Il tema dell’orientamento è ben presente fin dagli anni settanta nei documenti ministeriali rivolti alla scuola superiore di primo grado, ma è soprattutto dagli anni novanta che, a livello nazionale ed europeo, la questione si amplia ed inizia ad includere il secondo grado dell’istruzione, nonché l’università: dal 1997 (Dm 487/1997) fino a tutto il primo decennio successivo, si susseguono varie note e circolari sulle tematiche orientative (strategie anti-dispersione, competenze chiave, apprendimento permanente), con lo scopo di supportare il successo formativo degli studenti dentro i percorsi scolastici italiani ed europei. Nel secondo decennio del duemila, la Cm 43/2009 ed il Dm 774/2019 hanno fissato contenuti ed indicazioni imprescindibili, adesso ripresi ed approfonditi nell’ultimissimo documento emanato (Dm 328/2022), che riguarda direttamente tanti docenti divenuti tutor ed orientatori nei propri istituti, grazie ad un percorso di formazione specifico ed impegnativo svoltosi nei mesi estivi.
L’importanza decisiva della questione è di per sé evidente a ciascuno, ma la portata innovativa del decreto risiede nella centralità riservata alla didattica orientativa: infatti, nei materiali di studio rivolti ai docenti tutor, non soltanto si parla di percorsi specifici, attività mirate, figure dedicate, ma si insiste sulla necessità di un cambiamento sostanziale e strutturale delle singole attività disciplinari nel senso espresso dalle stesse Linee guida, dove leggiamo: “L’attività didattica in ottica orientativa è organizzata a partire dalle esperienze degli studenti, con il superamento della sola dimensione trasmissiva delle conoscenze e con la valorizzazione della didattica laboratoriale, di tempi e spazi flessibili, e delle opportunità offerte dall’esercizio dell’autonomia”. Le discipline hanno parziali valenze orientative per la loro struttura intrinseca, ma esprimono tutta la loro efficacia soprattutto secondo la modalità con cui sono proposte: infatti, attraverso variegate situazioni formative e dentro l’interazione fra conoscenza ed esperienza, le singole discipline possono offrire opportunità dinamiche ed attive per la conoscenza di sé stessi, per il potenziamento delle competenze trasversali e di cittadinanza.
Capiamo bene che, in tale ottica, le azioni di consulenza, di accompagnamento specifico, di confronto con i vari soggetti orientanti sono sì importanti, ma soltanto conclusive di un percorso almeno quinquennale, in cui lo studente ha avuto modo e tempo di conoscersi e sperimentarsi in rapporto con i docenti e le loro proposte. Il nodo orientativo fondamentale coincide con un’educazione alla scelta, cioè alla capacità di affrontare contesti e situazioni problematiche in cui sperimentare la propria libera autonomia decisionale. Sarà dunque necessario destrutturare e ristrutturare i contenuti delle discipline, selezionare strumenti adeguati, progettare le attività secondo tale nodo tematico.
Proviamo adesso a pensare quale contributo possa dare l’ambito umanistico, in particolare l’italiano: proporre esercitazioni sulla scrittura di un curriculum o, piuttosto, offrire storie con cui paragonarsi, personaggi a cui ispirarsi, situazioni su cui dibattere? Soprattutto la lettura a voce alta può creare percorsi immersivi stimolanti ed offrire suggestive occasioni di confronto su tutto ciò che ruota intorno alla questione della scelta, del futuro, dell’ideale di vita, del senso del lavoro e di ogni altro tema orientativo. Fra autori classici e contemporanei, ogni docente può trovare utilissimi contributi per iniziare un percorso fin dal biennio: ad esempio, prendendo come riferimento Il giovane Holden (nella traduzione recente di Matteo Colombo), perché non tessere legami con altri titoli quali Il lottatore di sumo che non diventava grosso (E. Schmitt), Ombre sulla sabbia (A. Chambers), Il barone rampante (Calvino) e Niente (J. Teller ricalca la mitica ascesa sull’albero con una durezza implacabile e tragica), Se punti alla luna (M. Vareille)? Sono tutte storie in cui il protagonista cerca la sua strada, fra ribellione, ricerca di senso, incontro con persone significative, rischi e fallimenti, partenze e anche ritorni, o addirittura la morte.
Invece, al triennio, perché non leggere K. Brooks col suo ultimo Bad Castro (la decisione per il cambiamento è sempre possibile, personale e libera, indipendente da qualsiasi fattore antecedente), R. Cormer e La guerra del cioccolato (il coraggio di dire no), J. Reynolds con La lunga discesa (quali sono le regole da seguire? chi le stabilisce? quale rapporto fra regole e coscienza personale?), A. Ferrara con Vivavoce (non esistono talenti inutili), M. Sedwick, Santa Muerte (rischiare tutto per la vita di un altro, di un amico)?
Non sono storie a tema, non sono storie didascaliche, ma trame in cui immergerci e rischiare un giudizio, una posizione, una domanda, anche sul fallimento e, in tal caso, ci viene in aiuto il drammatico racconto di London, Una bistecca, oppure le belle storie di J. Reynolds, fra sport e successi, paure e difficoltà. Possiamo anche utilizzare racconti e saggistica, grazie alle bellissime storie raccolte da M. Calabresi (Cosa tiene accese le stelle; Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa), che, come pochi altri, riesce a raccontare la realtà come una riserva inesauribile di imprevisti, opportunità, speranze; o grazie a preziosi volumetti guida per educatori, come quello curato da A. Ferrara per la San Paolo, dal titolo Scappati di mano, con micro racconti ed attività per adolescenti.
Tuttavia, il percorso orientativo inizia al grado di studi precedente, ma, anche in tal caso, abbiamo a disposizione storie e strumenti significativi: dai percorsi curati per la Loescher da Giusti a Batini, a romanzi come Il Rinomato Catalogo Walker & Dawn (D. Morosinotto), Il grande gioco (D. Almond), Non restare indietro (C. Greppi), Continua a camminare (G. Clima), tanto per citarne alcuni, dove il protagonista cresce e si paragona con la realtà, incontra maestri, compie scelte, vive il rischio della propria libertà in azione. Ma le storie, per fortuna, non mancano e ce ne sono molte altre che aspettano di essere scoperte e vissute coi nostri ragazzi, che hanno tanto bisogno di nutrire la propria umanità ed il proprio immaginario presente per progettare un loro futuro possibile. Se abbiamo fatto così durante la loro infanzia, quando le fiabe erano il primo modello con cui guardare il mondo e conoscerlo, perché non recuperare quella dimensione narrativa anche negli anni decisivi della giovinezza? Il metodo non cambia. Cambiano le storie, ma la compagnia di qualcuno che legge con te la tua umanità e la realtà rimane sempre l’elemento decisivo da cui partire, per qualsiasi viaggio.
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