Il ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara ha recentemente presentato in Consiglio dei ministri l’informativa relativa all’avvio del Piano per la semplificazione nel settore della scuola. Il Piano è articolato su tre linee di intervento: interventi organizzativi/tecnologici; innovazione procedimentale/organizzativa; semplificazione normativa.



Le prime 20 misure di semplificazione riguardano l’aspetto organizzativo/tecnologico, quali una unica piattaforma per la scelta della scuola (con informazioni sugli istituti) e dopo l’iscrizione i pagamenti necessari. Ovviamente (vista la tragicomica realtà della “supplentite” di ogni inizio anno) sono previste azioni volte a migliorare tempi e procedure per le nomine dei precari (e i tempi di pagamento degli stipendi) e (altro lato della stessa medaglia di tolla) dei pensionamenti (quali la ricostruzione di carriera automatizzata). A livello amministrativo si intende procedere alla creazione di una nuova piattaforma per il sistema degli acquisti delle scuole e anche per la gestione dei contenziosi, due oneri attualmente molto “burocratizzati”.



Il tutto è stato segnalato con dovizia di sottopunti nelle slides che illustrano il piano, ma il ministro ha speso anche alcune parole chiave. Una di queste è la “sburocratizzazione della scuola, perché questa possa concentrarsi sulla sua missione principale: l’attività educativa”. Si tratta indubbiamente di un punto non solo necessario, ma addirittura essenziale; nel recente passato la scuola italiana è diventata maestra nel fagocitare qualunque intervento educativo trasformandolo, anche quando ciò andava contro la natura stessa dell’intervento, in un atto meramente burocratico. Anche il Pdp, il Piano didattico personalizzato per gli studenti con difficoltà di apprendimento, rimane talvolta lettera morta; sulla carta (cioè sul Pdp) tutto è ben compilato, le firme ci sono tutte, e anche le indicazioni. In realtà nel lavoro quotidiano con lo studente o studentessa quanto indicato nel Pdp può rimanere puro rispetto formale delle “misure compensative”, senza che il docente capisca davvero la natura del problema di apprendimento che ha portato lo specialista a redigere una diagnosi e il consiglio di classe a redigere il Pdp.



Altra parola spesa dal ministro, molto più divisiva della prima, è il rilancio e il completamento dell’autonomia scolastica, vero e proprio anatema per una certa visione della scuola che vorrebbe mantenerne il  mastodontico carrozzone immutato e  gestito, non solo amministrativamente e organizzativamente ma anche e soprattutto didatticamente, secondo un pensiero unico.

Il ministro non ha invece speso alcuna parola per una slide, pur presente, interamente dedicata alle scuole paritarie, intitolata Nuovi processi digitali dedicati alle scuole paritarie, ma è interessante che almeno la slide ci sia. Dei tre sottopunti indicati, il primo, “semplificare il riconoscimento della parità”, farà la gioia di presidi (pardon, dirigenti scolastici) che ci pensano ben più di una notte se intendono anche solo modificare un corso di studi o attivarne un altro.

I due restanti, “estendere misure e servizi digitali già disponibili per le scuole statali” e “ridurre i tempi per l’erogazione dei contributi” saranno anch’essi ben accolti per la semplificazione della burocrazia e la possibilità di utilizzo dei contributi in tempi più compatibili, si spera, con la realtà economica di una scuola paritaria. Vista la poca consistenza di tali contributi, sarebbe graditissima anche una parola del ministro (e una legge corrispondente) volta all’aumento degli stessi nella direzione di una reale parità scolastica.

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