Se giugno per gli insegnanti è tempo di bilanci, settembre lo è di propositi; ci si augura un buon anno scolastico senza problemi e perché no, carico di soddisfazioni.
A me preme riflettere sul successo formativo, su quale idea io me ne sia fatta e come favorirlo.

Banalmente si ritiene che corrisponda esclusivamente alla promozione ed in parte è così, ma io preferisco ipotizzarlo come un percorso evolutivo dove lo studente progredisce e ne sia consapevole.



Insegnando nella scuola secondaria di primo grado la mia osservazione si limita generalmente a tre anni ma i cambiamenti in questa fascia di età sono notevoli a livello fisico, emotivo oltre che di maturazione delle competenze legate all’apprendimento; in tal senso ho constatato come la standardizzazione ostacoli il successo formativo.
Infatti è necessario ammettere come ognuno impari in modo personale; pertanto c’è chi apprende preferibilmente tramite le spiegazioni, chi attraverso le immagini, chi sintetizza con schemi, chi con domande guida, chi ripetendo o ancora scrivendo riassunti. Innanzitutto quindi si parte dai componenti della classe, dalle varie sensibilità e dalle varie intelligenze, si propongono le prove d’ingresso per appurare i livelli di partenza, si conversa per comprendere il vissuto e la capacità espressiva oltre alla conoscenza del linguaggio.



Assolto il compito delle prove d’ingresso la tentazione è quella di partire immediatamente col programma, che appare sempre immenso rispetto alle risorse e ai livelli individuati. È qui a mio avviso che serve la creatività e la sperimentazione: nel proporre gli argomenti in modo diversificato, cercando stimoli nelle domande degli alunni ma anche sfidando il loro disinteresse e la loro apparente mancanza di motivazione.

Allo stesso modo nella verifica si terrà conto dei livelli personali, certi che proporre a tutti la medesima prova non favorisca il successo formativo; pertanto si provvederà alla personalizzazione delle prove e dei test tenendo conto in maniera onesta dell’evoluzione del singolo ragazzo. Chiedere a tutti la stesso contenuto attraverso modalità uniformi può essere devastante; da quando ho iniziato a personalizzare le richieste ho ottenuto risultati soddisfacenti ed un maggiore coinvolgimento da parte dei ragazzi.



Prima di tutto quindi è indispensabile sondare il terreno e introdurre l’idea, e poi sostenerla nella differenza degli apprendimenti, che dipende non solo da fattori costitutivi ma anche e soprattutto ambientali, di educazione ed infine di gusto personali.

Se da un lato differenziare può apparire ingiusto (le sue richieste sono più semplici delle mie…) e potrebbe creare malumori, d’altronde incasellare ciascuno in un dato valore è estremamente riduttivo e davvero poco stimolante; basta infatti chiarire quale sia lo scopo della personalizzazione, ovvero rispettare ciascuno per quel che è; per ottenere questo occorre però instaurare un rapporto di fiducia in cui si discute, si pongono questioni e si tenta di risolvere problemi o difficoltà. Quando ad esempio mi trovo ad ipotizzare la traccia dei temi tengo conto di tutte le sensibilità e preferenze, cioè immagino cosa può essere gradito all’uno e all’altro e constato che ho operato correttamente quando ciascuna delle tracce viene svolta da un certo numero di studenti e non c’è una preferenza univoca.

Non si può quotidianamente personalizzare le attività, ma anche nel lavoro da svolgere a casa è bene proporre compiti in cui possa emergere lo spunto individuale e creativo (chiedere di realizzare schemi o presentazioni dell’argomento svolto, proporre domande per lo studio, cercare immagini o approfondimenti); rendere gli studenti protagonisti dello studio del resto è quanto proposto dalle strategie didattiche prevalenti da almeno un decennio; mi riferisco, tanto per citarne una, alla flipped classroom.
Talvolta gli studenti più deboli rispondono alle sollecitazioni estemporanee con maggior successo rispetto a quelli bravi, che pensano di avere qualcosa da difendere e così non rischiano tanto facilmente del loro.

Il successo formativo comincia nei piccoli risultati positivi sperimentabili e non sempre avviene nelle prove strutturate e standardizzate, che sicuramente servono per valutare la curva degli apprendimenti della popolazione studentesca; ma sono convinta che anche questi test vadano personalizzati o almeno modulati per livelli, in modo da restituire una fotografia maggiormente aderente alle caratteristiche peculiari di ciascuno.

È sorprendente scoprire quali risvolti possono avere certi contenuti di storia o letteratura se proposti in modo creativo e condiviso piuttosto che sempre nello stesso modo, sì ben collaudato, ma rischiando che diventi usurante e noioso. Intendo dire che il guadagno c’è per gli studenti ma anche per i professori che essendo appassionati motivano talvolta anche i più svogliati.

Poter fare esperienza che lo studio non è solo un dovere ma può diventare lo strumento con cui mi conosco e capisco più elementi di me è un’avventura affascinante ancor prima che garantire risultati migliori.

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