragazzi in un percorso di crescita e scoperta, a prescindere dal percorso che scelgono, o continueremo a perdere migliaia di giovani.

L’alleanza tra scuola e mondo del lavoro va fatta e fatta bene. Non è “sfruttamento”, non è lavoro gratuito, non può essere avviamento al lavoro. È scuola a tutti gli effetti, apre la mente, fa fare esperienze di ciò che si studia in teoria e se fatta così funziona. Conoscenza e competenze; sapere e saper fare possono stare insieme.

Gli Its sono un percorso post diploma non universitario. Stanno dimostrando che quando scuola, ricerca, imprese collaborano i risultati per i ragazzi arrivano e il dato del 90% dei diplomati che trova lavoro ne è la dimostrazione. Nel Pnrr ci sono tante risorse in più, la Camera ha appena votato all’unanimità una proposta di legge unitaria per migliorare la norma degli Its, tutti dobbiamo aiutare questo sistema a diventare grande senza perderne la qualità.

Gli istituti tecnici e soprattutto i professionali hanno bisogno di riforme. Più laboratori e meno materie generiche ed in particolare nel biennio. Così come è fondamentale lavorare su percorsi di formazione e apprendistato.

Spero che il paese tutto si mobiliti in questa direzione, abbandonando posizioni ideologiche e lavori per accompagnare ed aiutare i ragazzi, alla scoperta della loro vocazione, della strada che ognuno di loro vuole prendere, perché la scuola non è solo un utile insieme di nozioni ma è anche scoperta di sé.

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