Mercoledì 5 ottobre a Domodossola si è svolto il primo appuntamento del percorso “Confronti”, ciclo di incontri su nuove competenze, lavoro, politica e non profit, organizzato da Centro Servizi per il Territorio di Novara-VCO e l’Istituto Rosmini di Domodossola, con la partecipazione scientifica di Fondazione per la Sussidiarietà.



Il tema della serata è stato un approfondimento sulle Character skills, nuova frontiera per la scuola. Sono intervenuti Giorgio Vittadini, professore di statistica nell’Università Bicocca di Milano, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà e curatore del volume Viaggio nelle character skills, Persone, relazioni, valori (Il Mulino 2021); Angelo Candiani, presidente di Aslam Cooperativa Sociale-Agenzia formativa, e Stefano Gheno, professore di gestione delle risorse umane nell’Università Cattolica di Milano.



Il compito affidato a ciascun relatore è stato quello di approfondire il tema centrale delle character skills o competenze trasversali, partendo dal proprio ambito: scuola, università, formazione professionale, lavoro.

Ho avuto il piacere di partecipare al tavolo dei relatori, portando la mia personale esperienza sull’argomento, partendo da ciò che vedo e vivo nel mondo dell’impresa.

Lavoro come responsabile di stabilimento presso Distillerie Francoli, azienda del Gruppo Francoli, attiva da più di 70 anni nella produzione e commercializzazione di grappe, liquori, distillati e vini, e anche di energia attraverso una centrale a biomassa che ci rende energeticamente autosufficienti. L’azienda è una realtà storica, con personale molto affezionato e fidelizzato. In questi ultimi anni ci siamo trovati a gestire un numero significativo (per le nostre dimensioni) di collaboratori prossimi alla pensione.



Abbiamo deciso di intervenire in sostituzione di questi nostri collaboratori, con l’inserimento di giovani, aderendo ad alcuni progetti dell’Università del Piemonte Orientale, con il Progetto potenzialità e talento, per cui abbiamo introdotto figure neo-laureate in economia, e poi con alcuni istituti tecnici del territorio, di indirizzo meccanico e agrario.

Abbiamo usufruito anche del programma Garanzia Giovani, attraverso la collaborazione con alcune associazioni formative e scuole professionali del territorio.

Insomma, siamo andati direttamente a scuola a cercare questi giovani. Alle scuole presentiamo inizialmente le posizioni che stiamo cercando: magazziniere, operatore di linea, figura di back office, eccetera.

La prima cosa però che cerchiamo nei ragazzi che incontriamo è la dinamicità, il desiderio di imparare, la disponibilità ad apprendere, la resilienza come capacità di far fronte alla fatica del lavoro, curiosità, capacità di relazionarsi con i colleghi. Queste sono le caratteristiche fondamentali che ricerchiamo nei ragazzi che vorremmo assumere.

L’impatto con i giovanissimi, soprattutto i neodiplomati che hanno 19-20 anni, è certamente interessante, curioso. Spesso ci troviamo di fronte a ragazzi che non hanno ancora chiaro cosa vogliono fare nella vita, quale strada professionale intendono intraprendere, nonostante abbiano da poco concluso una formazione superiore precisa e importante.

Da adulti già avviati la loro posizione può apparire a un primo sguardo passiva. Noi come azienda intuiamo che questa apparente posizione passiva forse è un comprensibile timore verso un mondo che ancora non si conosce bene, e quindi cerchiamo di tirare fuori il meglio dalla persona che abbiamo davanti. Come? Attraverso due punti.

Innanzitutto, proponiamo loro un percorso, una proposta lavorativa con un obiettivo ben definito da raggiungere; una proposta formativa e una proposta in termini di tempo. Offriamo loro un contratto di 6 mesi di tirocinio retribuito, a cui facciamo seguire 3 anni di apprendistato formativo che si conclude poi con il passaggio ad un contratto a tempo indeterminato.

Sull’aspetto temporale riconosco di aver cambiato metodo. Infatti, relazionandomi con i giovani, ho notato che la formula “iniziamo 6 mesi e poi vediamo” risultava troppo precaria e di conseguenza poco sfidante verso chi avevo di fronte. Ho provato a proporre loro un primo percorso di lavoro di 3 anni e mezzo, così che il tempo potesse diventare un alleato anziché un nemico.

