BUCAREST – Bisogna ammettere che ricominciare, per il terzo anno consecutivo, la docenza nella scuola italiana Aldo Moro di Bucarest, non è stato semplice: partita nel 2021 con una prima media di 13 alunni, per la maggior parte madrelingua italiana, mi sono ritrovata a settembre 2023 con una terza di 21 studenti, sei dei quali ignoravano la nostra lingua almeno quanto io ignoro la loro.
La fragile imbarcazione su cui navigavamo rischiava di essere travolta dai marosi e ci chiedevamo, un tantino intimoriti, come avremmo proseguito la navigazione e, per quanto mi riguarda, come sarei arrivata all’esame di fine ciclo.
D’altra parte sappiamo bene che lamentarsi serve a poco, specie poi quando il tempo a disposizione è limitato e le scadenze incombono già all’orizzonte: giugno è quasi alle porte! E allora: sota a cü biot (sotto a culo nudo), come spesso ripete un mio carissimo amico originario di Melzo. Rimboccate le maniche, abbiamo preso a lavorare raccogliendo la sfida di una realtà “testarda” che, per l’ennesima volta, aveva deciso di metterci alla prova.
Gli strumenti a disposizione non sono mai abbastanza, perché la coperta è sempre troppo corta; eppure, bene o male, ce la stiamo cavando.
Una volta approntati i test di livello, una docente titolata ha organizzato due corsi di lingua italiana: l’uno finalizzato a raggiungere l’A1 di italiano e l’altro predisposto per l’A2; suddivisi per fasce d’età, a piccoli gruppi, si sono aperte le danze e l’avventura è cominciata. Imparare una lingua, si sa, è faticoso, ma i ragazzi sono indubbiamente facilitati; chi poi si appassiona e lavora sodo, fa in breve tempo passi da gigante anche perché abbiamo imparato che “la conoscenza è affettiva”.
Finora i corsi si sono svolti durante le ore curricolari della mattina: prelevati dalle classi, questi alunni, “stranieri” in patria, partecipano al corso intensivo perdendo ore di lezione rivolte a quei compagni che hanno acquisito ormai dimestichezza con l’italiano.
Quando i ragazzi romeni sono al corso (2-3 ore settimanali) è il momento, per me, di puntare sulle eccellenze. Poiché insegno italiano, sto preparando la classe alla prova scritta dell’esame di Stato che prevede tre tipologie di testo. Ho cominciato a lavorare su narrazione e descrizione. Se durante le ore di analisi logica e del periodo curo la struttura della frase (utilizzando i testi preziosi di Daniela Notarbartolo), durante le ore di antologia e letteratura mi preoccupo di arricchire il loro lessico: di fornire quindi le parole – sostantivi e aggettivi – che ancora non conoscono e quindi non possono utilizzare. Ho decretato inaccettabili aggettivi come “bello”, “brutto”, “piccolo”, “grande”, “alto”, “basso”.
Stiamo costruendo insieme, con un lavoro a coppie, un vero e proprio “magazzino” di parole: ad ogni nome che io propongo, devono reperire almeno cinque aggettivi che si dimostrino il più possibile adeguati. Hanno imparato così che uno sguardo può essere “ambiguo” o “penetrante”, che una strada può essere “affollata” o “dissestata” e, se siamo in campagna, “battuta”. E ancora che un terreno può definirsi “coltivabile”, “arido” o “argilloso”… La selezione dipende ovviamente dal contesto di cui si tratta.
Nell’ultimo tema in classe ho proposto come traccia, oltre alla descrizione di un dipinto d’autore, la reazione che provocava in loro quell’opera. Ho scelto tre dipinti di Van Gogh, tra i quali Café de nuit.
Una ragazza, madrelingua romena, arrivata all’inizio dello scorso anno completamente digiuna dell’italiano, mi ha chiesto, durante la verifica, se poteva utilizzare l’aggettivo “sdrucciolevole” (raccolto nel magazzino e custodito nella sua memoria) per definire la pavimentazione della piazza antistante il Café de nuit. Mentre mi commuovevo di fronte alla sua voglia di imparare, le ho suggerito di accostare, all’aggettivo “sdrucciolevole”, il sostantivo italiano “acciottolato”: la stessa pavimentazione, le ho detto, che puoi trovare nel centro storico di Bucarest. E così, una madrelingua romena, ha scritto, nel suo testo di commento a un’opera di Van Gogh: “acciottolato sdrucciolevole”!
In programma c’è un libriccino dal titolo Tentativi ironici che raccoglierà, per fine anno, tutte queste perle. Forse, chissà, anche di qualche romeno che, per ora, sta solo frequentando il corso di alfabetizzazione.
Questo a dimostrare che nessuna scelta, neppure la più azzardata, potrà mai spegnere o interrompere quell’avventura suggestiva ed entusiasmante che si chiama educazione. C’è speranza!
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