Premetto subito che quanto mi appresto a proporre all’attenzione dei lettori ha come esclusivo e fondamentale riferimento l’educazione e il valore dell’istruzione nel sistema sociale. Qui però non parleremo quasi mai di quegli aspetti che di solito vengono toccati quando si tratta di scuola. Respingo pertanto fermamente l’accusa che in questo intervento non si nominino mai, se non di sfuggita, gli studenti, perché qui la vita dei ragazzi è il principio ispiratore di quanto mi appresto a dire. Qui mi occupo però della forma e dei nodi del tappeto, sto lavorando quindi sul telaio e mi preoccupo di come annodare e intrecciare i fili, perché il disegno e la superficie appaiano con la dovuta eleganza e la necessaria morbidezza. La vita e la serenità degli studenti però non si curano – solo – con le dichiarazioni di principio, ma configurando spazi, strutture e organizzazioni che rispettino la complessità del mondo contemporaneo. E da qui, partiremo, dalla teoria della complessità, da uno dei suoi sette fondamenti.
La teoria della complessità sostiene dunque che siamo in presenza di un “sistema complesso” quando sono compresenti sette elementi caratterizzanti (cfr. A. F. De Toni, L. Comello, Prede o ragni. Uomini e organizzazioni nella ragnatela della complessità, Utet, 2005). Uno di questi è il “potere delle connessioni”. Che il sistema scolastico sia un sistema complesso non ci sono dubbi. La mia affermazione è suffragata non solo da studi specifici, ma anche da un’esperienza diretta, diuturna e continua. Bastino solo queste considerazioni: un istituto scolastico di secondo grado della più semplice e lineare struttura (prendiamo un piccolo liceo di mille studenti, in una tranquilla cittadina della provincia italiana) è il risultato dell’interazione di almeno quattro componenti:
– il sottosistema degli studenti (che si distingue a sua volta in sottosistema del biennio e del triennio). Se poi questo liceo ha almeno due indirizzi (uno scientifico d’ordinamento – quello con il latino – e uno scientifico delle scienze applicate – quello senza il latino), abbiamo già quattro sub-sottosistemi;
– il sottosistema dei docenti,
– il sottosistema del personale non docente (a sua volta suddiviso in almeno tre sub-sottosistemi) e
– il sottosistema delle famiglie (e qui utilizzo un termine generale; dovrei parlare di genitori, ma le cose si complicherebbero ancora di più, perché non tutte le persone che seguono i ragazzi sono i genitori naturali o biologici e talvolta entrano in azione anche i nonni).
Il dirigente scolastico deve quindi misurarsi con gli organi di rappresentanza diretta di tutte queste componenti, che si influenzano e condizionano continuamente a più livelli; si badi bene, e questo è un elemento di ulteriore complessità, che questi soggetti collettivi sono di natura diversa.
– Il collegio docenti che è un organo tecnico, ma spesso assume la coloritura di una aggregazione parasindacale. È uno dei due organi maggiori di un istituto ed essendo costituito da un’unica componente ha un peso straordinario all’interno di una scuola.
– Il comitato studentesco (“composto dai rappresentanti di classe di tutte le classi della scuola, possibilmente anche dai rappresentanti degli studenti nel consiglio di istituto, dai rappresentanti nella consulta provinciale (se ve ne sono eletti in istituto) e dal presidente dell’assemblea studentesca”, Orizzonte Scuola) e l’assemblea egli studenti (costituita da tutti gli studenti); i quali esprimono in modo sintetico e delegato, il primo, o in forma complessiva e generale, la seconda, le posizioni degli studenti in merito alla conduzione della scuola, senza potestà tecnica o amministrativa sulle attività degli e per gli studenti (ma la questione è comunque piena di sfumature).
– Il comitato dei genitori e l’assemblea dei genitori, i quali, configurati analogamente ai precedenti, sono organi di natura consultiva. Hanno la funzione di sottoporre alla conoscenza e discussione dei genitori iniziative della scuola.
– Infine abbiamo il consiglio di istituto, l’altro organo collegiale di maggior peso sul piano della conduzione di una istituzione scolastica. Essendo elettivo, ha competenze di natura latamente politica, ma ha anche compiti strettamente amministrativi. Per esempio assume il PTOF configurato dal collegio docenti, approva il bilancio di previsione e il conto consuntivo. Delibera sugli acquisti e sulle attribuzioni di incarichi che comportino spese per le quali si prevedano procedure complesse. Si esprime anche su questioni disciplinari gravi nei confronti degli studenti che prevedano sanzioni sospensive superiori ai quindici giorni. Espressione sintetica del consiglio di istituto è la giunta esecutiva, composta dal dirigente scolastico e da un designato da ciascuna delle componenti rappresentate. Quindi da cinque persone (dirigente, docente, studente, genitore, operatore ATA, di solito il segretario).
– manca un organo collegiale del personale non docente, anche se è prassi che il direttore dei servizi generali e amministrativi (vulgo segretario) convochi il personale periodicamente per conoscerlo, dare indicazioni ed esaminare problemi relativi agli incarichi d’ufficio e alle dislocazioni dei collaboratori scolastici (vulgo bidelli) nelle varie zone della scuola.
Non amplio ulteriormente questo sintetico elenco, ma avremmo ancora diverse altre forme di aggregazione collegiale da definire e analizzare. Penso però che questo scarno e semplice quadro basti a dare l’idea di come un preside non possa assolutamente gestire un istituto senza farsi carico continuamente di enormi problemi relazionali e senza assumere come stile di conduzione un permanente e ineludibile assetto dialogico e di ascolto. Il principio richiamato all’inizio di questo intervento, ovvero il “potere delle connessioni” è non solo fattore gestionale, ma asse portante dell’architettura attuale di ogni istituto. Si tenga presente poi che tutto questo complesso apparato deve assolutamente stare in equilibrio fra le norme generali in materia di sicurezza e di pubblica amministrazione, e le scelte politico-amministrative di volta in volta emanate dalla Regione, dal ministero dell’Istruzione o dal Parlamento, su indicazione del ministero dell’Economia, relative a distribuzione dell’offerta formativa nel territorio, organici, finanziamenti, spese, assunzione di personale etc.
(1 – continua)
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