In secondo luogo, è stato fondamentale il metodo dell’“imparare facendo”, mettere alla prova i ragazzi nell’operatività del lavoro affiancati da un tutor, una figura aziendale con esperienza, affinché sia noi-azienda che la persona che formiamo possa scoprire nel lavoro quali sono le sue risorse principali, le sue attitudini, dove riesce meglio.

Un esempio positivo circa quest’ultimo punto ci è accaduto un anno fa, quando abbiamo assunto un ragazzo molto giovane, 20 anni, con la proposta di fargli assumere in futuro il ruolo di responsabile di linea, lavoro molto complesso che richiede un’ottima conoscenza delle macchine di produzione, con importanti basi meccaniche ed elettriche. Nei 6 mesi di tirocinio vedevo che faticava, ma al contempo non mollava, veniva tutti i giorni con un quadernetto dove si segnava le cose che imparava dai due responsabili di linea. Quasi al termine dei 6 mesi gli ho chiesto di dirmi cosa ne pensasse del lavoro appreso e cosa volesse fare. Mi dice: “Ho fatto fatica, forse è un lavoro troppo complesso per me, ma mi piacerebbe proseguire in questa azienda”. Vedendo questo suo mettersi in gioco, e questa posizione tenace verso le attività proposte, questa capacità di tenere rispetto al “far fatica”, abbiamo deciso di virare rispetto all’ipotesi iniziale e gli abbiamo proposto un’attività di supporto ai due responsabili di linea e alcuni lavori più operativi all’interno del reparto di produzione. Tutte le mattine quando entro in produzione mi colpisce il modo in cui mi saluta: un ragazzo contento di quel che fa e di dov’è.

Un altro esempio interessante che dice di come queste competenze e caratteristiche personali siano decisive nel mondo del lavoro, riguarda questi ultimi 24 mesi. Un momento storico dove tante aziende sono passate dalla cassa integrazione, perché hanno visto il loro mercato o canale di riferimento crollare, a lavorare su più turni, weekend compresi.

In questa situazione particolare siamo rimasti sinceramente colpiti da risorse messe in atto da tutto il personale di Distillerie Francoli: disponibilità, flessibilità, lavoro di squadra, in sintesi una capacità di adattamento alla situazione del momento straordinarie, che ci ha permesso di rispondere prontamente alla situazione di crisi di quel momento e di uscirne in pochi mesi.

Da ultimo, con Alessandro Francoli, presidente del Gruppo, abbiamo deciso di incontrare l’anno scorso tutti i giovani presenti in azienda, un momento dedicato attraverso colloqui personali, in cui poter favorire l’emergere dell’esperienza in azienda: le aspettative, i punti di forza e i punti da far crescere, i desideri professionali. L’obiettivo era quello di favorire l’emergere delle aspettative di ciascuno, per iniziare a costruire un’ossatura di giovani che rappresentasse il futuro dell’azienda.

Da questi dialoghi sono scaturiti spunti interessanti, impensabili rispetto a determinate figure, come per esempio una ragazza di 24 anni, che lavora con noi in produzione da circa 3 anni, molto precisa nei lavori assegnati, seria e soprattutto determinata. Durante i colloqui ha espresso il suo desiderio di crescere, di provare altre mansioni in azienda anche non strettamente correlate all’attività produttiva. Ha iniziato da un mese un’esperienza al centralino, gestendo quotidianamente il flusso di chiamate e di arrivi dei trasportatori, e la stiamo formando sull’utilizzo del nostro gestionale. È contentissima.

Questi sono piccoli esempi che mi confermano riguardo a questo aspetto: le aziende hanno un ruolo educativo fondamentale verso il proprio personale, conoscere e far conoscere le caratteristiche personali, le attitudini, i punti di forza per poter aiutare ciascuno a trovare il suo posto, il posto dove le sue character skills sono espresse al meglio. Questo è certamente un bene per la persona, ma lo è altrettanto per l’azienda.

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