Caro direttore,
ho letto il lucidissimo articolo di Roberto Pasolini sulla lenta estinzione delle scuole paritarie perpetrata consapevolmente dallo Stato a colpi di omissioni e dimenticanze colpevoli. A mio parere manca una domanda fondamentale, che è questa: perché mai lo Stato dovrebbe rimuovere gli ostacoli economici a frequentare una scuola paritaria? Si dirà: perché lo Stato sostiene la parità scolastica in una sua legge, la n. 62/2000, e non è bene che uno Stato contraddica le proprie leggi. Questo sarebbe già tanto.
Ma la legge 62/2000 in realtà non è così netta sul finanziamento. Si limita a dichiarare le paritarie equivalenti sul piano del titolo di studio rilasciato, ma trascura di considerare gli aspetti economici che obbligano queste scuole a chiedere un contributo alle famiglie, nonostante queste paghino già le tasse come quelle che vanno nella scuola statale.
Si afferma a volte che le scuole paritarie offrono un servizio sociale di qualità. Però non c’è un indicatore di qualità riconosciuto in Italia per la scuola. Si potrebbe poi ribattere che anche molte scuole statali offrono un servizio di qualità (anche questo un dato autoreferenziale, non misurato, quindi non suscettibile di essere contraddetto), per cui delle paritarie non ci sarebbe bisogno.
C’è anche chi sostiene che un servizio di qualità per essere tale debba essere gratis per lo Stato. Per molti anni le scuole paritarie stesse hanno paradossalmente chiesto finanziamenti col motivo che facevano risparmiare lo Stato, senza accorgersi che così davano ragione a chi non voleva finanziarle. Vorrei ribadirlo, se non fosse chiaro: lo scopo delle scuole paritarie non è far risparmiare lo Stato (e nemmeno ovviamente fargli sprecare soldi). Allora qual è il punto? Perché lo Stato italiano dovrebbe rendere egualitario, per le famiglie, l’accesso alle scuole statali e paritarie? Perché lo Stato dovrebbe rimuovere gli ostacoli che rendono impossibile l’esercizio corrente delle scuole paritarie?
Il punto è che questo è un diritto riconosciuto della stessa Europa. L’articolo 14 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, intitolato Diritto all’istruzione, recita così: “Ogni persona ha diritto all’istruzione e all’accesso alla formazione professionale e continua. Questo diritto comporta la facoltà di accedere gratuitamente all’istruzione obbligatoria. La libertà di creare istituti di insegnamento nel rispetto dei principi democratici, così come il diritto dei genitori di provvedere all’educazione e all’istruzione dei loro figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, sono rispettati secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”.
Ora perché l’Europa avrebbe dichiarato questo, e l’Italia l’avrebbe sottoscritto dimostrando che questo è compatibile con la propria carta costituzionale? Semplicemente perché l’Europa (e lo Stato italiano) ritengono che un Paese dove i cittadini non hanno libertà economica di scelta della scuola sia un paese dittatoriale. È così infatti ad esempio in Cina, ed era così in Italia ai tempi del fascismo. Forse ci si chiederà come possa l’Italia aver sottoscritto questa convenzione se, secondo la sua carta costituzionale, le scuole paritarie potrebbero operare solo “senza oneri per lo Stato”.
Ebbene, l’adesione è possibile perché si è dimostrato che quella frase nella Costituzione non vieta affatto di fornire sovvenzioni alle famiglie per i costi di frequenza. Quello che non è riconosciuto è l’obbligo di sovvenzionare la costruzione o il restauro di una scuola come avviene per ogni attività privata anche se con fine sociale. Ci sono state tre sentenze di Corte Costituzionale per ribadire questo, ma è troppo facile il gioco di chi vuole usare la lettera del testo costituzionale in modo strumentale (e scritto così proprio per questo).
L’Europa ha già più volte rilevato l’inadeguatezza del sistema di finanziamento delle scuole in Italia, dove i cittadini non possono vedersi azzerati i costi di frequenza tramite l’erario, come avviene invece nelle scuole statali.
Per concludere, in Italia ci troviamo di fronte al paradosso che l’esistenza delle scuole paritarie è necessaria per dimostrare il rispetto del diritto di scelta educativa, cosa che permette all’Italia di stare in Europa, ma l’onere della gestione dell’esercizio finanziario viene lasciato alle famiglie, anche se tutti i cittadini pagano una parte delle tasse per coprire questo tipo di spesa per tutti.
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