Tra settembre e ottobre del 2017 fui chiamato a far parte della commissione che avrebbe predisposto il bando concorsuale degli insegnanti di religione cattolica.
Per la commissione era il quarto incontro, per me solo il primo, questo per dire che la “preparazione” era già inoltrata.
Il tema dell’incontro era prova di inglese sì, prova di inglese no; naturalmente io mi sforzai di far capire che la prova di inglese poteva essere sensata per i maestri di classe, ma non per i docenti di religione cattolica, perché quest’ultimi a differenza dei maestri non potevano insegnare anche inglese nella classe e/o nella scuola. Per non parlare della prova di informatica, requisito non indispensabile per insegnare religione cattolica.
Comunque dopo questi preliminari si arrivò alla bozza del bando presentata dal ministero.
Appena ebbi modo di visionarla la contestai, perché la bozza prevedeva oltre alla prova scritta e orale anche una prova sui contenuti specifici dell’insegnamento di religione cattolica.
E ricordo di aver citato alla commissione la circolare ministeriale 127/1975 che conferma ancora che “l’approvazione o l’attestato di idoneità rilasciato dall’ordinario diocesano ha il valore giuridico di abilitazione all’insegnamento, come a suo tempo chiarito dal Consiglio di Stato”.
Questo significa che gli insegnanti di religione avrebbero dovuto fare un concorso solo per l’immissione in ruolo e non per conseguire l’abilitazione all’insegnamento. Cioè esattamente come avvenuto per il primo ed unico concorso.
È inutile dire che tutti, dico tutti i membri della commissione mi contestarono, anzi alcuni sindacati incominciavano a proporre corsi di aggiornamento a pagamento per la preparazione al concorso. Tutti ricorderanno che tantissimi uffici scuola diocesani furono letteralmente invasi da proposte di aggiornamento a pagamento.
Ebbene a dicembre 2017 non firmai e tutto saltò.
I “pensatori”, quelle persone che volevano a tutti costi un concorso per “cacciare” gli insegnanti di religione più anziani dalla scuola, non si arresero, anzi fecero presentare e approvare l’emendamento 1-bis.202 che ha elevato al 50% la quota dei posti riservati nel concorso ordinario per gli insegnanti di religione. Eccolo:
“Art. 1-bis (Disposizioni urgenti in materia di reclutamento del personale docente di religione cattolica)
1. Il Ministro dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca, previa specifica intesa con il Presidente della Conferenza episcopale italiana, è autorizzato a bandire entro il 2020 un concorso per la copertura dei posti per l’insegnamento della religione cattolica che si prevede saranno vacanti e disponibili negli anni scolastici dal 2020/2021 al 2022/2023.
2. Una quota, non superiore al 50 per cento, dei posti della procedura di cui al comma 1 sarà riservata al personale docente di religione cattolica in possesso dell’idoneità diocesana che ha svolto almeno tre annualità di servizio, anche non consecutive, nelle scuole del sistema nazionale di istruzione.
3. Nelle more dell’espletamento della procedura concorsuale di cui al presente articolo, continuano a essere effettuate le immissioni in ruolo dallo scorrimento delle graduatorie di merito di cui all’articolo 9, comma 1 del D.D.G. del 2 febbraio 2004, pubblicato sulla G.U. n.10 – 4° serie speciale – del 6 febbraio 2004, con cui è stato indetto un concorso riservato per esami e titoli, a posti di insegnante di religione cattolica compresi nell’ambito territoriale di ciascuna diocesi, nella scuola dell’infanzia, primaria, media e secondaria di secondo grado.”
Tutti erano d’accordo con questo emendamento che fu naturalmente approvato con la legge di Bilancio.
Io, e solo io, mi schierai contro la legge, perché avevo capito che l’obiettivo non era immettere in ruolo, ma cacciare gli insegnanti di religione dalla scuola, creando un vulnus molto serio all’insegnamento della religione cattolica.
Nel frattempo i pensatori riescono ad ottenere un Dpcm che autorizza il concorso.
Il 18 agosto 2021 la presidenza della Cei invia una lettera ai vescovi italiani, valorizzando il lavoro degli insegnanti di religione e soprattutto dando merito a questi del fatto che l’alto numero degli avvalentesi era anche dovuto alla loro professionalità.
A quel punto i pensatori non si danno per vinti e propongono due concorsi, ma sempre con la medesima idea di fondo: non riconoscono l’idoneità come abilitazione e si aggiunge addirittura l’esclusione di quei docenti assunti dalla scuola paritaria.
Ecco perché continuiamo a chiedere a chi di dovere di non fare uscire il bando, ma di lavorare per un concorso da abilitati.
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