Eccomi qua. Per la diciottesima volta comincio un anno scolastico come insegnante di filosofia e storia. C’è sempre qualcuno che si trova in fondo alle graduatorie di istituto e spesso, non si sa bene perché, quel qualcuno sono io.

Così, per la settima volta, ho “vinto” una cattedra spezzata tra due diverse scuole. A dire il vero in un’occasione l’Ufficio scolastico provinciale senza ragionevole motivazione mi regalò addirittura un anno fra tre licei (quando si parla di “cieca burocrazia”…), ma su questo magari tornerò un’altra volta.



Quel che è certo è che credo di avere maturato un’invidiabile esperienza riguardo agli istituti dell’Italia centrale. Dodici scuole in diciassette anni. Paritarie e statali. Di capoluogo regionale e di provincia. Licei classici e istituti d’arte con sezioni sperimentali. Ma probabilmente «all those moments will be lost in time, like tears in rain»… A chi interessa una simile competenza sul campo?



Bando alle chiacchiere: dopo troppi mesi di didattica a distanza, si riparte.

I ragazzi, in realtà, non sembrano troppo devastati dalla scuola ai tempi della pandemia. In particolare le mie nuove Terze, che sono sopravvissute a un biennio trascorso in buona misura fra schermi e mascherine, appaiono perlopiù curiose e vivaci come gli anni passati. Certo: bisognerà vedere cosa succederà dopo le prime verifiche. Ma per il momento la filosofia e tutto sommato anche la storia medievale riescono a suscitare domande e osservazioni degne di nota.

Forse sono più storditi i colleghi, che già in passato (un po’ dovunque, con le consuete piacevoli eccezioni) mi avevano colpito soprattutto per la capacità di assorbire i colpi del Destino/Ministero senza fiatare. “C’è da improvvisare il Clil”. “C’è da riempire una ventina di pagine di moduli per l’Alternanza scuola-lavoro”. “C’è da metter su l’educazione civica”. “C’è da scaricare un camion pieno di yogurt al mirtillo” (scherzo, ma non troppo). E noi docenti via, pedalare, senza porsi troppe domande.



Be’, forse l’unico sussulto “contestatore” c’era stato in occasione delle prove Invalsi. Ma ormai anche quella simil-protesta pare un lontano ricordo.

Sì, mentre i dirigenti scolastici si mostrano abbastanza pimpanti, nonostante le incombenze che gravano su di loro (in qualche caso ci vorrebbe un controllo antidoping), i colleghi appaiono piuttosto spenti. Mi metto anch’io nella categoria, senza alcun dubbio.

D’altra parte, come dicevo, ho due scuole. Questo naturalmente (per la legge di Murphy) significa due diversi tipi di registro elettronico. Due modi di comunicare con gli istituti del tutto differenti. Dieci password: registro elettronico, piattaforma di didattica digitale, accesso alla rete Wi-Fi col proprio dispositivo, computer nelle aule, area riservata del sito dell’istituto (da moltiplicare per due). Ovviamente (sempre per Murphy) non tutte funzionano al primo tentativo. Un numero di circolari esorbitante: il tempo necessario anche solo per cestinarle (dopo averle lette, eh!) notevolissimo.

Considerato tutto questo, ti vuoi mettere a discutere di manuali interessanti o di contenuti da proporre durante l’anno? Al massimo, qualche santa donna (o sant’uomo) si farà carico di seguire i progetti che ogni anno i dirigenti scolastici pro(im)pongono al collegio docenti.

Ecco: dal mio punto di vista, queste persone (il cui numero diminuisce anno dopo anno) sono al tempo stesso encomiabili e misteriose. Come cantava un mio “immortale” concittadino (di cui non ricorre il settimo centenario dalla morte): «Perché lo fai, disperata ragazza mia?». Perché segui quel Pon? Perché aggiorni quel Ptof? Perché ti curi di quei Pcto? Speri nell’eterna gloria? Nell’encomio del dott. Bianchi? Nel raddoppio dello stipendio?

Forse è per questo che la maggior parte di noi insegnanti tiene un basso profilo: teme di avere in affidamento un “ambito” incarico come il coordinamento della commissione didattica, dell’educazione civica o magari del galateo scolastico.

E allora si cerca di sgattaiolare per i corridoi (o fra le riunioni a distanza) senza farsi troppo notare.

Ogni tanto ti giunge qualche bella notizia. Per esempio, un ex alunno, ormai laureando, ti invia con gratitudine un articolo di giornale che gli ha ricordato una vecchia lezione di filosofia. Oppure un collega, fresco di pensione, ti chiede di leggere in anteprima un suo saggio sul pensiero del Seicento. Ma è difficile svincolarsi. Leggi di “contingenza” e ti viene in mente il Protocollo anti-Covid; di “necessità” e ti ricordi che devi fissare la prova di evacuazione; di “libertà” e immagini un’ora di lezione senza ostacoli o interruzioni.

Però ci provi: tenti di sbarazzarti delle password e delle scartoffie e organizzi un percorso sulla storia della tua città oppure sul rapporto tra scienza e filosofia nell’Ottocento, magari inviando anche una timida email alla collega di fisica.

Il giorno dopo vai a scuola baldanzoso, entri in classe, poggi gli occhiali appannati a causa della mascherina e tenti di inquadrare le sagome davanti a te.

«Allora ragazzi, oggi affrontiamo…».

«Prof, se l’è scordato? Abbiamo l’incontro di orientamento in uscita via internet. Deve collegarsi alla piattaforma con la sua password e assistere».

E mentre cerchi di ricordarti la maledetta combinazione alfanumerica, provi a far mente locale. Chi ti aveva detto di questo impegno? Quando?

Appena possibile, vai a controllare. Era la circolare n. 49 del 20 settembre scorso. È passato soltanto un mese… Come scordarla, tra le decine che hai ricevuto nel frattempo?

Ma la lezione su filosofia e scienza? «Martedì abbiamo il Progetto Salute. Venerdì ci sono le elezioni dei rappresentanti degli studenti. Poi ci sarà da fare qualche verifica. Ok, ne riparliamo tra una ventina di giorni».

Per adesso il problema è ricordarsi la password… Ah, sì, eccola: CustodeaMontecristo2022!

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