L’avvio del prossimo anno scolastico è ormai alle porte e in questi giorni leggiamo quotidianamente il dibattito legato a due aspetti importantissimi: la necessità di poter garantire la scuola in presenza e di poterla garantire in sicurezza. Su questa linea concordo con la proposta di Annamaria Poggi: puntiamo sull’autonomia delle scuole, durante la pandemia ne hanno dimostrato la capacità, ma credo, purtroppo, che il ministero non sia ancora pronto a questa “rivoluzione”.

Inevitabilmente il dibattito si è acceso sull’obbligo o meno di vaccinazione per docenti e studenti over 12, obbligo o meno anche per il personale scolastico, obbligo o meno di green pass. Il Consiglio dei ministri di ieri ha reso obbligatorio il passaporto sanitario per entrambi, docenti e studenti.

Tutto giusto, ma forse ci si dimentica di un aspetto primario: per far partire l’anno scolastico vi è la necessità di avere i docenti in classe e quindi di assegnare gli incarichi. Un problema grave cui lo Stato ha provveduto: il Mef ha autorizzato 112.473 assunzioni, regolamentate dal decreto Miur 228/2021 “Disposizioni concernenti le immissioni in ruolo del personale docente per l’anno scolastico 2021/22”. Le immissioni in ruolo avverranno attingendo per il 50% dalle graduatorie di merito concorsuali e per il 50% delle graduatorie ad esaurimento.

Visti i tempi, con la scuola che ricomincia tra meno di un mese, sorgono inevitabilmente problemi anche per la scuola statale, problemi ben approfonditi dall’intervento di Filomena Zamboli, ma quello che desta grande preoccupazione è il silenzio assordante sulla scuola paritaria e gli inevitabili riflessi che la grande assunzione avrà, come è sempre accaduto, sulla necessità di avere i docenti che sostituiscano quelli che risponderanno positivamente alla chiamata dello Stato.

Questo è uno dei gravi problemi che ci trasciniamo da anni e che non si è mai voluto affrontare seriamente tenendo conto di due importanti parametri: dopo l’approvazione della legge 62/2000 le decisioni e gli interventi dovrebbero essere di sistema e non solo per la scuola statale. Deve finire l’impostazione che punta a risolvere il problema dell’organico necessario al funzionamento delle scuole di Stato senza tenere conto delle implicazioni, delle criticità e delle gravi difficoltà causate alle scuole paritarie per il completamento del loro organico ai fini di un regolare avvio dell’anno scolastico.

Il secondo parametro si riferisce all’abilitazione del personale docente. Già qualche mese fa avevo lanciato un grido d’allarme, ed eravamo già in ritardo, ma niente si è mosso a livello istituzionale anche perché si punta sempre ad un’abilitazione “tradizionale”, legata ad un concorso con conseguenti tempi biblici. Separare la possibilità di abilitazione dai concorsi per il reclutamento, come fece durante il suo breve mandato il ministro Profumo, avviare la possibilità di abilitare, senza concorso, chi è in possesso di laurea magistrale e dei 24 Cfu, secondo la normativa europea e come diversi tribunali del lavoro hanno sancito, è la strada da percorrere.

Qualche associazione comincia a muoversi in tal senso e al Meeting di Rimini si terrà un incontro sul tema del reclutamento e dei problemi connessi: può essere l’inizio di un percorso virtuoso, ma purtroppo non potrà avere effetti immediati. La speranza è che si abbia una presa di coscienza del problema da parte del ministero, affinché ci tolga dal limbo dei “figli di un dio minore” e consideri le scuole paritarie con pari dignità rispetto alle statali anche in considerazione del prezioso servizio pubblico di qualità che hanno messo in campo durante il difficile periodo della pandemia, come riconosciuto da famiglie e studenti.

Ci prepariamo a rimboccarci le maniche, come al solito, con determinazione e fantasia, ma ci aspettiamo almeno un gesto concreto di attenzione.

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