La scienza della cultura apre le proprie porte e incontra il territorio: questo il modo sostenibile per affrontare la complessità delle esigenze educative oggi nel difficile periodo dell’emergenza socio-sanitaria.
Abbiamo avviato una riflessione sul valore storico e sul significato attualizzabile del ruolo delle accademie culturali, perché è rilevante il carattere di coinvolgimento sociale su cui oggi bisogna puntare per far sì che la cultura divenga l’opportunità più sentita di recupero della relazione interpersonale messa in equilibrio precario dall’emergenza globale vissuta finora.
Possiamo ripartire dal termine “accademia”, che ci riconduce alla provenienza da quella grecità generativa di bellezza e di saperi e che ci ricorda persone che trattavano gli argomenti più diversi per favorire il dibattito, il confronto, lo scambio, i processi di crescita. Ad Atene il filosofo greco Platone aveva definito “accademia” la sua scuola filosofica nel luogo consacrato all’eroe Academo. Ci soffermiamo in questa sede sulla più antica accademia di Napoli, l ‘Accademia Alfonsina, istituita nella metà del XV secolo, nella reggia di Castel Nuovo, per volere di Alfonso d’Aragona con l’intento di coltivare lettere, scienze, arti: una ricchissima biblioteca ospitava uomini di cultura per dissertare di letteratura e di filosofia. L’Alfonsina avrebbe poi lasciato il posto alla Pontaniana per opera di altri uomini artefici dell’umanesimo napoletano.
Ci interessa evidenziare qui il carattere della diffusione di certe prassi culturali: nate in maniera spontanea o grazie alla protezione di principi, mecenati, ma anche sovrani, le accademie italiane divennero, nei vari tempi storici e nel passaggio da modalità organizzative più informali a modelli strutturati e regolamentati – come da intervento di Saverio Mattei – protagoniste di una fitta rete di scambi tesi a promuovere diverse finalità culturali, distinguendosi come luoghi fondanti di una nuova “sociabilità del sapere”, che avrebbe preso forme diverse attraverso i secoli fino ad arrivare ai nostri social network.
E se, dunque, nella storia ritroviamo filoni di coinvolgimento delle collettività capaci di avviare vere e proprie operazioni culturali in grado di sensibilizzare intelligenze e promuovere anche dissenso critico, e prima con prevalenza di interventi di uomini di cultura, ma poi anche con particolare attivismo di donne capaci di creare interesse e condivisione – nel Settecento infatti sempre a Napoli si impongono “accademie” al femminile, quali ad esempio quella della nonna materna del principe di Sansevero – anche oggi, guardando al passato, possiamo fortificare sempre più il presente proprio attraverso network in grado di implementare processi, far convergere finalità all’insegna della trasversalità intesa come un intersecarsi di obiettivi e di competenze: a Napoli oggi il network delle Olimpiadi dei Saperi Positivi, con all’attivo più di un anno di impegni concreti nonostante la pandemia, ha messo insieme associazioni del terzo settore quali Pietrasanta Polo Culturale, presieduta dal professor Raffaele Iovine, atenei, quali quello federiciano nell’interessante aspetto della terza missione, missione che punta al public engagement, ma in raccordo anche con la dimensione della docenza e della formazione, grazie al particolare lavoro del Dipartimento di Studi umanistici.
Il network delle Olimpiadi si pone come possibile modello di comunità educante che valorizza potenzialità e competenze di una pluralità di soggetti che ritrovano nella reciprocità di obiettivi e finalità ulteriori cerchi concentrici interagenti in grado di generare rinnovati interessi e traguardi. E tale modello si caratterizza per essere assolutamente replicabile in altri contesti non solo nazionali, in altre realtà nelle quali, a qualsiasi livello, ci possano essere “povertà educative” da recuperare, compensare e riallineare.
Il network delle Olimpiadi si basa proprio sulla “sociabilità del sapere”, che a maggior ragione in questo momento storico può rappresentare un’opportunità in più per riattivare relazioni interpersonali, per definire percorsi tematici che siano chiavi di lettura della complessità del reale, per scolpire nel blended learning modalità sostenibili a seconda delle cause di forza maggiore che scandiscono il tempo delle nostre esistenze.
La convinzione di un progetto culturale locale trova ulteriore conferma nella divulgazione globale che si alimenta grazie alla concorrenza, nel senso di contributi eterogenei ma convergenti delle varie parti chiamate in causa.
Altre spinte propulsive sostengono il network partenopeo. amplificandone la potenziale replicabilità: i rapporti di generi e generazioni messi in atto attraverso attività formative per docenti e studenti e la relazione non necessariamente dicotomica tra apprendimento digitale e analogico con possibile sintesi nella dimensione dialogica; il tutto nell’ambito dell’ orientamento della governance nazionale anche rispetto all’imminenza dei Piani nazionali per la famiglia e per l’infanzia e adolescenza.
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